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Breve cronistoria della faccenda (quinta parte)

Dopo circa otto mesi dal primo confinamento, nelle retrocamere pneumatiche dell’inconscio collettivo italiano s’è ormai indiscutibilmente sedimentata l’idea della sospensione non solo dei Diritti Costituzionali, ma perfino di quelli Naturali: tra ottobre e novembre diventano “obbligatorie” le mascherine anche all’aperto – perlomeno così sostiene la stampa sinottica –, si torna a chiudere tutto allo schiocco di dita di improvvisi DPCM senza che si sollevi un fiato, e viene persino introdotta una misura dal sapore decisamente totalitario e marziale, ovverosia il Coprifuoco a partire dalle 22 e fino alle 5. Italia s’è abituata ai toni tanto paternalistici quanto perentori del Premier Conte nelle sue dirette Facebook, e se da una parte fiorisce una fitta e nutrita pletora di contronarratori che alimenta anche diffuse quanto sparute proteste (pacifiche, ma talvolta esasperate) su tutto il suolo nazionale, dall’altra il cosiddetto mainstream pompa a pieno regime una indiscutibile versione ufficiale. Poco importa che si verifichino episodi che in sé smonterebbero tutta la baracca, come la folla oceanica riunita in occasione della morte del giocatore Diego Armando Maradona e stigmatizzata ovunque paventando stragi di lì a due settimane. Stragi che naturalmente non hanno mai avuto luogo.

Oltre a mascherine obbligatorie, coprifuoco e compulsivi DPCM, un nuovo baluardo entra nella narrazione di regime, supportata e mai messa in discussione nelle sue fondamenta da alcuna intellighenzia: si tratta delle “zone colorate”. Sulla base delle “curve epidemiologiche” artefatte e alterate dalla copiosa ricerca di “malati” (asintomatici al 95%) a mezzo tampone, ogni Regione d’Italia può tingersi variamente. La Zona Gialla, ove è consentito (sì, ora è normale che i diritti siano “consentiti”, il che – di converso – implica che possano anche non esserlo a piacimento) muoversi all’interno del territorio regionale, andare al bar o in pizzeria (fino alle 18, poi solo “da asporto”), comprarsi un paio di calzini, delle mutande, andare dal parrucchiere e dall’estetista. In zona gialla la bellezza è consentita; la Zona Arancione prevede l’ulteriore restrizione del confinamento entro i perimetri municipali, bar e ristoranti solo da asporto, mutande ancora acquistabili. Si è un po’ meno belli; la Zona Rossa, infine: un confinamento al rosolio tale per cui ci si può muovere solo con autocertificazione e solo entro non meglio precisati “pressi” rispetto alla propria abitazione. Qui, per decreto, niente mutande e niente bellezza.

A tutti i costi dobbiamo appiattire la curva, dobbiamo salvare il Natale. Il Premier Conte usa parole come “raccoglimento”, “sobrio”, “niente baci e abbracci”.

Chi ci salverà?

I quattro quotidiani sinottici – Repubblica, Corriere, Stampa, Fatto Quotidiano – integrano l’edificazione di una nuova mitologia salvifica intorno ai sieri già in via di definizione da parte delle grandi multinazionali del farmaco, che gareggiano tra loro innescando una sorta di toto-pharma. Il primo arrivato avrà un fortissimo vantaggio sulla concorrenza.

Il Natale si avvicina, le restrizioni diffusamente si allentano per “consentire” di acquistare i regali da mettere sotto l’albero – ma sempre nel rigoroso rispetto delle norme di prevenzione che ormai l’italiano ha pavlovianamente imparato a mettere in pratica con un comodo automatismo.

Italia scarta così i regali, con fare un po’ furtivo – c’è chi si riunisce in clandestinità per festeggiare la ricorrenza, chi invece rinunzia al cospetto della responsabilità collettiva. Ma il regalo più grande passa dal Brennero, scortato da camionette ed elicotteri, ripreso a reti unificate e asperso dei profumi delle più grandi speranze collettive: sotto una splendente cometa, il giorno 25 dicembre 2020 arriva a Roma – custodito all’interno di un delicato furgoncino dei gelati – il nuovo, grande miracolo. Il suo nome è Comirnaty – per tutti Pfizer Biontech.

FINE QUINTA PARTE

Uriel Crua

Illustrazione di copertina: Luca D’Urbino

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