Aziende, farmaci, ideologie
Mi piacerebbe condividere alcune considerazioni su aziende, ideologia e ordinamento giuridico, considerazioni non nuove certo, ma concepire idee nuove, non ancora pensate da altri, è prerogativa dei genio ed è cosa molto rara. Queste sono solo idee note, ma irrimediabilmente surclassate dal clamore mediatico che indirizza la riflessione verso tutt’altro cammino.
Le aziende in generale hanno una sola direttiva primaria: fare profitto. E’ un imperativo quasi religioso, qualunque altra considerazione deve essergli subordinata: se avete occasione di essere parte di una organizzazione aziendale qualsiasi, potete rendervene conto di persona dall’ossessività con cui questo concetto vi verrà ripetuto in innumerevoli forme, ma senza mai deviare dal nocciolo della questione.
Le aziende farmaceutiche hanno sostanzialmente gli stessi interessi di fondo e la stessa strategia operativa di un virus. Non hanno nessun interesse nella salute e nelle persone sane, neanche gli interessa guarire le malattie, la loro situazione ideale è che i malati siano i più numerosi possibile, che i loro prodotti siano ritenuti da questi utili e possibilmente indispensabili, ma che non siano risolutivi, in modo che siano usati per un lungo periodo di tempo e quindi riacquistabili possibilmente all’infinito. D’altra parte, come il virus, non hanno interesse neppure alla morte del paziente, perché entrambe si risolvono nella perdita dell’ospite/cliente e quindi nel loro stesso danno. Il loro ideale è il proseguimento indefinito della malattia.
In anni recenti, col crescere del prestigio della medicina e la progressiva medicalizzazione della società, sono stati fatti grandi passi in avanti nel marketing: si è capito che conviene considerare tutte le persone indistintamente, purché vive, in stato di perenne malattia. Non esistono persone sane, solo persone che non hanno coscienza della propria malattia: compito delle aziende farmaceutiche è rendere tutti consapevoli di essere malati e quindi di necessitare dell’aiuto della medicina e dei loro prodotti. Compito della classe medica, è quello di mediare tra la gente e le aziende per facilitare la presa di coscienza del proprio stato di malato e lo smercio dei rimedi.
La recente epidemia covid è un esempio lampante di questo stato di cose: si è avuta la geniale idea di affidare la dichiarazione di stato di malattia ad un test che non si sa bene cosa in realtà misuri, ma che comunque, da una certa percentuale di positivi in un certo numero di prove. Di più, si possono ottenere a piacere più o meno casi positivi semplicemente modificando i parametri. Non è necessario alcun sintomo, alcuna sofferenza, in poche parole alcuna malattia, basta un test positivo, ed il sano, come per magia, diventa malato ed entra di diritto nel circuito della malattia. Diventa paziente e quindi cliente delle aziende farmaceutiche. Comincia a dipendere da loro.
Con questa semplice, ma geniale trovata, tutta la società, a rotazione, è potenzialmente considerabile malata e quindi fonte di profitto: tutti sono clienti, a tutti, prima o poi, il test risulterà positivo. La salute è solo una condizione temporanea e comunque subordinata al possesso e all’esibizione di un documento che la certifichi. D’altra parte, se ci pensate, quando una società permette a delle aziende private di arricchirsi sulle malattie del prossimo, non vedo come tutto questo possa essere evitabile.
L’esclusiva ideologia economica di riferimento è, infatti, ormai da decenni quella neoliberista e mercantilista. Secondo questa ideologia lo scopo ultimo dell’umanità è prettamente economico: lo scambio di beni e servizi di tutti con tutti, regolato in teoria, esclusivamente dal mercato e dalle sue leggi, di solito molto elementari: ad esempio quelle della “libera concorrenza” e “della domanda e dell’offerta”, ma mascherate a scopo decorativo, per usufruire del prestigio delle scienze esatte, con equazioni matematiche. Ovviamente le equazioni matematiche hanno un senso solo se hanno un senso i dati di partenza.
