
Cali il sipario sulla scuola pubblica
Chi si illudeva di poter prendere fiato e respirare durante l’estate dopo un anno scolastico di follie, menzogne e manipolazioni pagate dai nostri figli, si è illuso. Chi ha creduto a inizio giugno che questa follia sanitaria fosse giunta al capolinea, farebbe meglio a mettersi in fila all’hub vaccinale: è evidente che non ha la tempra per reggere la prova che ci aspetta.
Sta finendo luglio: il Green Pass è la nuova declinazione della libertà, il non vaccinato è il nuovo non ariano da accusare di ogni male. Con la stessa valenza scientifica che aveva la difesa della razza nel 1938. Abbiamo chiuso la scuola con la certezza, perfino certificata Invalsi, che la DAD ha fatto solo danno. Ci apprestiamo a riaprirla sotto la minaccia: vaccino o DAD.
Da panacea di ogni male, opportunità di cambiamento, nuovo modello della scuola del futuro, la DAD, con doppio avvitamento in volo, diventa la punizione per i cattivi che non si allineano. Eppure non ci poniamo domande.
Tagliamo il collo subito alle polemiche da struzzo: la scuola era moribonda da molto prima, la DAD è stata solo la certificazione definitiva di morte cerebrale.
L’istituzione scolastica è stata smantellata nei decenni. La scuola azienda che “prepara” al lavoro ma non forma uomini, la didattica delle competenze che diventa passaporto di mediocrità come valore, il livellamento verso il basso dell’insegnamento in nome di un “inclusivismo” di cui non beneficia nessuno ma si riduce a forma. Il dogma della scuola che deve inseguire la società moderna e non formare uomini che possano agire in essa senza subirla, ha azzerato la vera pedagogia e cultura tradizionale. Dalle tre i di berlusconiana memoria alla buona scuola renziana, all’alternanza scuola-lavoro, abbiamo sdoganato un percorso (de)formativo che sforna automi che non hanno nemmeno le categorie di pensiero per mettere in discussione le fondamenta della società moderna, figuriamoci il coraggio.
Abbiamo serenamente buttato nel cestino il valore delle conoscenze come palestra con cui il discente si deve misurare per trovare se stesso. Nella pattumiera sono finite verità come il valore della conoscenza letteraria per poter interpretare il mondo e l’animo umano, il valore della conoscenza della Storia per poter capire il presente e agire per cambiarlo, il valore del confronto con il pensiero filosofico per allenare il proprio pensiero critico e superare il velo delle apparenze. Oscilliamo da un profluvio di competenze da acquisire mediante un’infinità di laboratori e ore sprecate, al mito dell’apprendimento naturale che condanna all’esilio la figura del maestro come colui che ha percorso la strada prima di te e ti offre la sua sapienza costruita sull’esperienza. Se è vero che educare significa tirar fuori i talenti, è altrettanto vero che i talenti sono come diamanti grezzi che necessitano di dedizione, esperienza, saggezza, guida perché possano prendere la loro forma più splendente.
In questo impoverimento umano e culturale si è installata la DAD che ha distrutto psicologicamente i ragazzi, ha peggiorato i livelli di apprendimento, ha creato disparità sociali mandando in soffitta il principio della scuola pubblica come diritto per tutti allo studio, indipendentemente dalle condizioni di partenza. La scuola da remoto ha certificato l’insegnamento come mera trasmissione di nozioni cancellando l’elemento relazionale. Ha misurato l’allievo bravo in base alla presenza in video, compiti consegnati, voti raggiunti. Quanti insegnanti hanno compreso che gli studenti migliori sono quelli che hanno sofferto di più? Quelli che sarebbero bravi comunque hanno maggiore capacità di lettura della realtà, si annoiano per una offerta formativa livellata verso il basso, hanno maggiore sensibilità e leggono con dolore misto a rabbia l’incapacità degli adulti ad aver cura di loro.
Questo disastro epocale viene oggi usato come arma di ricatto contro chi legittimamente non vuole sottoporsi ad un trattamento sperimentale per una malattia che ha bassa mortalità e di cui esistono le cure. In barba al Codice di Norimberga che vieta di somministrare farmaci senza il consenso del soggetto interessato. Tenuto conto che il consenso deve essere libero e informato, non estorto sotto ricatto. Questo è il Ministero dell’Istruzione, deputato alla formazione delle future generazioni.
Nel frattempo nulla è stato fatto per aumentare gli spazi scolastici, il numero degli insegnanti, risolvere il problema delle classi sovraffollate. Tutti interventi necessari da anni, che vanno ben oltre l’emergenza covid e la cui soluzione sarebbe il vero interesse degli studenti e della società civile. Ma noi abbiamo lo stato mafioso che chiede il pizzo per mantenere il potere.
L’ultima volta che si è vista nel nostro paese la segregazione a scuola per legge, è stato nel 1938 con le leggi razziali, quando fu imposto agli insegnanti e agli studenti ebrei di lasciare la scuola pubblica e frequentare solo scuole ebraiche. Oggi abbiamo la DAD che mette il marchio ai cattivi minorenni che non sono stati “benedetti con il sacro siero” dai loro pessimi genitori. 20 anni di Giorno della memoria e di infinite ore perse a scuola per laboratori a tema hanno portato oggi a negare le equivalenze con allora. Possiamo certificare il fallimento educativo di almeno due generazioni.
Vera Sharav, sopravvissuta alla persecuzione nazista ci ricorda che «Ciò che distingue l’Olocausto da tutti gli altri genocidi di massa è il ruolo centrale che ha avuto l’establishment medico, l’intero establishment medico! Ogni passo del processo omicida è stato approvato dall’establishment medico accademico e professionale. I professionisti della medicina e le rispettabili società e istituzioni mediche danno un’apparenza di legittimità all’assassinio di massa dei civili.»
Con il decreto del 23 luglio che impone il Green Pass nella società “civile”, in nome della sicurezza sanitaria, è stata definitivamente oltrepassata una linea di non ritorno. Ora non ci sono più scuse. Gli uomini si dividono in chi ha compreso la tragicità della situazione, che non è più sanitaria, e in chi collabora con quello che scivola ormai verso un regime.
La domanda che ognuno deve porsi è fin dove è disposto a reggere, quale è il suo limite oltre il quale cede. L’opposizione al Green Pass è un imperativo a cui gli uomini non possono sfuggire, pena la fine della civiltà.
E la scuola? Se verrà fatta segregazione “razziale” sarà fondamentale il ritiro in massa dei nostri figli dalla istituzione pubblica, per il loro bene e per un Bene più grande. La direzione dovrebbe essere quella della costruzione di scuole alternative, ma per quello occorre tempo e condivisione dell’idea antropologica e pedagogica alla base di un progetto educativo, è un cammino che iniziamo oggi per il futuro. La scuola è il primo passo per costruire una nuova visione della società: comunità, lavoro, cultura, arte. Nell’immediato possiamo creare gruppi di istruzione privata, accogliere gli insegnanti che non cedono ai ricatti, partendo dal minimo comune denominatore che ci unisce al di là delle ideologie di riferimento: quella pubblica non è più scuola, il mondo di prima è andato in frantumi, dobbiamo farci i conti, restare uomini e formare uomini.
Naturalmente sarà imperativo resistere in ogni modo perché lo scempio della segregazione, dell’incitamento all’odio per legge non venga compiuto.
È la linea di non ritorno se si vogliono conservare gli ultimi residui di civiltà.
Idee&Azione
Illustrazione di copertina: Leonard Beard

