Breve cronistoria della faccenda (sesta parte)
Il nuovo anno si lascia alle spalle quello funesto, marchiato a fuoco nei futuri libri di Storia, aprendosi a speranze collettive dal sapore salvifico rimasticate anche fra le torbide righe dei giornali di regime, che tuttavia non perdono tempo nel sostenere il cambio di passo gattopardesco utile a cristallizzare la nuova visione della normalità in ascolto del polso nazionale, che va controllato, accompagnato, pilotato. Dopo meno di un mese dall’avvento del primo Re Magio – che prende ad esser pian piano distribuito come un’ostia trascendente, una parusìa, ai fortunati prescelti – il Governo Conte Bis cade a causa di manovre di palazzo che non importa specificare, concentrandoci piuttosto sull’evidenza – che vedremo – di una linea di continuità ideologica, politica e pratica sulla gestione dell’emergenza sanitaria.
Il Commissario Straordinario Arcuri – scelto dal Conte Bis per fronteggiare alcune fondamentali incombenze e famoso per sospetti emolumenti nell’acquisto di tonnellate di mascherine, Primule ecclesiastiche dai colori fluo-shock distopici, banchi a rotelle e altre amenità – trasluce pian piano via dalle scene.
La narrazione – già nutrita di nuovi e reiterati lemmi funzionali al caso della caduta del Governo (“E’ tempo di “Costruttori”) – ora lusinga la linea di obsolescenza programmata presentando il teatrino politico “rinnovato”, nuovo di pacca: un competente, un costruttore, un responsabile si fa via via più necessario. E chi, fra tutti, incarna ognuna di queste peculiarità in modo tanto efficace quanto trasversale?
Certo, non è una novità. Il suo nome scivolava via dalle lingue gocciolanti prima ancora che dei politici e dei giornalai di regime, nelle previsioni della contronarrazione “complottara” a cui mai nessuno affida un grammo di credito. Eppure, tant’è, il Presidente della Repubblica incarica – dopo i dovuti rituali di corteggiamento, sceneggiate narrate, adusi e logori tira e molla – il Costruttore dei Costruttori: Mario Draghi.
I Pennalai Sinottici di Corte – i soliti La Stampa, Repubblica, il Corriere della Sera e, marginalmente, il Fatto Quotidiano – intingono il pennino in un magma di glassa e ridipingono, rinnovano, rinfrescano l’immagine dell’uomo che dal 1992 in poi ha collaborato al più grande smantellamento di una nazione (era Presidente del Comitato privatizzazioni post panfilo Britannia, tanto per dirne una), ex Goldman Sachs, ex BCE ma anche nel gruppo dei 30 e tanto, tanto altro. Con un colpo di penna – che arriva ai vertici del grottesco con titoli su lui che vuole bene al suo cane, dunque non può che essere una “brava persona” – il freddo e atarassico burocrate della finanza internazionale si trasforma magicamente nel nuovo, responsabile Padre d’Italia.
Il fasto con cui viene celebrato il Nuovo è secondo solo alle speranze di un reale cambiamento nutrite – ad arte – da tutta la popolazione. L’esacerbazione delle masse che, ancorché dormienti, mostran qualche guizzo di coscienza, qualche innervatura di consapevolezza residua nei recessi animaleschi delle loro minuta memoria collettiva, viene subito sopita con la presentazione della nuova, scintillante e responsabile squadra di Governo. Nella prima metà di Febbraio 2021 viene svelata la Justice League che traghetterà Italia tutta fuori dall’Emergenza.
Naturalmente sarà un Governo di “larghe intese”; un Governo “di tutti”, con rappresentanti di tutte le classi politiche pescate a centottanta gradi dall’emiciclo. Restano tuttavia alcune figure miliari, come il Ministro della Salute Roberto Speranza e saponetta Di Maio.
Spicca ad ogni modo – tra gli accessori di ultima generazione – l’uomo delle Telco globali: Vittorio Colao (Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale). Nella ricetta anche DAD Man all’Istruzione, ovverosia Patrizio Bianchi, subito a sperticarsi per introdurre in pianta stabile la didattica a distanza integrata e le somministrazioni ieratiche dei Re Magi direttamente a scuola.
Una nuova figura pittoresca si staglia poi imperiosa nella skyline della gestione emergenziale col suo fiero pennacchio, mezzo chilogrammo di medaglie al valore, una inappuntabile mimetica inamidata e lo sguardo fiero di chi, pragmatico in ogni cellula, non ha tempo da perdere con Primule e fiorellini: il Generale Figliuolo.
Sarà lui a gestire la nuova comunione, distribuire i Magi Astrazeneca, Pfizer e Moderna a tutta la popolazione. Al suon di tromba radunerà le braccia tese di una popolazione implorante sotto un’unica, grande, patria siringa.
Partono le vaccinazioni di massa. E partono col turbo.
FINE PARTE SESTA
Illustrazione di copertina: Riccardo Guasco