Che ne pensano gli Europei?
Mentre i tre moschettieri europei arrivano a Kiev per tentare di trovare una quadra alla situazione che s’è venuta a creare con l’invasione russa dell’Ucraina, le istituzioni europee finalmente hanno sentito il bisogno di radiografare lo stato delle opinioni pubbliche.
Il sondaggio, come tutti i sondaggi, non è esente da obiezioni metodologiche. Si parte dalle dimensioni del campione, alla scelta delle domande, al fatto che le rilevazioni sono state fatte tra fine aprile ed inizi maggio. Soprattutto, lascia perplessi la scelta dei Paesi indagati. Non si capisce cosa ci stia a fare la Gran Bretagna, ad esempio, visto poi che prevedibilmente i britannici sono abbastanza guerrafondai ma anche in situazioni strutturali parzialmente diverse da quelle degli altri Paesi europei. Altresì, se pure era ovviamente interessante sapere cosa ne pensano gli svedesi ed i finlandesi, non si vede perché non altrettanto si pensa dei greci o dei bulgari (complessivamente, più o meno la stessa popolazione). Alla fine, la popolazione dei Paesi indagati è il 75% del totale UE, più la Gran Bretagna che corrompe l’omogeneità statistica dei dati finali. L’espressione totale delle opinioni va quindi presa con molta cautela poiché sbilanciata dalla scelta dei Paesi nel campione. Tuttavia, le risposte alle singole domande valgono per l’analisi paese per paese.
La ricerca fotografa a più di un mese fa, una quadripartizione di opinione. Un terzo circa era più volto alla pace, un quarto/quinto circa era più volto alla giustizia, un quinto un po’ dell’uno ed un po’ dell’altro ed infine, un ultimo quinto non categorizzabile.
Italia leader del pacifismo, seguita da Germania e Romania, ma in tutti i Paesi il campo della pace è maggioritario tranne che in Polonia. Praticamente unanime il giudizio sul fatto che l’UE, dopo la guerra starà peggio. Tra il generalizzato ed il contrastato il giudizio sul fatto che la rottura dei rapporti con la Russia sarà/dovrà esser irreversibile. Generalizzata l’idea (a parte gli scandinavi) che i governi diano troppa attenzione alla questione a scapito dei problemi interni. Chiaro a tutti che dall’affare ci rimetteranno russi, ucraini ed europei a vantaggio di americani e cinesi. Non tutti convinti si dovrà spender di più in armamenti. Più o meno per tutti, chiaro che la prima “colpa” del pasticcio è russa. Ma siamo sicuri che la “colpa” sia solo dei russi o anche dei russi più ucraini o anche russi, ucraini ed americani? Noi cosa facevamo nel mentre si dipanava l’ordito dei fenomeni giunti poi al conflitto agito?
Il commento di accompagno alla ricerca, segnala correttamente che le posizioni pacifiste cresceranno nel tempo, anche per via delle incrementali percezioni dei costi economici.
Dal mio punto di vista vorrei aggiungere: 1) meglio tardi che mai, se avessimo una ricerca precedente potremo individuare un trend che, comunque, il buon senso può ipotizzare; 2) non credo che le scelte bizzarre sul campione di Paesi siano state fatte per sbaglio, così per la scelta di divulgarne i risultati proprio in occasione del viaggio a Kiev dei tre moschettieri; 3) all’ingrosso penso che i tre moschettieri sappiano che la realtà sottostante la fotografia è probabilmente ancora meno bilanciata dei risultati espressi ed andrà peggiorando in senso critico.
Ma il commento più convinto che mi sento di fare è un altro. È mia opinione che questo conflitto non doveva accadere, doveva esser evitato anche perché oggi è un pasticcio aggrovigliato da cui sarà molto, ma molto difficile uscire. A cominciare dal fatto che “pace” è una legittima, comprensibile ed assai condivisibile opzione che però non credo sia alla portata dei fatti. Si dirà “be’ ovvio che stavamo meglio senza, ma adesso che facciamo?”.
Capisco, ma il post di ieri su Cappuccetto Rosso vale per estensione anche su questa dimensione più ampia nello spazio (europeo) e nel tempo. Dire che non doveva accadere e che era nostro interesse in quanto europei ed in quanto singoli Paesi dello spazio europeo, è rimarcare l’assoluta mancanza di presenza nella realtà, nostra come opinioni pubbliche e quindi come nostri governi ed élite. Semplicemente, ci siamo cacciati in un pasticcio aggrovigliato che porterà solo negativo non per scelta, ma proprio perché non abbiamo avuto presenza e contatto con la realtà di ciò che stava, da tempo, accadendo, ai limiti prossimi del nostro spazio di convivenza. In breve, si tratta di un clamoroso fallimento adattivo.
Si dice che peggio di un fallimento c’è il non far tesoro delle ragioni che ci hanno portato al fallimento. Penso che questo sia precisamente il caso. Compendo che al solito si è più popolari nel dire che le nostre élite hanno fallito, ma non comprendere che il fallimento è stato sistemico e che quindi ci include, è ribadire che noi siamo dei minorati che hanno bisogno di tutori e magra è la consolazione di dar loro la colpa del pasticcio di cui poi saremo comunque noi a pagare il prezzo.
Il commento è a guisa di appello, riflettiamo su quanta ignoranza c’è del mondo, delle questioni internazionali, della complessità che poi leggiamo in geopolitica, della storia, dell’enorme numero di variabili che compongono la rete che forma i nostri sistemi di vita associata e le interrelazioni tra questi sistemi.
Si dirà “ok, va bene, ma sul piano pratico?”. Il piano pratico dovrebbe venire a valle del piano teorico ed il nostro è proprio un fallimento della nostra teoria del mondo. Non è il primo ma purtroppo non sarà l’ultimo fallimento se non apriamo una grande riflessione plurale su come pensiamo il mondo intorno a noi. Dopo ci rimane solo un sondaggio, ci rimane lo strepitio del darci reciprocamente del putiniano e del bideniano (due signori neanche europei, per non dire italiani), con la benzina alle stelle, l’inflazione che galoppa, il tenore di vita che scende, la paura che sale.
Nel mondo in cui siamo entrati, il mondo complesso, “dopo” è sempre troppo tardi.
Note:
https://ecfr.eu/publication/peace-versus-justice-the-coming-european-split-over-the-war-in-ukraine/
Illustrazione di copertina: Kotryna Zukauskaite