Dopo la manifestazione di Roma: il conflitto sociale o è quotidiano o non è
Premessa personale: le circostanze mi hanno consegnato un qualche grado d’influenza sull’attuale movimento d’opposizione sociale, a livello soprattutto locale ma in minima parte anche a livello nazionale. Il motivo per cui sono abbastanza ascoltato, però, non discende da effettiva leadership politica, bensì dall’espressione e divulgazione di un pensiero poetico-filosofico. Quest’ultimo, a differenza della politica pura, non ha il vincolo di dover generare entusiasmo od ottimismo fra i militanti ma, anzi, può permettersi di dire che le cose stanno andando male o, come in questo caso, non sufficientemente bene.
I RISULTATI DELLA MANIFESTAZIONE DI ROMA
Riguardo alla manifestazione romana di Piazza San Giovanni a cui ho partecipato, comprendo razionalmente come essa abbia ottenuto dei risultati significativi: il numero dei partecipanti (molto alto anche senza considerare la stima “politica” di centomila persone), l’impatto indiscutibilmente potente dell’intervento della vicequestore di Polizia, la conferma che un coordinamento nazionale delle varie reti, almeno per qualche singolo evento, esiste e sta in piedi.
Al netto di questa comprensione razionale, però, confesso di essere partito da Roma con una sola domanda in testa e assai poco confortante. La domanda era ed è: E ADESSO?
Il movimento ha dimostrato forza, come dicevo, ma si sono anche confermati dei limiti rispetto ai quali, oltre a non esserci soluzione immediata, mi pare serpeggi pure carenza di volontà nell’affrontarli.
PRIMO PROBLEMA: UN MOVIMENTO CHE NON CHIEDE NULLA AI GOVERNI
Il primo problema consta del fatto che l’attuale movimento non reca richieste o rivendicazioni al potere costituito. Consapevoli del fatto che stiamo assistendo alla nascita di una nuova forma di assolutismo, infatti, tutti comprendono immediatamente come non abbia senso presentare richieste e rivendicazioni al governo o agli enti locali. In questo senso, si può quindi dire che questo sia uno scontro politico al termine del quale potrà esserci solo la capitolazione completa di una delle parti, non certo la mediazione o il compromesso.
Dal momento che però il termine di questa partita mortale non è visibile né vaticinabile, occorre allora chiedersi quali siano le tappe intermedie da raggiungere e come sviluppare e innovare le pratiche di lotta. Al momento, su questo, mi pare si stia navigando a vista o, meglio, ci si stia limitando a sfruttare la forza propulsiva – ma esauribile – della piazza.
SECONDO PROBLEMA: LA DISINFORMAZIONE DEI MEDIA MAINSTREAM
ll secondo problema consta del fatto che ancora non sappiamo come affrontare la disinformazione dei media mainstream. Avere media propri o afferenti – da Byoblu in giù – è necessario ma non basta. Inscenare proteste anche pacifiche sotto le sedi di Repubblica o della Rai, sarebbe un boomerang facente scattare il piagnisteo vittimistico e ipocrita delle testate. Io ho proposto, settimane fa, un convegno politico-teorico nazionale, finalizzato a produrre un “libro nero” dei media durante l’emergenza pandemica e che abbia una forte divulgazione. Se neanche questo va bene, allora ci vuole un’altra idea purché arrivi alla svelta: abbiamo visto, in più di un’occasione recente, che il ruolo dei media mainstream è propedeutico alla repressione politico-giudiziaria e, quindi, anche l’ignorarli non basta.
TERZO PROBLEMA: LA CONFEDERAZIONE DELL’OPPOSIZIONE CHE TUTTI VOGLIONO, MA RISPETTO ALLA QUALE I LEADER NAZIONALI SONO RECALCITRANTI
Il terzo problema è come l’emergenza e la gravità di quello che sta accadendo, stia rendendo a molti di noi insopportabile – e diciamo pure odioso – lo spettacolo di reti e organizzazioni che non riescono a confederarsi e, in parte, neppure desiderano farlo. A livello politico-elettorale, per esempio, alle imminenti elezioni amministrative questo movimento si presenta in termini di scissione dell’atomo: ovvero con candidati dispersi in non meno di due-tre liste diverse per ogni città.
Ma anche a livello d’intervento sociale, l’assenza di un’organizzazione strutturata e permanente si fa sentire e non può essere certo supplita da una unità delimitata, come oggi, alle occasioni di manifestazione nazionale. Dunque, o i militanti delle varie organizzazioni faranno pressione sui leader delle medesime per imporre loro un salto di qualità con annesso superamento delle tendenze autoreferenziali, oppure difficilmente potrà esservi futuro per questa specifica opposizione.
QUARTO PROBLEMA: COSI’ COME IL REGIME PANDEMICO INVESTE LA QUOTIDIANITA’, ALTRETTANTO DOVREBBE FARE L’OPPOSIZIONE
Il quarto e ultimo problema consta del fatto che la politica pura porta, per sua natura, ad attribuire priorità a mega-eventi scollegati dalla quotidianità.
Per questo è necessario che, alla pur necessaria costituente politica, si affianchi in autonomia una costituente sociale delle piccole organizzazioni, reti di lavoratori e gruppi informali che stanno sorgendo e proliferando in ogni città italiana.
C’è bisogno di dare risposte, sul territorio, ai seguenti problemi di ordine quotidiano:
a) fornire informazioni e recapiti di medici non allineati ai tanti che, in questi giorni, avvertono il bisogno di cambiare medico curante;
b) avere una lista di avvocati, in ogni città, ovvero una rete di professionisti capaci di svolgere una prima consuelenza gratuita a chiunque sia, per vari motivi, colpito da sanzioni amministrative o penali collegate alle norme bio-securitarie;
c) creare una rete di spazi fisici in cui svolgere e far circuitare iniziative artistiche e culturali o, semplicemente, dove potersi riunire e incontrare.
La costituente sociale – verso la quale col movimento di Bologna abbiamo iniziato a muoverci con limitato ma promettente risultato – è ciò che potrà rimanere in caso di calo di partecipazione nelle piazze. Ma soprattutto, la costituente sociale è ciò che fornisce senso alla quotidianità della lotta che stiamo svolgendo, sul piano sia collettivo che individuale.
Non possiamo permetterci che, dopo un mega-evento extraquotidiano, ciascuno torni alla vita di merda di tutti i giorni: devono esistere, nelle varie città, punti di riferimento che ogni giorno rappresentino un’alternativa in termini di qualità della vita e di qualità delle relazioni. Luoghi d’incontro facenti sì che nessuno, tornando da una manifestazione nazionale a Roma, debba più chiedersi “e adesso?”
Illustrazione di copertina: Geoff McFetridge