Green Pass: verso il sistema di crediti sociali cinese
Non serve essere degli scienziati per dubitare dell’efficacia sanitaria del lasciapassare, in neolingua Green Pass, termine evocativo del neo-ecologismo pauperista caldeggiato dai fautori del reset del sistema economico globale. Sebbene le evidenze abbiano dimostrato la contagiosità anche della popolazione vaccinata, l’ortodossia del pensiero unico terapeutico non tollera il buonsenso, considerato l’eresia delle eresie.
Qual è il vero obiettivo di tale politica discriminatoria, portata avanti con tanta pervicacia da parte del nostro governo, sulla scia di quello francese, che procede con fermezza e ostinazione, incurante delle veementi e incessanti proteste popolari?
Semplicemente il controllo: non soltanto dei renitenti, esclusi ormai dagli spazi lavorativi e ricreativi, ma ancor più degli obbedienti. D’ora in poi chi ha ricevuto la sacra unzione potrà mostrare la tessera verde per accedere in ogni luogo, dal cinema al treno, dal posto di lavoro alla scuola dei propri figli. Ogni movimento del cittadino avverrà previa esibizione di un codice a barre, tanto che qualcuno ha già pensato di imprimerselo in modo indelebile sul corpo con un tatuaggio, gesto surreale, ma subito rilanciato con entusiasmo dai media. La stessa Greta Thunberg, paladina e icona del mondo neoecologista, si è mostrata su Instagram in un post in cui esibisce soddisfatta un codice a barre fatto a uncinetto, pochi giorni dopo seguito da una foto con mascherina e cerotto, a testimonianza della sua avvenuta vaccinazione.
Non più visto come identificativo di lettura di un prodotto industriale, ma nuovo elemento distintivo dell’uomo nell’era pandemica: lo sdoganamento del codice a barre (o meglio QR code) è avvenuta. Se durante le dittature del passato il lasciapassare consisteva in una tessera cartacea, oggi il nuovo regime terapeutico può contare sul contributo dell’intelligenza artificiale e dei suoi prodigiosi dispositivi di controllo che, grazie alla pandemia, sono divenuti sempre più diffusi e capillari.
Capofila nella sorveglianza digitale di massa è senz’altro la Cina, considerata non a caso il prototipo cui ispirarsi dai fautori del Grande Reset di Davos. E proprio dal Dragone arriva un meccanismo di controllo onnipervasivo della popolazione basato su premi e punizioni: il sistema dei crediti sociali. Si tratta di un meccanismo di monitoraggio e registrazione digitale dei dati che classifica e valuta la popolazione, ispirato a un modello di gestione manageriale della collettività che “permette a chi è affidabile di vagare ovunque sotto il cielo, rendendo difficile per chi è stato screditato di fare un solo passo”.
Il sistema punisce le trasgressioni, che possono includere l’appartenenza o il sostegno a organizzazioni non riconosciute dal governo, atteggiamenti di critica eccessiva al Partito, il mancato o ritardato pagamento dei debiti, ma anche suonare il clacson, non pulire il marciapiede di fronte al proprio negozio o alla propria casa, non essere diligenti nella raccolta differenziata: in pratica tutti quei comportamenti ritenuti illegali o inaccettabili dal governo di Pechino. Le punizioni possono essere severe e includere il divieto di lasciare il Paese, di utilizzare i mezzi pubblici, il check-in negli alberghi, l’assunzione di ruoli lavorativi di elevata visibilità, ma anche connessioni internet più lente e la stigmatizzazione sociale sotto forma di iscrizione in blacklist pubbliche. Allo stesso tempo è concesso rimediare e guadagnare punti, attraverso donazioni di beneficenza, assistenza agli anziani, volontariato per il Partito e altri comportamenti sociali ritenuti virtuosi ed encomiabili. In cambio si otterranno una serie di agevolazioni, dalla migliore assistenza sanitaria all’accesso facilitato al credito, dalla precedenza nelle ammissioni scolastiche ai vantaggi nell’assegnazione di posti di lavoro.
La finalità cui sostiene di ispirarsi il governo cinese consiste nell’esercizio di una funzione educativa e disciplinante della popolazione e l’orientamento dei cittadini verso il compimento del bene comune. Una sorta di Grande Fratello, che non tiene in alcuna considerazione il rispetto della privacy e considera i cittadini come un esercito da irreggimentare, un gregge omologato in cui l’individuo perde la sua identità per conformarsi a quanto predisposto.
Se finora poteva sembrarci un sistema distopico, degno della serie Black Mirror, inconcepibile per la nostra civiltà, oggi la stessa logica permea la funzione del Green Pass: impedire alla minoranza dei cittadini che non aderisce alla nuova ortodossia scientista di svolgere attività fondamentali ed esercitare un controllo capillare sulla restante popolazione. Il fine dichiarato, con il grimaldello della crisi sanitaria, è quello di creare un mondo migliore, un futuro che possa avvicinarsi a quello prospettato da Ida Auken per il 2030: controllati in tutti i nostri movimenti e nelle nostre azioni e persino nei pensieri e nei sogni, ma felici.
Distopia, esagerazione? Forse avremmo pensato lo stesso se solo due anni fa ci avessero pronosticato quanto stiamo vivendo.
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi