Come finirà? È tutto già scritto
Come abbiamo visto nell’analisi del Grande Reset, lo strumento analitico e previsionale prediletto dalle élite è rappresentato dalle cosiddette simulazioni, studi che ipotizzano possibili scenari futuri, per lo più catastrofici, la reazione delle popolazioni ad essi e le soluzioni messe in campo dai poteri decisionali. A portare avanti tali analisi sono generalmente i club elitocratici sovranazionali, coadiuvati da centri di ricerca accreditati, università e società di consulenza. Tra i più attuali annoveriamo sicuramente Event 201, organizzato dalla Bill and Melinda Gates Foundation con il Word Economic Forum e il John Hopkins Center for Heath Security, che pochi mesi prima dell’avvento del Covid aveva riprodotto l’evolversi una crisi pandemica del tutto analoga, o CyberPoligon, la simulazione di un attacco cibernetico patrocinata dal Forum di Davos.
A rispecchiare maggiormente i tempi che stiamo vivendo, come un’omologia davvero impressionante, è senza dubbio lo scenario immaginato dalla Fondazione Rockefeller nel maggio 2010, chiamato niente meno che “Lockstep Scenario“.
Ne riportiamo la traduzione:
Nel 2012, la pandemia che il mondo aspettava da anni è alla fine è arrivata. Diversamente dal H1N1 del 2009, questo nuovo ceppo di influenza, portato dalle anatre selvagge, è stato estremamente violento e letale. Persino le nazioni meglio preparate alla pandemia sono state rapidamente travolte, quando il virus ha invaso il mondo, contagiando circa il 20% della popolazione globale, e uccidendo 8 milioni di persone in soli sette mesi, in maggioranza giovani adulti sani. La pandemia ha avuto anche un effetto letale sulle economie: il movimento internazionale, sia di persone che di beni, si è improvvisamente bloccato, indebolendo industrie come quella del turismo, ed interrompendo le catene globali di rifornimento. Persino a livello locale, negozi e uffici normalmente pieni di attività sono rimasti improvvisamente vuoti. La pandemia ha colpito tutto il mondo, ma ha fatto vittime in maniera sproporzionata soprattutto in Africa, nel Sud Est Asiatico e in America Centrale, dove il virus si è sparso con la rapidità del fuoco in assenza di protocolli ufficiali per contenerlo. Ma persino nei Paesi più sviluppati il contenimento è stato un grosso problema. La politica iniziale degli Stati Uniti di “scoraggiare vivamente” i cittadini dal viaggiare in aereo si è dimostrata letale per la sua troppa indulgenza, ed ha accelerato la diffusione del virus, non solo negli Stati Uniti ma anche oltre frontiera. Nonostante tutto, alcuni Paesi se la sono cavata meglio, in particolare la Cina: la rapida imposizione da parte del governo cinese di una quarantena obbligatoria per tutti i suoi cittadini, accompagnata dalla chiusura ermetica istantanea di tutte le sue frontiere ha salvato milioni di vite, fermando la diffusione del virus molto prima che in altri Paesi, e permettendo in seguito un più rapido recupero.
Il governo cinese non è stato l’unico a prendere misure estreme per proteggere i propri cittadini dal rischio del contagio. Durante la pandemia, diversi leader nazionali hanno fatto pesare la propria autorità e hanno imposto regole e restrizioni severissime, dall’obbligo di portare mascherine al controllo della temperatura corporea all’ingresso di spazi comuni come le stazioni o i supermercati. Anche dopo la fine della pandemia, questo controllo autoritario sui cittadini e sulle loro attività è continuato, e si è addirittura intensificato. Al fine di proteggersi dalla diffusione dei crescenti problemi globali – dalle pandemie al terrorismo transnazionale, dalle crisi ambientali all’aumento della povertà – diversi leader nel mondo hanno stretto ancora più fortemente il pugno del potere. Inizialmente il concetto di un mondo più controllato aveva ricevuto grande accettazione ed approvazione. I cittadini erano disposti a cedere parte della propria indipendenza e della propria privacy a governi più paternalistici, in cambio di maggiore sicurezza e stabilità. I cittadini erano più tolleranti e perfino desiderosi di ricevere direzione e controllo dall’alto, e i leader nazionali ebbero così mano libera nell’imporre l’ordine nel modo in cui preferivano. Nei Paesi più sviluppati questa accresciuta forma di controllo si concretizzò in vari modi: identità biometrica per tutti i cittadini, ad esempio, unita a regole più severe per le industrie ritenute vitali per l’interesse nazionale. In molti Paesi sviluppati questa cooperazione forzata, insieme a nuove regolamentazioni ed accordi, ha portato lentamente a restaurare l’ordine, e – cosa molto importante – la crescita economica. Nel mondo in via di sviluppo invece le cose sono andate molto diversamente. L’autorità dall’alto ha assunto diverse forme in Paesi differenti, a seconda del calibro, delle capacità e delle intenzioni dei loro leader.
