Come annientare un no-vax evitando di confrontarsi con lui
La denigrazione (anche psicologica) del no-vax come metodo di neutralizzazione del dialogo
Traggo spunto da un articolo del Fatto Quotidiano a firma di Paolo Ercolani, non tanto per replicare ad personam alla sua stigmatizzazione di Agamben, Cacciari e sodali come “irrazionali” ma per chiedermi se nell’anatema anti-no-vax non vi sia del metodo. Osservo infatti, con preoccupante frequenza, che laddove il cosiddetto “pensiero no-vax” trova una qualche rappresentanza intellettuale o scientifica, la sua critica o delegittimazione è sistematicamente anti-argomentativa. Quasi che il manipolo di intellettuali che si professano contrari al vaccino o alle politiche vaccinali o ai decreti che ne accompagnano la promozione, Green Pass in testa, andasse squalificato a priori a prescindere da qualsiasi esplicitazione razionale, stastistica o politico-morale da cui il loro pensiero prende corpo. Quasi che nel dissenso andasse ravvisata, prima ancora che una connotazione ideologica, una qualche forma di patologia psicologica: compresa quella, palesemente risibile sul piano argomentativo, del cosiddetto “narcisismo”. O compresa quella, così abilmente propagandata come irrazionalistica e mitomaniacale, del “complottismo”.
Premesso che “complottismo” e “narcisismo”, e persino “paranoia”, non sono in sé caratterizzazioni in grado di levare dignità al pensiero – sfido Ercolani a ravvisare elementi di mediocrità nel genio del paranoico Artaud o nel delirio schizofrenico dell’impuro folleSchreber – restiamo al merito dell’articolo e cerchiamo di capire se e dove la contestazione dei succitati “irrazionali” abbia qualche fondamento argomentativo.
Scrive Ercolani: “Un italiano su tre si dice convinto che il vaccino è “sperimentale”, conferendo una connotazione negativa a questo aggettivo che, fin dai tempi dell’umanesimo (nato in Italia…), distingueva il pensiero scientifico da quello magico (la scienza ha bisogno di sperimentare e sbagliare, per fare passi in avanti)”. Sembrerebbe un’osservazione neutrale, persino puramente statistica, ma è in realtà un grimaldello per azzerare alla radice il problema reale, cioè la domanda se questa “sperimentazione” sia o non sia assimilabile alle altre che hanno connotato il percorso scientifico precedente e, soprattutto, se sia o non sia esposta a una fittissima letteratura scientifica, di livello internazionale, che ne contesta la reale efficacia nel medio e lungo termine. Di questo argomento, tutt’altro che irrazionale o magico, l’articolo non si occupa. Sembrerebbe anzi volersi ritenere superflua qualunque dialettica probante, per esempio con figure quali Campbell, Vélot e altre centinaia di luminari che su effetti avversi e possibile inidoneità della somministrazione di vaccini in corso di pandemia hanno redatto migliaia di pagine.
Continua qualche riga dopo Ercolani: “Significativa la descrizione che uno studioso contemporaneo di psichiatria fornisce del ‘disturbo paranoide di personalità’: la persona che ne è affetta mostra un’ossessiva e costante ricerca dei significati oscuri, la verità nascosta dietro il significato apparente di una situazione. Secondo questa persona, l’ovvio, il superficiale e l’apparente non fanno altro che mascherare la realtà e la sua incapacità di rilassarsi, congiunta alla mancanza di flessibilità, spinge la medesima persona verso convinzioni tanto rigide e salde quanto irreali e irrealistiche (G.O. Gabbard, Psychodynamic Psychiatry, quinta edizione, Washington – London, pp. 399-401)”. Di nuovo la questione è disinvoltamente bypassata secondo l’apriorismo per il quale – manuale di psichiatria alla mano – non esisterebbe alcuna evidenza di “significati oscuri” in quanto sta accadendo, poiché, vittima della sua “incapacità di rilassarsi”, semplicemente tali “significati oscuri” sarebbero la risultante di una fantasia paranoide. Liquidato il problema, liquidato l’interlocutore, scongiurato il dialogo. Senonché, di nuovo, la letteratura sulle concrete azioni di “lobbismo” transnazionale che, in forme complesse, articulate e in larga misura occulte, stanno di fatto producendo accordi preoccupanti (per non dire criminali) tra politiche sanitarie e interessi finanziari delle grandi multinazionali è talmente fitta da suggerire l’idea che gran parte del pianeta sia precipitato nel complottismo o nell’irrazionalità: cosa che andrebbe naturalmente provata prescindendo delle frettolose formule denigratorie prestate alla psichiatria.
