A proposito di informazione
Come sempre la lettura di Leonardo Sciascia è salutare e psicologicamente ricreativa, soprattutto in tempi come questi. E pensare che quando Sciascia scriveva la riflessione che segue, negli anni ’70, non esisteva ancora il vasto mondo dei social media, enorme moltiplicatore dei difetti della carta stampata in particolare e dell’informazione in generale.
“La lettura dei giornali mi dà neri pensieri” scriveva Sciascia, osservando acutamente come solo un occhio “esperiente” può intravedere qualcosa della realtà retrostante il velario dell’informazione; o forse dovremmo dire oggi: il sudario di un’informazione che sembra ormai agonizzante, al cui interno le mille voci babeliche che dicono tutto e il contrario di tutto finiscono col cancellarsi reciprocamente producendo un inquietante silenzio culturale.
La chiusa di questo passaggio di Sciascia è poi come sempre chirurgica: uno dei mali dell’informazione moderna è “una indefinita paura”, una paura che porta tutte le principali testate – anche televisive – a dare le stesse identiche notizie, come marciando schierati a testuggine contro un invisibile nemico. Cosa temono i giornali? Di svelare per inconsci lapsus gli interessi cui volenti o nolenti devono rispondere? Di turbare i lettori che si presume non gradiscano punti di vista inediti sulla realtà? Quello che è certo è che un’informazione impaurita non può assolvere il proprio compito, che dovrebbe essere almeno un minimo culturale, intendendo per “cultura”, eliotianamente, il coraggio di disturbare l’universo.
“La lettura dei giornali mi dà neri pensieri. Neri pensieri sui giornali appunto, sul giornalismo. I giornali mi si parano davanti come un sipario. Più esattamente come un velario, poiché qualcosa di quel che si muove dietro, degli oggetti che ci stanno, della scena che si prepara, la lasciano intravedere. Solo che ci vuole un occhio abituato, un occhio allenato. Non acuto, ché non basta. Esperiente. Di un’esperienza che non tutti hanno.C’è poi, impressionante, l’uniformità. Qualche differenza nel riferire i fatti si può cogliere. Ma raramente nel giudizio sui fatti. Parlo, naturalmente, dei giornali più diffusi. Tra i piccoli e meno diffusi, la valutazione dei fatti muta da giornale a giornale. Dovremmo abituarci a leggere i piccoli e meno diffusi e a trascurare quelli dalle alte tirature?Una indefinita paura sembra attanagliare i giornali. La paura di avere una linea, di assumere i fatti in un giudizio preciso. È come la paura di fare il giuoco di qualcuno o di qualcosa, di mettere in discussione quel che è pericoloso discutere, in pericolo quel po’ di sicurezza cui ci si vuole aggrappare. E in realtà il maggior pericolo sta appunto in questo: nell’aver paura di un pericolo.” (Leonardo Sciascia, “Nero su nero”)
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