
I nani tra le colonne
«Nel secolo di Michelangelo si osò abbattere la vecchia basilica di S. Pietro, che quasi certamente era più bella di quella di oggi. Si aveva fede nella bellezza che si costruiva; e noi no. C’è uno iato; l’arte si è fermata. Noi siamo i nani tra le colonne, ammiriamo sterilmente ciò che non sappiamo fare.
In fondo la nostra generazione non crede in nulla. Quelle del Rinascimento credevano almeno negli dèi pagani o nel culto della bellezza, credevano in alcuni casi, forse, nella rinascita dell’arte classica, nel cristianesimo, per esempio, quale è suggerito dagli affreschi di Raffaello; gli antichi credevano nei grandi secoli, nella loro religione; e i secoli della media età nella loro; e tutti ebbero un’arte rigogliosa. (…)
L’opera d’arte, entro l’era storica in cui è nata, genera infinite altre opere, anche più grandi di essa. Ma quando la catena si è spezzata, quando la linfa vitale è asciutta, sono inutili i pianti. Non bisogna piangere sulla tosse, ma, semmai, sui polmoni rovinati. Non piangiamo sulle bombe atomiche, ma sulla nostra generazione che sa adoperare quelle e le altre energie soltanto per distruggere, perché ha voltato le spalle ai valori umani e si è inginocchiata davanti ai falsi dèi.
Non bisogna cercare i sacchi di sabbia e le volte sotterranee di acciaio per salvare i nostri tesori; bisogna cercare una fede, bisogna cercare di rimettere Dio sugli altari e proteggere la dignità umana. Vedo i nostri musei sotto il segno di una generazione che non sa più figliare. Col cuore artificiale, con sapienti iniezioni, si mantengono vivi, per mezzo di infermiere decrepite quanto loro, immobili vegliardi sdraiati in perpetuo dormiveglia con un cuore di gallina al posto del proprio e respiranti entro polmoni d’acciaio. Ancora per molto?».
Così scriveva molti anni fa il poliedrico scrittore americano Henry Furst, in uno scritto dal titolo “Nostalgia artistica”. Non aveva tutti i torti, al netto di un certo gusto icastico e provocatorio. Morto nel 1967, non poteva sapere, però, quello cui stiamo assistendo noi: un nuovo dio è alla fine arrivato ed il suo culto si sta diffondendo rapidamente, cancellando monumenti del passato e abbattendo statue, modificando la lingua in modo censorio e prescrittivo, mettendo all’indice libri e film o corredandoli di appositi warning (ri)educativi. Gli esempi sono molti e sconfinano dai limiti di un post, ma ciascuno di noi agevolmente ne potrà pensare un certo numero.
Come chiamarlo? Si accolgono volentieri proposte e per ora provvisoriamente ci accontentiamo di indicarlo come il Grande Pensiero Corretto Universale e Riformatore.
Forse era perfino meglio, al confronto, il “perpetuo dormiveglia con un cuore di gallina” che rabbrividiva Henry Furst…

Gorgoni psicoanalitiche
Illustrazione di copertina: Stephan Schmitz

