Convegno Nazionale contro la repressione mediatica: un’idea per reagire
La vicenda di Mario Giordano – o meglio lo scambio di battute tra il giornalista e la direzione di Mediaset riportato da Il Tempo – è desolante quanto illuminante: richiamato dall’azienda per una trasmissione ritenuta troppo favorevole all’opposizione contro il green pass, Giordano ha rivendicato il principio deontologico di voler svolgere un’informazione completa; al che, pare che Mediaset abbia risposto testualmente: “Noi siamo a favore dei vaccini. Stop. Questo è il solo messaggio da diffondere”.
Questa ennesima evidenziazione del fatto che i media mainstream abbiano integralmente e definitivamente sostituito la funzione d’informazione con quella di propaganda, riporta un problema a cui su questa pagina ho accennato più volte, ovvero l’incapacità dell’attuale opposizione sociale di reagire alla criminalizzazione attuata da giornali e telegiornali. In primo luogo, va chiarito che la questione non è da prendere sotto gamba giacché non si pone solo un problema di ottenere o meno il consenso della maggioranza dell’opinione pubblica, ma anche un pericolo – concreto e diretto – evidenziato dal fatto che l’opera di propaganda del mainstream ha assunto, oggi, una valenza direttamente repressiva.
Nei giorni scorsi, in seguito alle idiozie pubblicate dalla chat anonima “Basta Dittatura”, abbiamo visto dapprima le testate titolare sul rapporto tra No Vax e terrorismo e poi, solo in seconda battura, partire le indagini e le perquisizioni.
Nella città di Bologna, dove risiedo, abbiamo visto la chiusura per via giudiziaria del “disobbediente” Halloween Pub, preceduta da un’opera di character assassination orchestrata dall’edizione locale di Repubblica.
D’altro canto, nelle più rilevanti manifestazioni di piazza, abbiamo assistito alla pantomima di giornalisti che, anziché intervistare i portavoce del movimento, si aggiravano fra i manifestanti con l’evidente intento di provocarli e accendere reazioni ostili; così, quando poi qualcuno di essi ha purtroppo perso la calma ed è volato un ceffone, le testate hanno potuto imbastire un piagnisteo vittimista contro i “no vax violenti”.
In questi giorni, abbiamo letto sulle prime pagine dei quotidiani di No Vax associati all’omofobia, al traffico di armi, al ritrovamento di topi morti nella mensa di un ospedale e tanto altro ancora. Questa ossessiva e martellante campagna di criminalizzazione esprime la ricerca di un varco, di uno spunto non inventato ma reale, per far poi partire una repressione giudiziaria devastante contro un’opposizione pacifica che rivendica il ripristino della legalità costituzionale.
Dunque, così come negli anni ’20 era necessario reagire agli squadristi in camicia nera che andavano a picchiare gli operai che scioperavano, oggi è necessario reagire allo squadrismo – verbale ma propedeutico alla repressione materiale – del giornalismo mainstream.
Nel corso dei mesi, ho sentito varie proposte sul come reagire e, a mio parere, si è trattato sempre di risposte inadeguate.
Reagire giuridicamente, è escluso perché qualunque giudice condannasse un’atto di diffamazione o calunnia dei giornalisti ai danni dell’opposizione, verrebbe accusato di attentare alla libertà di stampa.
L’azione diretta come l’organizzare sit-in di contestazione sotto le sedi di giornali e telegiornali, oppure ancora occuparne pacificamente e simbolicamente gli uffici per protesta, verrebbe rovesciata attraverso la già citata dinamica di vittimismo in malafede, ovvero verrebbe spacciata per aggressione o minaccia violenta.
Pertanto, credo che una risposta parziale per uscire dall’impasse sia quella di ispirarsi – ma solo in parte – al secondo Vaffanculo-Day del movimento di Beppe Grillo, che fu interamente incentrato sulla contestazione dell’informazione mainstream.
Ma mentre Grillo approfittò dell’occasione per lanciare, col pretesto in parte condivisibile dei finanziamenti all’editoria, l’ennesimo attacco neoliberista alla spesa pubblica, nel caso dell’attuale opposizione un’adunanza di questo tipo dovrebbe avere la finalità di unirsi per denunciare – producendo documenti ufficiali – il fatto che l’informazione mainstream sia oggi un dispositivo di regressione fascista ed eversiva, volto alla repressione violenta dell’opposizione costituzionale e democratica.
La modalità d’attuazione per tutto questo, potrebbe essere non già una manifestazione di piazza bensì un convegno pubblico, una due-giorni di studio, analisi e approfondimento avente come oggetto il ruolo repressivo dei media mainstream.
Pensiamoci.
Illustrazione di copertina: Sebastien Thibault