Società

A che prezzo

Se è il piacere l’esca del peccato, ci stanno togliendo anche il gusto di peccare. E lo fanno scientemente e scientificamente. Solo trenta anni fa, togliere impunemente la libertà e annaspare mandando in rovina un Paese non lo avrebbe fatto alcun governante. Nessuno mai glielo avrebbe consentito.

Ma sono stati bravi. E furbi. Hanno allevato generazioni a colpi di app e di aggiornamenti, di nuovi modelli.

Da ragazzo ricordo che nonno, padre e figlio erano la fotografia di tre generazioni familiari. Oggi no, oggi le generazioni cambiano a ogni nuovo modello dello smartphone. Un S4 non ha nulla in comune con un S20. Neppure il linguaggio della tecnologia, figurarsi quello di una lingua ormai stuprata e presa a calcinculo da boldrinismi e imbonitori. Una lingua nobile trasformata in petalosa, mentre intanto a scuola (perchè la scuola un tempo esisteva) cancellavano dai programmi la storia e la geografia, il tema in classe e l’apprendimento analitico e critico.

Un popolo di giovani pecoroni, ignorante e senza più riferimenti a origini e tradizioni a botte di inclusioni e rivendicazioni paraidentitarie e pure paracule, incapace di distinguere fra un diritto e un sopruso, che non conosce né l’inno né i confini, non capirà mai che in poche mosse, sfruttando paura e confusione, gli stanno ogni giorno sottraendo un pezzo di libertà. E senza che nessuno abbia mai insegnato che altri per lasciarcela – quella libertà – sono morti, che speranze di risveglio abbiamo?

Il 25 aprile è un giorno di festa ideologico e prorogato a colpi di slogan. Chi capisce, si pone domande, prova ad andare al di là del pensiero di Stato, viene messo al bando, tacciato di eresia, bloccato sui social, mi aspetto le fascine pronte per il rogo sotto casa. E i ‘rivoluzionari’ di ieri, pur di non sputarsi in faccia, tacciono e legittimano col silenzio lo sfacelo prodotto dai figli e dai nipoti delle proprie ideologie fallite finite al potere chissà come.

La memoria è brevissima e il cervello educato a ripetere a pappagallo dogmi incoerenti, gli slogan e le contraddizioni vanno avanti col gregge, la verità e la scoperta delle bugie viene nascosta in ultima pagina oppure sepolta da megafoni prezzolati e utili idioti: violenti verso chi non ne condivide le idee, ma per definizione pacifisti, buonisti e inclusivi.

Quelli che odiavano le spie oggi esaltano la delazione. Oppio al popolo è diventato App al popolo. La socializzazione ha ceduto al terrore dell’assembramento, il romitaggio casalingo ha battuto gli abbracci e le comitive. I nostri figli trasformati tutti in hikikomori dipendenti da una cuffietta e un tablet e protetti dal guscio rassicurante di una stanza. Il mondo fuori è cattivo e letale, il mondo buono e felice sta in una connessione e uno schermo digitale.

E le parole? Quelle non le ascolta più nessuno. Un libro da leggere è pesante, un influencer da seguire è un guru. Dalla voglia di fantasia al potere siamo caduti nella rete del potere che ha soppresso la fantasia.

E qualcuno si ostina a chiamarla vita, dopo aver rimosso il concetto di morte e di rischio dall’esistenza. Insegnando (o obbligando) a non vivere per paura di morire, a dispetto di chi ha messo in gioco la vita per secoli pur di guadagnarsi e difendere il diritto di vivere. Sacrifici inutili per consegnare il futuro a ignoranza, ignavia, imbecillità.

Lucio Rizzica

Illustrazione di copertina: Marija Protasova

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