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E tu, cosa ne sai, per parlare così?

Alcuni amici mi fanno notare che, non avendo alcuna competenza nel campo della medicina, non dovrei parlare dei vaccini. L’obiezione ha un fondamento. Effettivamente, io non posso sapere quali siano gli effetti di questo trattamento, in che misura esso sia utile e quali ne siano le controindicazioni.

Mi trovo, peraltro, nella condizione di quasi tutti (ivi compresi i medici). In questi frangenti siamo in realtà chiamati ad aver fiducia (ma sarebbe meglio usare la parola fede) nella parola degli esperti.

La maggioranza dei miei concittadini questa fiducia ce l’ha. Io, insieme ad un segmento minoritario ma non irrilevante della nostra società, no.

Le ragioni della mia diffidenza non riguardano tanto gli aspetti sanitari (sui quali non mi azzardo ad esprimere un giudizio) ma quelli mediatici.

Quella in corso – lo dico senza timore di essere smentito – è la campagna di disinformazione più pervicace e capillare dell’ultimo mezzo secolo. La vaccinazione viene promossa con le tecniche più sofisticate della propaganda di guerra. Si usa il bastone (la minaccia, per alcune categorie concretamente attuata, di rendere la vita impossibile ai renitenti) e la carota (la promessa di libertà). Si dà al vaccino un valore etico che esso non ha, tanto che persino la chiesa cattolica, la quale in questo periodo sembra aver sostituito la siringa al crocifisso, accetta di diventare ancella della scienza, facendosene il megafono.

I giornali, le televisioni e i social non ammettono opinioni difformi da quella ufficiale. Non si omette soltanto di dire che gli effetti di lungo periodo dei vaccini sono ignoti, ma si censurano, come solo nei regimi totalitari, tutte le notizie sgradite, in particolare quelle riguardanti le reazioni avverse.

Personalità come Milva, Carla Fracci, Burnich, sono morte subito dopo aver fatto il vaccino. Altre si sono seriamente ammalate, tanto da dover essere ricoverate, come Berlusconi , il calciatore Vidal o la modella ventitreenne Erin Willerton. Non è sicuro vi sia una diretta relazione tra questi eventi e il vaccino, ma certo il semplice buon senso richiederebbe un supplemento di indagine e maggiore prudenza. Troppo facile cavarsela, come sta scandalosamente avvenendo in queste ore a riguardo del povero Michele Merlo, dicendo che lo scomparso è stato vittima di una leucemia fulminante (notizia, tra parentesi, sulla quale, per una serie di indizi, non metterei la mano sul fuoco) e tacendo che due mesi fa, come da lui stesso dichiarato, si era volontariamente sottoposto a una sperimentazione vaccinale.

Per di più, quando la relazione tra decesso e vaccino è talmente evidente da non poter essere negata, la notizia viene semplicemente cancellata dai grandi mezzi di informazione e relegata, bene che vada, nella stampa locale.

Negli ultimi giorni si sono consumate alcune tragedie senza che l’opinione pubblica ne sappia alcunché.

A Savona, in quella Liguria dove opera il prof. Bassetti, il grande luminare che pochi giorni fa invitava i giovani a vaccinarsi con la profonda motivazione che “fa moda ed è figo”, una ragazza di 18 anni si trova in fin di vita dopo un’emorragia cerebrale che le è costata due operazioni (1) .

A Pescara un’insegnante di 35 anni è morta improvvisamente mentre andava al lavoro (2)

A Varazze un settantaduenne è deceduto cinque giorni dopo la seconda dose di Pfifer e siccome è risultato positivo al tampone la stampa e le statistiche ufficiali lo collocano tra le vittime del Covid (3).

Nel napoletano un giovane di 32 anni è morto improvvisamente nel sonno (4).

Nel nuorese un giovane di 27 anni, che aveva superato il virus, ha avuto meno fortuna con il vaccino (5)

Potrei continuare ancora, ma sarebbe inutile. Quale che sia la causa di queste tragedie, si può dire con certezza che il sistema informativo è altrettanto sollecito nell’attribuire al covid tutti i tipi di decessi, anche quelli chiaramente dovuti ad altre cause, quanto lo è nel negare alcuna relazione tra le morti improvvise e il vaccino, anche quando tutto lascia pensare che questa relazione vi sia.

In queste condizioni, essendo palesemente falsata la percezione della realtà, risulta impossibile ciò che fino a ieri veniva ritenuto il requisito minimo di qualsiasi atto medico, vale a dire la conoscenza, da parte del paziente, dei vantaggi e delle controindicazioni e la certezza, da parte del medico, che i primi siano nettamente superiori alle seconde.

Nelle migliore delle ipotesi oggi vaccinarsi è un atto di fede e io, che ho abbandonato la fede religiosa da molto tempo, non intendo ora abbracciare la fede scientista, che ha oltretutto dei fondamenti, culturali, morali e antropologici tanto più deboli della prima.

Non renderò omaggio al potere, non bacerò la mano di chi mente spudoratamente e ripetutamente, non baratterò la mia libertà per meschini vantaggi materiali, continuerò a dire quello che penso, finché a quelli come me sarà permesso farlo.

Prof. Silvio Dalla Torre

Illustrazione di copertina: Oivind Hovland

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