La teoria prevede che lo stato abbia come unica funzione quella di garante delle regole del gioco: in altri termini, impedire con la forza alla stragrande maggioranza spossessata di tutto, di fare la pelle a quelli che sono riusciti ad accumulare ricchezza. In pratica, però, le “leggi di mercato” vengono rispettate solo marginalmente e solo nella primissima fase: non appena alcuni attori sopravanzano gli altri e cominciano ad accumulare potere, diventano i veri padroni del gioco e tutte le regole finiscono per essere distorte a loro esclusivo vantaggio. Le attuali aziende farmaceutiche principali si trovano abbondantemente in tale fase e, in alcuni stati, come l’Italia, hanno assunto il potere quasi direttamente, in complicità con altri attori riconducibili sostanzialmente a tre poli principali: le grandi aziende di tecnologia elettronica, la grande finanza internazionale e lo stato profondo statunitense intrecciati tutti in un inestricabile viluppo di controllori e controllati.
Lo stato nazionale è la forma giuridica all’interno della quale vive oggi praticamente tutta l’umanità. Attualmente, quasi tutti gli stati pretendono di essere democratici, cioè la sovranità risiederebbe in ultima analisi nella popolazione che sceglie i propri rappresentanti per autogovernarsi. In realtà le democrazie liberali rappresentative hanno funzionato più o meno bene (almeno sembrando chiaramente migliori di qualsiasi altro sistema al momento vigente), dal 1945 fino alla caduta dell’unica forma alternativa sopravvissuta alla guerra, quella comunista (per i puristi, socialismo reale), sostanzialmente incarnata dall’Unione Sovietica. Da allora le democrazie liberali sono entrate in crisi.
L’ideologia neo liberista, in mancanza di qualsiasi opposizione, è diventata così estremista da essere oramai pericolosa anche per se stessa. La lotta di classe è finita, il movimento operaio è stato distrutto e, poiché le forme giuridiche si basano sui rapporti di forza sottostanti, il grande capitale ha preso indirettamente tutto il potere attraverso suoi rappresentanti politici. I vecchi ordinamenti non sono stati affatto abbandonati, perché la forma statale è comunque necessaria per esercitare il potere su vasta scala: chi può rendere obbligatori i “vaccini” se non lo stato? Chi dispone dell’apparato repressivo necessario? Chi è in grado di imporre le leggi? Chi può mantenere l’ordine? Non certo la Pfizer. Il fatto di dover esercitare il potere attraverso la forma politica e statale, è comunque un’azione politica, che fa diventare politico anche il capitale. Se la nuova realtà ha cambiato di molto le vecchie democrazie liberali, ha cambiato anche il capitale stesso, creando un mostro ibrido politico-economico dalle braccia possenti, ma dalla testa debole. La qualità della classe politica non più eletta ma nominata dalle lobbies qualunque sia il risultato elettorale, continua inesorabilmente a calare. Il meccanismo è evidente negli USA, che sono l’entità dominante, ma anche in Italia dove pure lo stato aveva già svenduto gran parte dei suoi poteri e quel che ne rimane può essere governato da uno squallido direttore di banca senza alcuna dote politica e tanto meno umana.
Nella fase attuale la parte da protagonista la recitano le aziende farmaceutiche (soprattutto americane), che in occasione (casuale, appositamente creata?), di un’epidemia di una sindrome para influenzale più severa del solito, dopo altri tentativi falliti in passato, sono riuscite ad imporre una dittatura sanitaria incredibilmente grottesca, dove tutta la società, tutta la cultura, tutta l’immaginazione, tutta la prassi ruota attorno a pratiche medicali perlopiù insensate. Il tutto per una malattia che in questi due anni non è mai stata né la più mortale né la più diffusa, ma che è stata promossa con tale incessante vigore da tutto il sistema mediatico asservito al potere da far trascurare tutte le altre. L’intero baraccone si regge quasi esclusivamente sulla propaganda, ma lo scollamento tra la realtà e la ricostruzione mediatica è tale che non pare possibile possa reggersi ancora a lungo, nonostante la devastante stupidità del telespettatore medio. Finirà davvero? Finirà col botto?
Comedonchisciotte / Illustrazione di copertina: Leonardo Santamaria