Inizialmente il concetto di un mondo più controllato aveva ricevuto grande accettazione ed approvazione. I cittadini erano disposti a cedere parte della propria indipendenza e della propria privacy a governi più paternalistici, in cambio di maggiore sicurezza e stabilità. I cittadini erano più tolleranti e perfino desiderosi di ricevere di- rezione e controllo dall’alto, e i leader nazionali ebbero così mano libera nell’imporre l’ordine nel modo in cui preferivano.
Nei Paesi più sviluppati questa accresciuta forma di controllo si concretizzò in vari modi: identità biometrica per tutti i cittadini, ad esempio, unita a regole più severe per le industrie ritenute vitali per l’interesse nazionale. In molti Paesi sviluppa- ti questa cooperazione forzata, insieme a nuove regolamentazioni ed accordi, ha portato lenta- mente a restaurare l’ordine, e – cosa molto impor- tante – la crescita economica. Nel mondo in via di sviluppo invece le cose sono andate molto diver- samente. L’autorità dall’alto ha assunto diverse forme in Paesi differenti, a seconda del calibro, delle capacità e delle intenzioni dei loro leader.
Il documento prosegue spiegando come il divario tecnologico fra i Paesi avanzati e quelli in via di sviluppo si sia allargato, nonché la chiusura nazionalistica e le ritorsioni tra i vari Paesi.
Qual è l’epilogo previsto dalla simulazione, l’esito del lungo regime basato sul controllo delle masse ai fini sanitari?
Intorno al 2025 la gente cominciava a mal tollerare questo pesante controllo dall’alto, nel quale erano sempre i leader a fare le scelte per tutti. Dovunque gli interessi nazionali si scontrassero con quelli individuali nascevano conflitti. Sporadiche proteste diventarono sempre più organizzate e coordinate, man mano che i giovani, scoraggiati nell’aver visto le proprie possibilità svanire nel nulla – soprattutto nei Paesi in via di sviluppo – sollevavano disordini civili. Nel 2026 una protesta popolare in Nigeria abbatté il governo, accusato di nepotismo e di corruzione. Persino coloro che apprezzavano la maggiore stabilità e prevedibilità di questo mondo iniziarono a sentirsi a disagio, imbrigliati dall’enorme quantità di regole e limitati dai confini nazionali. Si sentiva nell’aria che prima o poi qualcosa avrebbe inevitabilmente sconvolto il rigoroso ordine per stabilire il quale i governi del mondo avevano così duramente lavorato.
Che il livello di sopportazione della popolazione privata delle libertà e dei diritti fondamentali non possa durare in eterno è evidente, in quanto si tratta di una condizione di vita anti-umana, e i centri elitocratici ne sono consapevoli. Rimane ignoto il motivo per cui essi perseverino nell’imporre un simile stillicidio liberticida, che rapina i cittadini della loro stessa dignità, dal momento che ne conoscono l’inevitabile esito. Forse hanno in serbo qualche strumento di ulteriore annichilimento del risveglio? O magari, come diceva il filosofo Gunther Anders, sanno bene che “per soffocare in anticipo ogni rivolta basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente agli uomini”. Decenni di subcultura di massa, volta a indebolire la coscienza e la volontà, a spezzare i legami di collettività, a colonizzare le menti con i prodotti spazzatura della televisione e del mainstream, hanno operato in tale direzione. Siamo arrivati a un punto di stallo della capacità di reazione dell’essere umano, quel fenomeno che lo stesso Anders chiamava il congruismo, ossia il livello massimo del conformismo, in cui il cittadino è stato “defraudato persino della libertà di soffrire della sua illibertà“.
Intanto il documento della Rockefeller non è più disponibile sul sito della Fondazione: meglio non dare spunti alle popolazioni ipnotizzate dal terrorismo sanitario e la mistificazione del mainstream.
Illustrazione di copertina: Bill Bragg