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1938

Il 5 settembre 1938 venne emanato il decreto legge in base al quale veniva ordinata l’immediata espulsione degli studenti e degli insegnanti ebrei dalle scuole del regno. Questo anniversario è passato sotto silenzio. Eppure si trattò del primo e necessario passo verso la caduta nell’abisso.

Non è del tutto chiaro cosa spinse il fascismo a una tale azione. L’antisemitismo in Italia certamente esisteva da tempo, sia quello di origine cattolica, sia quello legato al razzismo tardo ottocentesco. Ciò non aveva però ostacolato l’integrazione degli ebrei nell’epoca liberale.

Per fare un solo esempio, il mio paese, la cattolicissima Oderzo, che nel secondo dopo guerra avrebbe dato la maggioranza assoluta alla Democrazia Cristiana, elesse ripetutamente al parlamento l’importante politico ed economista ebreo Luigi Luzzatti.

Inoltre, la comunità ebraica italiana aveva delle caratteristiche particolari rispetto a quelle del resto d’Europa. Era, in primo luogo, poco numerosa (meno di 60000 persone), era in gran parte composta da borghesi, le correnti sioniste erano minoritarie. Il legame con la monarchia sabauda era molto forte e risalente al tempo di Carlo Alberto, il primo monarca italiano a cancellare le interdizioni israelitiche. Inoltre, sebbene alcuni importanti esponenti dell’antifascismo, soprattutto all’interno di Giustizia e libertà, fossero ebrei, è molto probabile che la maggioranza della comunità, al pari del resto della borghesia italiana, abbia visto di buon occhio, almeno fino al 1936, il regime.

Tutto, del resto, avvenne in modo precipitoso. Si cominciò dapprima, alla fine del 1936, con una violenta campagna di stampa. Vennero mobilitati non solo alcuni periodici con pretese culturali, come il Tevere e La vita Italiana, ma anche la stampa umoristica o destinata all’infanzia, la quale diffuse l’immagine caricaturale dell’ebreo avido e col naso adunco.

Nell’estate del 1938 vi fu poi una brusca accelerazione. In agosto venne fatto un censimento per appurare la consistenza numerica della comunità. Subito dopo, scese in campo la scienza, che col Manifesto della Razza, firmato da alcuni dei più importanti medici, biologi ed antropologi dell’epoca, sdoganò l’ dea che gli italiani dovessero essere protetti da ogni contaminazione.

Vi fu poi la creazione di una rivista, La Difesa della Razza, destinata a tenere alta la tensione. In settembre venne promulgato il famigerato decreto legge che impediva l’iscrizione alle scuole pubbliche degli studenti ebrei e cacciava gli insegnanti (questo provvedimento fu particolarmente nefasto nell’Università, la quale perse alcuni dei suoi più brillanti elementi). In ottobre le restrizioni vennero estese nell’ambito delle professioni e del commercio.

L’impressione che si ricava dalle testimonianze delle vittime (nel mio caso le fonti sono quasi esclusivamente letterarie), è che la comunità venne sorpresa dalla durezza e dalla vastità di questi provvedimenti. L’illusione che tutto si sarebbe accomodato durò a lungo.

Nel romanzo che forse meglio rievoca lo spirito dell’epoca, “Gli Occhiali d’oro” di Giorgio Bassani, c’è un significativo episodio in cui il padre del protagonista, alla vigilia del famigerato decreto, racconta con sollievo le confidenze di un importante esponente della comunità ferrarese, il quale, durante un viaggio a Roma, era stato personalmente rassicurato da un gerarca circa le reali intenzioni di Mussolini.

Va da sé che il colpo fu tremendo. Proprio la piena integrazione all’interno della società borghese, rendeva più amara la situazione.

Primo Levi, che poté continuare gli studi in quanto già iscritto all’Università, racconta, in una delle pagine più belle del Sistema periodico, lo sconcerto e il senso di isolamento (pur essendo in fondo circondato da persone amichevoli) nell’essere stato degradato dal rango di italiano che non va a messa a quello di straniero in patria. L’offesa, oltre che materiale, era di natura morale, in quanto colpiva cittadini considerati, fino al giorno prima, benemeriti.

Nel complesso, le leggi del 1938 misero l’Italia all’avanguardia nel creare un regime di Apartheid. Nemmeno la Germania nazista, sotto certi aspetti, era stata altrettanto coerente. Non è chiaro cosa spinse il fascismo a prendere questa strada.

Era Mussolini, senza il cui consenso nulla all’epoca poteva essere fatto, personalmente antisemita? Alcune battute ricordate da Ciano nei suoi diari farebbero pensare di sì, il fatto che egli sia stato a lungo legato a Margherita Sarfatti, una giornalista ebrea che molto contribuì ad accrescere la sua fama negli anni Venti, farebbe pensare il contrario.

Era forse intenzione del duce legare la campagna antisemita a una futura campagna antiborghese? Voleva mobilitare le correnti più estreme del fascismo in vista di una futura guerra? E’ difficile dirlo.

Fu per volontà della Germania che vennero prese queste iniziative? E’ indubbio che le leggi razziali servissero a suggellare l’alleanza con Hitler ma, d’altra parte, non risulta un diretto intervento tedesco sul governo italiano.

Quale fu l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti di questi provvedimenti? Se è vero che gli atti di scoperta violenza furono limitati, è anche vero che, nel complesso, gli italiani accettarono senza protestare quanto avveniva. Senza poi dire che molti approfittarono tranquillamente della situazione, insediandosi nei posti resisi disponibili.

Tra molte incertezze, una cosa sola si può affermare con certezza. In quella circostanza gli italiani diedero il peggio di sé. Tutti i nostri peggiori difetti nazionali (l’opportunismo, il cinismo, l’egoismo pronto a trasformarsi in cattiveria, il trasformismo, la mancanza di credibilità) trovarono la loro sintesi e la loro perfetta espressione nelle infami leggi del 1938.

La storia, come si sa, non si ripete mai identica, ma è anche vero che vi sono delle costanti e ognuno può valutare quanto di quei fatti trovi corrispondenza con quanto avviene oggi.

Per quanto mi riguarda, desidero ricordare quegli eventi con questa bellissima poesia di Montale, dedicata a un’amica ebrea in fuga.

A Liuba che parte

Non il grillo ma il gatto

del focolare

or ti consiglia, splendido

lare della dispersa tua famiglia.

La casa che tu rechi

con te ravvolta, gabbia o cappelliera?

sovrasta i ciechi tempi come il flutto

arca leggera – e basta al tuo riscatto.

Prof. Silvio Dalla Torre

Illustrazione di copertina: Pawel Jonca

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