È tempo di resistenza
C’è un comportamento comune a sondaggisti, esperti di marketing, studiosi della percezione che profilano comportamenti, inclinazioni e atteggiamenti delle gente: quando le loro analisi vengono smentite, quando toppano le loro profezie, hanno pronto un agile instant book per dimostrare che a sbagliare è il Paese, irrazionale, ferino, selvaggio e dunque imprevedibile.
Non c’è da stupirsi pensando a chi gli dà la biada, chi commissiona studi “indipendenti”, chi finanzia indagini preelettorali perfino quando le elezioni sono sospese per quelle ragioni di forza maggiore, che giustificano altre analisi aggiuntive, volte a identificare e rintracciare i veri pericoli per la democrazia momentaneamente in eclissi.
Possiamo dunque augurarci di pregustare prima o poi i ravvedimenti operosi dei Pagnoncelli, Piepoli & affini, quando non sarà più possibile mantenere inalterata la narrazione apocalittica, quando alla quarta dose si presenterà l’ipotesi non remota di un futuro nel quale la maggioranza girerà per strada, andrà a lavorare o in vacanza con la flebo vaccinale appesa all’arto, quando si dimostrerà l’impossibilità di imporre e far rispettare regole dispotiche quanto arbitrarie e irragionevoli, quando cioè gli toccherà dire che è stato il Paese a sbagliare penalizzando chi aveva dubbi, chi è stato prudente nel valutare il rapporto rischi e benefici e non ha sottoposto alla cerimonia officiata dalla soldataglia i propri figli.
Certo sarà una soddisfazione magra quella di veder sconfessato l’identikit dei manifestanti del sabato contro il green pass: “no vax, commercianti e disoccupati, elettori di Lega e FdI che vivono nel Nord-Est, hannotra i 35 e i 49 anni di età, possono esibire al massimo la licenza media, sono artigiani o commercianti, inoccupati o disoccupati, votano a destra, si informano sui social media, hanno una condizione economica bassa”, in una parola la feccia che dà forma a “assembramenti di gruppi negazionisti, accomunati da un sordo rancore verso la scienza”, in una parola la marmaglia arruolata dall’estrema destra insieme a vecchi arnesi della filosofia, clinici e virologi rincoglioniti e frustrati per via di insuccessi professionali e per la scarsa visibilità televisiva.
Secondo l’arte della guerra applicata soprattutto all’interno di nazioni da parte di chi è entusiasta di annettersi a un impero tirannico e funesto, gli strateghi possono avere gioco facile nel costruire un nemico, durante una crisi che impoverisce e demoralizza, suscitando i peggiori istinti prima rimossi o educatamente soffocati e dando, a chi li lascia scatenare, l’illusione di una superiorità sociale e culturale intesa alla tutela del bene comune, della morale condivisa, dell’appartenenza identitaria che si manifesta con atti di fede nei confronti di autorità, patria, religione, scienza.
Non sono sempre o solo generali, più spesso di tratta di tartufi, di fanatici del Bene in lotta contro il Male, oggi incarnato da bestioni ignoranti, da stolidi misoneisti che negano il Progresso e le magnifiche sorti della Scienza. È sempre successo che l’idealtipo del nemico possedesse delle caratteristiche ripugnanti, dei tratti nauseanti, fosse sporco tanto da far temere il contagio e l’infezione, costituisse un pericolo da mettere ai margini, in riserve, in carcere, in siti fuori dallo sguardo della brava gente, in modo da prevenire e contrastare la sua infiltrazione e la diffusione dei suoi messaggi mortiferi, ancestrali e primitivi, comunque oscuri e tenebrosi.
Veniva bene dunque l’immagine proposta all’immaginario del nemico 2021, gente maledetta da maledire per via del rischio che comporta, perlopiù immaginario e costruito ad arte sfidando proprio le certezze erogate dalle passerelle televisive e virtuali, i disertori che non si vaccinano o che, vaccinati, sottraggono i figli a doveroso sacrificio, colpevoli di contagi, varianti, restrizioni conseguenti, impermeabili alla voce della Ragione e della Responsabilità personale e collettiva che si manifestano assecondando i voleri delle autorità anche se non hanno dato nessun risultato positivo.
Se non fosse che si comincia a capire che nelle file del nemico si annidano familiari scapestrati che non ci sentono a farsi convincere, soggetti apparentemente assennati, persone normali che hanno compiuto studi regolari, che sanno che Galileo non è il personaggio di una fiction e che la terra non è piatta anche per via di fertili crociere e trasvolate.
Così è più complicato conservare la certezza di aver a che fare con animali, di dover trattare con selvaggi impermeabili alla persuasione virtuosa “di chi sa”, con loro si rischia, non solo di entrare in perniciosi contenziosi, ma di essere malignamente influenzati dalle loro convinzioni che potrebbero avere l’apparenza della verità, tanto è demoniaca la loro potenza.
Quindi è preferibile, anzi, doveroso, passare alla coercizione: zittirli, imbavagliarli; alla minaccia: penalizzarli, emarginarli, licenziarli; all’intimidazione: sottoporli ad anatema ed ostracismo, come è giusto avvenga se si possiede la forza della maggioranza, nel governo, nel parlamento defraudato, nella società rappresentata da un’opinione pubblica che non può permettersi di contenere voci discordanti o gli sterili lamenti delle vittime degli effetti collaterali, sanitari, vaccinali o economici.
È ancora più necessario quando la prevalenza numerica e quantitativa deve aver ragione e stanare quel nemico che si è infiltrato in categorie e professioni ad alto contenuto sociale e “morale”, operatori sanitari, docenti, bersagli di un inevitabile linciaggio e oggetto del ricatto più vile ma più efficace, la perdita del posto, del ruolo, della dignità, necessario, pare, perché è quello irresistibile, ma anche perché mette in luce la loro miserabile umanità di codardi che non possiedono la determinazione per mantenere le loro posizioni.
È arduo sperare che resistano alla pressione vigliacca esercitata perfino sulle mense aziendali di quelli che fino a ieri erano indicati come gli eroi sconosciuti, dediti al sacrificio e all’abnegazione. Insegnanti e personale sanitario hanno dimostrato acquiescenza, rassegnazione, salvo qualche sussulto corporativista. Hanno accondisceso a tagli, demansionamenti, instaurazione di gerarchie con la promozione di figure autoritarie, hanno acconsentito all’avvilimento del loro incarico pedagogico ridotto a funzioni di trasmissione dei principi del mercato, hanno tollerato che si imponesse un’ideologia secondo la quale il merito consiste nella valorizzazione di privilegi ereditati, rendite, fidelizzazione e affiliazione.
Eppure il modo ci sarebbe. Sempre lo stesso, quello di ribellarsi e resistere uniti, compatti, scioperare, non andare a scuola e non vaccinare i propri figli, non sottoporsi al vaglio di controlli illegittimi, avviare i ricorsi, sottoscrivere le azioni dell’Anief e dei gruppi di pressione che si battono contro il lasciapassare, come hanno insegnato anni di lotte prima che la necessità facesse sembrare impossibile la libertà.
ilsimplicissimus / Illustrazione di copertina: Andrea De Sanctis