Economia,  Società

Green Pass e Green Economy

Quando i significanti servono per nascondere i veri significati.

Quando si sente parlare di “green” le persone immaginano qualcosa di naturale, di ecologico, di sano. Oggi però la parola “green” viene abbinata spesso a qualcos’altro affinché dare all’immaginario collettivo la visione di un prodotto o di un progetto più sana rispetto a quello che poi è realmente.

Pensiamo alla “green economy”. La green economy è un di economia che mira alla riduzione dell’impatto ambientale mediante provvedimenti in favore dello sviluppo sostenibile, come l’uso di energie rinnovabili, la riduzione dei consumi, il riciclaggio dei rifiuti.

Questo è quello che viene offerto all’immaginario collettivo. Nei fatti poi l’impatto ambientale è comunque esagerato, solo che passa dal consumo drastico di una parte di ambiente, al consumo drastico di un’altra parte di ambiente, lasciando la prima parte completamente devastata.

Le energie rinnovabili di cui tanto qualcuno si vanta oggi ad esempio, sono sì energie pulite ma uno, spesso sono permesse da materiali sui quali oggi si schiavizzano dei popoli per la loro estrazione e due, sono permesse da strutture, costruite grazie ad un’esagerata mole di altre strutture, che non funzionano però con le rinnovabili, e che consumano più di quello che poi produrranno le strutture che ne deriveranno. A questo possiamo anche aggiungere che le strutture che consentono la produzione di energie rinnovabili, in futuro andranno smaltite in quantità esagerate, provocando ancora più rifiuti di quelli che già produciamo.

Questo di riflesso offre anche un aumento dei consumi: non una diminuzione.

Idem vale per il riciclaggio dei rifiuti che è un tema preso sempre al contrario. Continuiamo a chiederci come riciclare i rifiuti anziché domandarci: perché non iniziamo a far si che i prodotti che consumiamo producano molti meno rifiuti? Ad esempio lavorando sull’eliminazione degli imballaggi? In una green economy i rifiuti non andrebbero eliminati il più possibile alla fonte?

Tutto questo porta ovviamente a comprendere quanto la green economy venga usata solo come significante e non anche come significato.

Se usassimo la “green economy” anche come significato, vedremmo la liberalizzazione dei brevetti per le energie libere e pulite accessibili a tutti, vedremmo finanziare l’agricoltura sana e condannare l’uso di prodotti chimici per ottenerne quantità maggiori di quelle che la natura può offrirci.

Vedremmo una politica che condanna gli allevamenti intensivi parallelamente alla sensibilizzazione per un consumo di carne più ridotto per tutti.

Vedremmo una politica che limita l’uso di farmaci, promuove e finanzia progetti che formino le persone ad una conduzione di vita più sana, meno ingorda ed un consumo più legato a necessità reali piuttosto che a vizi.

E vogliamo parlare del “Green Pass”? Che cosa ha dell’immaginario “green” il green pass? Ovviamente nulla!

Come si può definire “green” il fatto che serva un lasciapassare per vivere normalmente e che si ottiene iniettandosi ripetutamente un siero o attraverso un test fatto grazie a tamponi aventi diverse componenti plastiche? Ovviamente non si può…ma si trova il modo di dire che è così!

La realtà è che questo “green” associato a “pass” non è stato inserito per dare significati legati all’emergenza sanitaria bensì questa emergenza è stato solo un pretesto affinché introdurlo e per poi lasciarlo valido anche una volta terminata quella sanitaria, in modo da agganciarlo all’imminente emergenza che stanno per proporre ovvero quella “climatica”: un’emergenza climatica proposta dagli stessi Governi che parallelamente, eseguono esperimenti militari da oltre 30 anni, per il controllo climatico di eventuali Paesi da sottomettere in caso di guerra o ribellioni.

Qualcuno ci vede una filosofia green in tutto questo? Io no. Vedo solo dei significanti ben studiati per nascondere i veri significati affinché generare un nuovo uso della comunicazione: il green washing!

Luca Lobina

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Luca Lobina Concept / Comedonchisciotte / Illustrazione di copertina: Gerard DuBois

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