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Cui prodest?

A chi contesta la narrazione pandemica capita spesso di sentirsi rispondere che le esagerazioni, se pure vi sono state, erano comunque dovute a un’ emergenza reale. I governi e le classi dirigenti non hanno nulla da guadagnare dall’aumento della disoccupazione e del debito. A nessuno può giovare la distruzione di interi comparti economici. Quanto è avvenuto nell’ultimo anno, al netto degli inevitabili errori, era quindi naturale e necessario.

Queste obiezioni meritano indubbiamente di essere prese in considerazione. Come ben sanno i lettori di romanzi gialli, senza aver prima individuato il movente non si può scoprire l’assassino. La questione del cui prodest? è pertanto ineludibile.

Da parte mia penso sia in primo luogo necessario mettere da parte l’idea che quanto avvenga abbia come principale motivazione il denaro.

E’ vero. Nell’ultimo anno, come spesso si ripete, le dieci persone più ricche al mondo si sono ulteriormente arricchite. Inoltre, come in ogni guerra – e quanto stiamo vivendo è paragonabile a una guerra – molti hanno visto precipitare la loro condizione, altri non hanno avuto danni, altri ancora hanno avuto l’opportunità di fare grandi profitti. Accanto ai benefici materiali vi sono poi i benefici immateriali. Alcune categorie (penso in particolare a quelle dei medici, degli infermieri e , in parte, degli insegnati) hanno potuto indossare la veste degli angeli salvatori e degli eroi. Hanno cioè visto aumentare, almeno nell’immediato, il loro prestigio sociale (poco importa che, nel giro di un decennio, questa soddisfazione astratta sia destinata a ritorcersi contro di loro con la forza di un boomerang reale). Infine, molte persone frustrate hanno finalmente esaudito il desiderio di salire in cattedra e fare la morale al prossimo. Per loro il periodo del lockdown è stato forse il più felice della vita, uno dei pochi in cui abbiano potuto dare un senso alla loro esistenza.

Tutto questo è però la conseguenza di quanto è avvenuto, ma non ne è certo la causa. Il potere, ben sapendo che la propaganda può non essere sufficiente, ha bisogno di uno zoccolo duro di consenso, tuttavia, come le guerre non si fanno per soddisfare i sogni eroici del piccolo borghese insoddisfatto o l’avidità del profittatore che si arricchisce col mercato nero, così il grande reset non viene di certo attuato per compiacere il disperato che denuncia il vicino senza mascherina o il negoziante che vende telefonini.

No, le cause di quanto sta avvenendo sono decisamente altre.

Quella in corso è una lotta per il potere. A confrontarsi sono due ali del capitalismo contemporaneo. Le classi subalterne hanno un ruolo marginale in questa contesa. Prive di ogni rappresentanza politica (i partiti di sinistra, soprattutto in Europa, sono ormai diventati la cinghia di trasmissione delle èlite mondialiste ) esse vengono al massimo usate come arma di pressione. Il conflitto è interno al capitale. Da un lato abbiamo il capitalismo tradizionale; dall’altra il capitalismo tecnologico delle grandi piattaforme informatiche e dell’industria farmaceutica.

Il grande reset è il tentativo da parte di quest’ultimo di prendere la guida dell’Occidente. Preparato da tempo, viene attuato ora perché se ne sono presentate le opportunità (una di queste – ma solo una e non la più importante – è la presenza di una epidemia influenzale particolarmente severa).

Il grande reset si pone come obiettivo la digitalizzazione di tutti gli aspetti della vita. La trasformazione dei sistemi e dei modelli educativi.

L’introduzione della vaccinazione obbligatoria e il passaporto vaccinale. La diffusione estensiva del lavoro domiciliare. La pratica del distanziamento sociale come nuova normalità. Il controllo di tutti i dati biometrici dell’individuo. La dematerializzazione della moneta.

Nel prossimo futuro i grandi colossi dell’informatica e di internet non avranno soltanto a disposizione un’infinita ricchezza (questa la hanno già) ma anche un infinito potere. Potranno controllare le transazioni economiche e gli scambi commerciali, domineranno la politica grazie al loro potere di ricatto, eserciteranno un’egemonia assoluta sulla cultura, saranno nelle condizioni di decidere della vita e della morte di miliardi di persone. La nostra salute sarà affidata a degli algoritmi , in base ai quali un medico, o più probabilmente un programma computerizzato, potrà decidere quali farmaci saranno adatti a noi. I politici scomodi verranno distrutti. Il potere di censura, come già si è visto in questi mesi, sarà assoluto.

Sovrano, oggi e ancor di più domani, è chi controlla e possiede i dati della rete.

Il grande reset è un colpo di stato che ha come scopo la sovranità sull’Occidente e, attraverso di esso, sul resto del mondo.

Prof. Silvio Dalla Torre

Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi

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