Censura privatizzata
Vista dalla dimensione parallela nella quale mi trovo, la situazione europea appare di giorno in giorno sempre più surreale.
Facebook mi ha bloccato per una settimana per aver avvalorato con la mia testimonianza quello che si può leggere su qualsiasi agenzia di stampa, ovvero che la Russia ha praticamente rimosso tutte le restrizioni riportando la vita dei cittadini sui binari della “vecchia normalità”.
Durante questo periodo non sono entrato quasi mai in FB, ma quelle rare volte che ho fatto scorrere il dito sul display sono state più che sufficienti per constatare la distanza siderale tra la realtà nella quale mi trovo attualmente e quella italiana.
Non starò qui ad elencare tutte le assurdità che ho letto in questi giorni e che non ho avuto modo di stigmatizzare, dirò soltanto che continuare a dare credito a questa narrazione grottesca della realtà ci condurrà inevitabilmente al disastro socio-economico.
Attraverso le piattaforme social i governi hanno di fatto privatizzato la censura.
I seguenti passaggi tratti dall’ennesimo illuminante articolo del Pedante, aiutano ad inquadrare l’entità del problema:
[…] è sconsolante che una parte della popolazione accetti questa assenza di garanzie nell’incredibile convinzione che lo status privatistico degli operatori conferisca loro la stessa discrezionalità del pizzicagnolo o della massaia. Perché allora non lasciare che le compagnie elettriche stacchino la corrente di chi spreca energia? O che quelle telefoniche tolgano la connessione a chi diffonde messaggi contrari ai valori aziendali? O che quelle autostradali non alzino la sbarra a chi ne critica la gestione? Le organizzazioni statali nascono precisamente per mettere in equilibrio i vantaggi di ciascuno per il massimo vantaggio di tutti. Chi non riconosce questa funzione può accomodarsi nella giungla e sperare che l’orso, avendo oggi divorato il lupo, risparmierà domani i polli che lo acclamano.
[…] ciò che è autorizzato solo nello spazio informatico esiste solo in virtù del suo essere ammesso in quello spazio. In queste condizioni, chi gestisce il palcoscenico virtuale è investito di un potere poietico che nel concedere la riproduzione ammessa delle cose non discrimina tra il vero e il falso, ma tra ciò che è e ciò che non è. Non distribuisce patenti di verità, ma certificati di esistenza. La rappresentazione del mondo diventa mondo e chi vi partecipa lo spendibile ologramma di un quarto potere che sovrasta gli altri riplasmando la cognizione con una facilità e un’efficienza che nessun governo potrebbe eguagliare.
[…] La concentrazione dei mercati telematici ha trasformato una manciata di prodotti in agorà, in luoghi pubblicamente e anche legalmente riconosciuti dove si assembrano miliardi di persone. Coi musi perennemente incollati alle schermate delle solite app, queste moltitudini replicano nella rete le dinamiche già proprie del medium televisivo: pervasività, dominio dei grandi network, omologazione dei palinsesti e dei messaggi «buoni».
[…] Dal luogo anarchico delle origini al sogno libero della sua adolescenza, il web maturo si è allineato alla fruizione televisiva e di quest’ultima ha reclamato il ruolo anche politico, attirando a sé le attenzioni, le preoccupazioni e le brame di chi vuole incidere nell’opinione delle masse organizzandone le emozioni e i discorsi. Ma non si ferma qui. Come quella immaginata da Orwell, la televisione-rete risolve l’asimmetria soggetto-oggetto del suo antenato coinvolgendo gli spettatori e assorbendone l’identità per restituire contenuti e servizi personalizzati. E come quella, non si può spegnere. Ma può spegnere chi non recita secondo i suoi copioni.
La battaglia contro questi strumenti di controllo, manipolazione e profilazione di massa non è più rinviabile.
Utilizzate i social solo se avete l’esatta consapevolezza di cosa siano e solo per combattere, altrimenti restatene alla larga.
Algoritmi, influencer, censure, infiltrati, delatori, provocatori, bot e fake news create ad arte, sono solo alcuni degli strumenti messi in campo per disinnescare preventivamente un utilizzo “improprio” della loro arma più potente.
Ma proprio la mole di contromisure predisposte per prevenire una ritorsione, rivela che questo strumento comporta dei rischi per i suoi creatori e se ci sono delle minacce, significa che per noi ci sono delle opportunità.
Tenete lontano i vostri figli da questa spazzatura. Teneteli lontani dagli smartphone, dai videogiochi, dai PC e dai tablet. È urgente che tornino a giocare in strada, che escano di casa, che facciano attività manuali e creative. La tecnologia digitale è alienazione, isolamento, manipolazione, condizionamento, propaganda.
L’unico motivo per il quale stanno spingendo come forsennati verso la digitalizzazione è per chiudere definitivamente la partita contro di noi e condannarci ad una nuova forma di schiavitù.
Siatene consapevoli.
Illustrazione di copertina: Karolis Strautniekas