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Dite che l’emergenza sta finendo?

In questi giorni, tutti abbiamo potuto osservare come l’avvento di Draghi abbia eclissato gli annunci terroristici dei tele-virologi Galli, Crisanti e compagnia. Questo ha portato, nell’opinione pubblica, a una ridda di espressioni tanto ottimistiche quanto fondate sul nulla: dalla variante progressista secondo cui la competenza tecnica di Draghi in ambito finanziario recherebbe con sé – non si sa per quale motivo – una presunta volontà di risolvere l’emergenza; fino alla variante populistico-velleitaria secondo cui i poteri economici sovranazionali, sostenenti il lockdown permanente per interesse, starebbero perdendo influenza.

Io dico: ma possibile che l’essere passati da cittadini attivi a reclusi che osservano passivamente le vicende della storia senza muovere un dito, debba genarare analisi tanto sgangherate? Si può ipotizzare che l’emergenza stia finendo, solo in presenza di segnali e indizi in tal senso. Dal momento che è invece palese la totale assenza di suddetti indizi e segnali, affermare che l’emergenza stia finendo è un atto di fede che nulla ha a che vedere con l’analisi politica.

Al di fuori delle proiezioni di desiderio scambiate per analisi, la situazione è infatti la seguente:

1) In questi giorni di rimbecillimento italico in adorazione dell’Uomo Forte, le esternazioni dei professionisti del terrore o tele-virologi non si sono fermate: semplicemente, esse sono state relegate alle pagine interne dei quotidiani. Nel frattempo, suddette esternazioni hanno rimarcato il paradigma del lockdown permanente, proponendo come al solito che la disciplina tecnica di virologia/infettivologia si imponga sulle altre discipline e abbia, quindi, il potere di indirizzare tutti gli aspetti della vita sociale, senza mediazioni. Di conseguenza, il fatto assolutamente inevitabile che i ceppi virali mutino o che ogni anno venga scoperto un ceppo virale nuovo, viene continuamente ripetuto dai tele-virologi come indicatore di una sequenza ininterrotta di pandemie senza fine nonché di un conseguente e necessario lockdown eterno. Al momento, non si è palesata alcuna obiezione istituzionale a questa visione totalmente delirante, tantomeno si sono visti esponenti della politica porre il problema per cui quest’ultima dovrebbe mediare fra le discipline e non lasciare che la virologia assuma un’incontrollata supremazia.

2) In secondo luogo, il numero dei contagi è ancora alto nei principali paesi occidentali. E se i contagi crescono, sappiamo che la decisione politica è quella di adottare la “verità scientifica” secondo cui il problema può essere affrontato solo ed esclusivamente col lockdown.

In altre parole, la decisione politica di far governare tutti gli aspetti della società alla virologia e porre le problematiche tecniche di quest’ultima al di sopra delle conseguenze sociali che tale approccio mono-disciplinare inevitabilmente genera, è un fatto riguardante tutti i paesi occidentali.

Dunque, fintanto che USA e UK decidono di proseguire col lockdown, non c’è nessun Uomo Forte che possa invertire le cose in Italia e magari decidere che, come in Russia e Cina, l’emergenza debba finire.

Le recenti esternazioni del coordindatore del CTS Agostino Miozzo (“Ristoranti aperti? Solo con l’esercito a presidiare”, “Draghi sottragga potere decisionale alle autorità locali”), denotano chiaramente come non vi sia alcuna fine dell’emergenza all’orizzonte. L’unica speranza che i cittadini possono riporre nei governi, consta dunque della prosecuzione del funzionamento a fisarmonica: ovvero l’interminabile ed estenuante balletto intermittente di apertura-chiusura-riapertura.

3) Inoltre, come avevano chiaramente annunciato i tele-virologi tanto americani (Fauci) quanto italiani (Ricciardi), osserviamo che la campagna di vaccinazione è un fattore FACENTE PARTE della prosecuzione a tempo indeterminato dell’emergenza e che non rappresenta in alcun modo, quindi, un tentativo di porre fine a essa.

4) Chi in questi mesi abbia tentato di mantenere un ruolo di cittadino anziché di suddito, di soggetto storico anziché di unità di consumo digitale, sa invece che forse qualche elemento di discontinuità nella fase attuale è davvero ravvisabile, MA NON a partire dalla classe dirigente.

Dal moltiplicarsi delle mobilitazioni di piazza e delle pratiche di disobbedienza civile, fino a quello che empiricamente si può riscontrare nelle discussioni interpersonali, la superficie compatta e levigata della narrazione dominante sta cominciando a presentare incrinature.

Persone che durante il primo lockdown assumevano pedissequamente come veritiere le informazioni di media e governi, cominciano ad avere dubbi. Specificamente, comincia a prendere piede la consapevolezza che la classe dominante stia intenzionalmente protraendo l’emergenza a tempo indeterminato e che non abbia alcuna volontà di superarla. Queste accensioni di consapevolezza sono ancora minoritarie e solo in qualche caso si traducono in volontà di confliggere con il potere costituito. Ma questo e solo questo – non Draghi, non le riaperture dei locali presidiate dall’esercito – è l’elemento di discontinuità che si sta materializzando e che bisogna, quindi, promuovere e stimolare.

Come soggetti sociali, siamo stati deprivati di ogni autonomia nel definire il nostro destino. E’ dunque evidente che l’emancipazione da questa situazione non possa che generarsi a partire dalle movenze autonome del corpo sociale. Chi attende una soluzione calata dall’alto, è destinato a disilludersi.

Riccardo Paccosi

Illustrazione di copertina: Roberto Cigna

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