Dalla padella della Corea Del Nord alla brace della Cancel Culture americana
Una rifugiata politica nordcoreana racconta di come vedesse gli Stati Uniti come un paese di libertà di pensiero e parola, fino a quando non è venuta qui per frequentare il college.
Yeonmi Park ha frequentato la Columbia University ed è stata immediatamente colpita da ciò che ha visto in classe: un sentimento anti-occidentale e un attenzione al politicamente corretto che le ha fatto pensare “perfino la Corea del Nord non è altrettanto idiota”.
“Mi aspettavo di spendere questa fortuna, tutto questo tempo e tutta questa energia, per imparare a pensare”, ha detto Park a Fox News. “Ma ti stanno costringendo a pensare nel modo in cui vogliono che tu pensi. Mi sono detta, wow, tutto questo è folle. Pensavo che l’America fosse diversa, ma ho visto così tante somiglianze con quello che ho visto in Corea del Nord, da iniziare a preoccuparmi”.
La 27enne ha riferito a The Post che non poteva credere che le sarebbe stato chiesto di fare “così tanta censura su me stessa” in una università negli Stati Uniti. “Ho letteralmente attraversato il deserto del Gobi per essere libera e ho capito che non sono libera, che l’America non è libera”.
Yeonmi Park è fuggita dalla Corea del Nord nel 2007, all’età di 13 anni, con un viaggio che ha portato lei e la sua famiglia in Cina e in Corea del Sud prima di giungere a New York nel 2016. “Ogni problema, ci hanno spiegato i professori alla Columbia, è a causa degli uomini bianchi”. Alcune delle discussioni sul privilegio dei bianchi, dice la Park, le hanno ricordato il sistema delle caste nel suo paese natale, dove le persone venivano classificate in base ai loro antenati.
In una classe, un insegnante che discuteva della civiltà occidentale ha chiesto agli studenti se avessero problemi per il nome dell’argomento: la maggior parte degli studenti ha alzato la mano, secondo Park. Alcuni, racconta, hanno menzionato problemi con il taglio “coloniale” della discussione.
E le lezioni spesso iniziavano con i professori che chiedevano agli studenti i loro pronomi preferiti, con l’uso di “loro” che diventava spaventoso perché temeva di essere socialmente penalizzata per non essere abbastanza inclusiva nel suo vocabolario.
“L’inglese è la mia terza lingua”, dice, “ed è molto difficile per me dovermi sentir dire che lui e lei a volte, li uso male”.
Ha raccontato alla Fox di essere stata anche rimproverata per aver detto che le piacevano gli scritti di Jane Austen.”Ho detto ‘amo quei libri’. Ho pensato che fosse una buona cosa, ma poi mi hanno detto: ‘Sapevi che quegli scrittori avevano una mentalità coloniale? Erano razzisti e bigotti e ti stanno inconsciamente facendo il lavaggio del cervello.’
”Park racconta che gli studenti, in Corea del Nord, venivano costantemente indottrinati sui “bastardi americani”.
“Pensavo che i nordcoreani fossero le uniche persone che odiavano gli americani, ma ora scopro che in questo paese ci sono molte persone che odiano questo paese”.
Cancellare la cultura e condannare le opinioni divergenti, sta diventando una questione di autocensura.
La Park, che ha raccontato la sua fuga dalla Corea del Nord e la vita nel regime repressivo nel libro di memorie del 2015 “In Order to Live”, ha affermato che gli americani sembrano disposti a rinunciare ai loro diritti senza rendersi conto che questi potrebbero non tornare mai più.
“Volontariamente, queste persone si censurano a vicenda, si zittiscono a vicenda, senza che nessuno le forzi in tal senso”, ha detto. “Diverse volte (nella storia) si verifica un colpo di stato militare, una qualche imposizione del potere che ti sottrae i diritti e ti costringe al silenzio. Ma questo paese sta deliberatamente scegliendo di essere messo a tacere, sta deliberatamente scegliendo di rinunciare ai propri diritti”.
“La Corea del Nord era estremamente folle”, ha detto. “Ad esempio, la prima cosa che mia madre mi ha insegnato è stata di non sussurrare nemmeno, in modo che neppure gli uccelli e i topi potessero sentirmi”.
“In qualche modo (negli Stati Uniti) subiscono il lavaggio del cervello. Tuttavia, le prove sono così chiaramente davanti ai loro occhi, che non possono vederle”.
La Columbia University non ha voluto rilasciare commenti su questa intervista.
(tradotto dall’articolo originale del New York Post)
Illustrazione di copertina di Maggie Chiang