Siamo quindi al passaggio dell’articolo in cui i due filosofi Cacciari e Agamben vengono esplicitamente nominati: “Resto basito” scrive Ercolani “quando altri illustri pensatori come Massimo CacciarieGiorgio Agamben – in totale assenza di proposte alternative concrete – contestano le misure governative volte a contenere la pandemia tirando in ballo il “regime” liberticida o la dittatura sanitaria che si vorrebbe instaurare per controllare menti e corpi dei cittadini”. Fatto salvo che chiunque ha diritto di rimanere basito di qualsiasi cosa, mi chiedo se Ercolani sia informato su un altro chilometrico fascicolo di proposte alternative o se, viceversa, si sia fatta bastare l’informazione mainstream. Questo e non altro – concretamente, razionalmente, ragionevolmente – i promotori di una diversa strategia di contenimento della pandemia infatti suggeriscono: che questo presunto vaccino non solo non venga disinvoltamente assimilato ai precedenti ma non pregiudichi le cosiddette cure alternative, che di nuovo una sconfinata letteratura presenta come altrettanto praticabili (e forse più praticabili ed efficaci) del primo. In questo senso, regime liberticida e dittatura sanitaria non sono sic et simpiciter “tirati in ballo” ma considerate forme di imposizione coatta dell’unicum vaccinale a detrimento dell’infinita letteratura anti-vaccinista la quale su ben altre basi fonda i propri convincimenti che su quelle del pensiero magico o della superstizione.
Prosegue Ercolani: “Quanta ignoranza del mondo reale è necessaria (mi chiedo dove fossero Cacciari e Agamben nei decenni trascorsi) per pensare che chi già governa incontrastato (il sistema tecno-finanziario) avesse bisogno di una pandemia inventata o prodotta ad arte per dominare una popolazione già largamente sottomessa e cognitivamente bruciata?! Quando mai, nella Storia, si è visto un colpo di Stato messo in atto da chi già detiene il potere?!”. L’osservazione non fa una piega, ne fa moltissime. Se non altro perché il tono liquidatorio, ancora una volta, inficia qualsiasi possibile riflessione nel merito. Non solo non si distingue nelle sue tante implicazioni il termine “colpo di Stato”, ma di nuovo si elude la questione che i cosiddetti “irrazionali” hanno invece il merito di sollevare: se e in quali forme esista realmente un progetto di potere che, lungi dal risolversi in un colpo di Stato tradizionalmente inteso, possa minare alle fondamenta lo stato di diritto e convertirlo in uno stato di emergenza o eccezione permanente. Domanda capitale alla cui risposta meditano centinaia di studiosi di ogni disciplina, ma che la stigmate di “irrazionale” o “paranoico” solleva sbrigativamente dal dover porre. Personalmente la porrei con serietà e attenzione, non fosse perché di fronte a noi osservo il dispiegarsi di politiche sempre meno pronte a riconoscere le possibili derive anti-democratiche di quella che Ercolani chiama “dimensione virtuale” e “sistema tecno-finanziario”.
Concludo riprendendo la chiosa dell’articolo in questione: “Mi chiedo per quanto tempo ancora certe trasmissioni televisive continueranno a essere responsabili della diffusione del pensiero magico. Quello che, è risaputo, fa più audience del pensiero razionale”. Bingo: è esattamente quello che temo anch’io. Mi chiedo se proprio questo non sia il punto tragico della nostra attuale situazione: presumere aprioristicamente che tale fantomatico “pensiero magico” sia tale, nonché presumere aprioristicamente che sia di beneficio alla logica dell’audience. Credo che la vera audience la faccia, purtroppo, non già il pensiero razionale, ma il pensiero semplificato e la denigrazione apodittica o a slogan, di cui l’articolo ricordato mi pare un’involontaria e palese testimonianza.
Insomma, è certamente vero, probabilmente inconfutabile, che a ogni presunzione di “verità scientifica” si accompagna il popperiano diritto-dovere alla falsificazione, alla confutazione, alla riqualificazione sotto altri spettri di valutazione. Ma è anche certamente vero che laddove questo sacrosanto diritto-dovere della scienza di procedere per sperimentazioni e relative contestazioni, per asserzioni e relative smentite, presuppone un principio a cui non dovrebbe essere lecito derogare: il dovere di argomentazione. Laddove si presume possibile o lecito deprivare di senso chiunque abbia posizioni non allineate al pensiero dominante, alle idées reçues e ai mantra del pensiero unico, in una parola all’idem sentire maggioritario, in virtù di immaginifiche insufficienze psichiche, o addirittura di inclinazioni psichichico-mentali di natura patologica, è evidente che siamo di fronte a un fenomeno che, procedendo da un piano di delegittimazione psicologica dell’interlocutore, delegittima di fatto il fondamento stesso di una dialettica responsabile e quindi i pilastri della democrazia. La quale sussiste solo ed esclusivamente nell’indissolubile accordo tra consenso e dissenso. Ogni richiamo all’irricevibilità a priori del pensiero contrario è, di fatto, laddove posto al di qua e a prescindere da argomentazioni di merito, un plauso all’autoritarismo.
FONTE:
Illustrazione di copertina: Paul Blow