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Dalla criminalizzazione alla repressione del dissenso: lo scontro mortale con “la sinistra”

Con il Daspo da Roma a Stefano Puzzer in seguito a una manifestazione assolutamente pacifica, vediamo il cerchio della repressione stringersi. Le vicende repressive di Novara, Trieste e adesso Roma, sono precedenti potenzialmente applicabili in tutta Italia e che puntano esplicitamente alla messa fuori legge dell’opposizione. 

La repressione si articola su almeno tre livelli e con toni che divengono, di giorno in giorno, sempre più violenti e sempre più volti verso lo scontro mortale, ovvero verso una logica di annientamento totale del nemico.

1) In primo luogo, c’è la criminalizzazione mediatica martellante, ossessiva, alla quale ancora oggi – dopo due anni – non sappiamo come reagire. 

2) Il secondo livello repressivo è rappressentato, invece, dalla deriva estremistica del mondo politico. Mentre intorno al movimento vengono imbastite reazioni isteriche e rabbiose per ogni parola fuori posto pronunciata in un comizio, nelle ultime settimane abbiamo sentito un deputato – Giuliano Cazzola – invocare impunemente gli spari sulla folla e il sindaco di Trieste vomitare parole – fasciste ed eversive – su disertori e fucilazione.

3) Tutto questo non sarebbe possibile, però, se non vi fosse il terzo livello repressivo, ovvero una base sociale di consenso alla repressione. Quella base in cui monta l’odio e la delegittimazione dell’opposizione in quanto tale, ebbene, è oggi la sinistra.

Dobbiamo capirlo e chiarircelo intimamente: stiamo ingaggiando uno scontro mortale innanzitutto con la sinistra. Il fatto che, per questo motivo, la sinistra riesca a costruire una narrazione secondo cui chi le si oppone sarebbe naturaliter “di destra”, è una menzogna da disvelare.

Infatti, va anche chiarito che la destra non è né un alleato tattico né un’alternativa menopeggiorista. Semplicemente, la destra sta alla finestra a guardare questo scontro, alternando la propria adesione obbediente all’ordine dominante a strumentali strizzate d’occhio alla protesta dalle quali ricavare un po’ di tornaconto elettorale.

La lotta tra il movimento d’opposizione e questo nuovo capitalismo “di sinistra”, dunque, altro non è che la sempiterna lotta tra dominanti e dominati: la diade categoriale destra-sinistra svolge invece la funzione d’occultare e impedire tale lettura.

Intanto, però, l’odio reciproco cresce e i suoi fondamenti sono tanto profondi quanto irreversibili:

1) Il primo fondamento viene da lontano ed è racchiuso nel concetto di post-verità: se la divisione non è tra visioni del mondo e sistemi di valori ma intorno alla definizione di cosa sia o non sia la realtà, viene a cancellarsi ogni base – logica e linguistica – di confronto. Venendo a mancare un’idea condivisa di “realtà”, cioè, la polarizzazione è assoluta, travalicante perfino il conflitto etnico o interreligioso. 

2) Il secondo fondamento, derivante dal primo e sostanziante l’analogia col nazismo, è la medicalizzazione della devianza sociale: nel momento in cui la dissidenza politica viene qualificata come disturbo mentale, viene legittimata la sua messa fuori legge.

3) Il terzo fondamento, riguarda il fatto che il sistema capitalista abbia assunto un sistema valoriale di sinistra. Oppositori e sostenitori del Governo Draghi, quindi, si stanno accusando reciprocamente di essere una nuova incarnazione del fascismo, ma solo una delle due parti – la sinistra – dispone di media e istituzioni per poter rendere quest’accusa un reato di cui rispondere.

Qualunque analogia con polarizzazioni del passato, sarebbe fuorviante. Il conflitto tra sinistra storica e sinistra extraparlamentare negli anni ’70, pur costellato da morti e uso politico della magistratura, era anche caratterizzato dalla presenza di figure che svolgevano un ruolo da pontieri fra le parti. E anche il conflitto storico tra fascisti e comunisti, non metteva in gioco la definizione di realtà o la sanità mentale.

Dunque, se questo scontro è – già ora, sul piano della logica formale – una guerra civile, fino a che punto giungerà l’escalation del conflitto?

Avremo morti nelle strade? Attentati? Pogrom di massa contro i non vaccinati alimentati da opinionisti di sinistra?

Le forze al governo non stanno puntando su questo, bensì su un’azione repressiva di tipo concentrico e crescente che, anche il questo caso, richiama alla memoria la dinamica progressiva e graduale delle leggi razziali nazifasciste.

L’obiettivo è quello, cioè, di sottrarre sempre più spazio di manovra al movimento, amplificarne al massimo grado la criminalizzazione mediatica e quindi, alla fine, giungere all’implosione della protesta di massa e alla repressione giudiziaria degli attivisti politici più in vista. Non sarebbe corretto dire che questa strategia potrebbe riuscire: essa sta già riuscendo.

L’unica possibilità di scongiurarla è un salto qualitativo del movimento verso un’organizzazione nazionale realizzata attraverso l’immediato confederarsi di tutte le forze che hanno in questi mesi organizzato le mobilitazioni. Chi all’interno del movimento non riconoscerà questa necessità urgente e non si adopererà per la sua realizzazione, si accollerà una responsabilità storica di inaudita gravità.

Riccardo Paccosi

Illustrazione di copertina: Taylor Callery

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