Identikit del No-Vax o del come costruire un capro espiatorio
Tra le operazioni più sconcertanti avvenute in questi ultimi mesi si distingue per infamia la costruzione mediatica della categoria “No Vax”, che è stata estesa fino ad abbracciare tutti coloro i quali sono restii a sottoporre sé o i propri figli alle attuali inoculazioni anti-Covid.
Ora, la categoria “No Vax” era emersa in passato con riferimento a vaccini tradizionali, e, a torto o a ragione, era stata utilizzata dai media per identificare individui genericamente avversi alla pratica della vaccinazione in quanto tale. Essendo difficilmente dubitabile che varie vaccinazioni in passato, a partire dall’antivaiolosa, abbiano dato un importante contributo alla salute pubblica, si è costruita così un’idea del “No Vax” come un soggetto irrazionale, che si muove secondo un’agenda antiscientifica.
Nella fase più recente è avvenuto un salto di qualità nell’utilizzo della categoria, che si è trasformata in un termine pesantemente denigratorio e sprezzante, rivolto a persone che a questo punto non erano semplicemente definite dalla loro “ignoranza” ed “antiscientificità”, ma anche dal loro “egoismo”, perché, si diceva: non vaccinandosi mettevano a repentaglio l’immunità di gregge; o non vaccinandosi avrebbero diffuso il virus; o non vaccinandosi avrebbero occupato le terapie intensive. Che la prospettiva dell’immunità di gregge sia svanita da tempo, che anche i vaccinati diffondano il virus, e che anche i vaccinati occupino letti di terapia intensiva sono fatti che non sembrano aver sortito alcun effetto sull’opinione pubblica, la quale, aizzata quotidianamente, ha creato uno stigma feroce nei confronti dei non vaccinati, secondo il classico canone dell’“untore”.
La dinamica che si è avviata, e che è sostenuta costantemente in maniera incredibilmente irresponsabile da istituzioni e media, è quella della costruzione di un “nemico interno”, ritenuto moralmente inferiore, e dunque atto a fare da capro espiatorio dei mali del paese.
Il sistema sanitario collassava prima del Covid (ci sono i titoli dei giornali a ricordacelo, dove si lamentava il rinvio di operazioni programmate durante i picchi dell’influenza stagionale), tuttavia se oggi a due anni da inizio pandemia, il sistema sanitario fa acqua da tutte la parti, questo non è colpa di mancati investimenti, ma dei No Vax.
Lo stato ha deciso restrizioni che si sono spesso dimostrate inutili, danneggiando così l’economia e limitando la libertà delle persone; dopo due anni, con il 77% della popolazione vaccinata (87% dei vaccinabili) decisioni statali sempre identiche a sé stesse, dalle mascherine all’aperto alle classi in quarantena, alla minaccia dell’ennesimo lockdown a capocchia, sono ora, grazie al cielo, colpa dei No Vax.
Possiamo essere fiduciosi che quando i consumi riprenderanno a stagnare in presenza di un’inflazione esogena (dovuta all’aumento dei costi dell’energia), anche questo riuscirà ad essere imputato e scaricato sui renitenti al vaccino, sui dissenzienti, senza i quali saremmo ritornati ad una dorata normalità, che assume sempre di più i tratti di una mitica età dell’oro.
Di fronte a una refrattarietà al vaccino che viene presentata come una sorta di follia, una pazza e irrazionale sfiducia nella Scienza, si moltiplicano le descrizioni dei No Vax come un gruppo a parte. Come si sente risuonare in molte parole anche ai massimi livelli, essi non sono più cittadini come gli altri. Troviamo sui giornali “identikit dei No Vax” dove si va da condanne morali (egoisti) e peana sulla loro ignoranza, ad esplicite istanze di psichiatrizzazione.
Quest’ultimo passo è particolarmente significativo: trattando il soggetto dissenziente come un soggetto da indagare sotto il profilo della terapia psicologica o della psichiatria, ora esso non è più considerato una persona autonoma, ma diventa un oggetto di studio, non è più un soggetto mosso dalle proprie ragioni, ma un oggetto che reagisce a cause interne, da disinnescare. Nella concettualità moderna, questa è la mossa finale nella costruzione di un gruppo destinato a divenire un capro espiatorio: i suoi partecipanti vengono separati dall’umanità ordinaria, vengono disumanizzati. O vengono disumanizzati in termini morali (si sprecano le invettive, le espressioni di disgusto, le minacce anche da parte di personaggi prominenti), o vengono disumanizzati in termini mentali (non sono davvero padroni delle proprie azioni, ma vittime di pulsioni oscure, pregiudizi o distorsioni cognitive; sono malati che non sanno di saperlo e che, a maggior ragione, meritano un trattamento sanitario obbligatorio.)
Le analogie di questa dinamica psicologica con eventi drammatici del ventesimo secolo, eventi che ritenevamo superati per sempre, è sorprendente, come è sorprendente che gente che fa a gara a darsi reciprocamente medaglie di antifascismo non lo veda minimamente. È ovvio che contesti e premesse sono diverse, lo sono sempre, visto che la storia non si ripete mai identica. Però questo non deve distogliere lo sguardo dalle analogie. Quando in questi casi sento brandeggiare l’argomento che in quei tempi bui si parlava di pregiudizi irrazionali, come il “razzismo”, mentre oggi è la Scienza a parlare contro l’Irrazionalità, non posso che ricordare sommessamente che il “Manifesto della Razza” del 1938 venne firmato da alcuni tra i più eminenti scienziati dell’epoca, che nelle università c’erano cattedre di “scienze della razza”, e che il “razzismo scientifico” è scomparso solo con gli esiti della seconda guerra mondiale.
Tutti sono dei fuoriclasse quando si tratta di formulare giudizi a babbo morto, e a ballare sulla tomba del nemico sconfitto. Il problema è capire le cose quando ti stanno davanti agli occhi, non quando ti vengono date premasticate in un libro di storia. È del tutto ovvio, e del tutto sterile, rimarcare che le cose ad un secolo di distanza sono diverse. Il punto è vedere la pericolosità di ciò che è simile, soprattutto quando la similitudine tocca punti cruciali nella costruzione del giudizio pubblico.
La dinamica in cui una parte della popolazione: 1) viene deprivata selettivamente di diritti primari, 2) viene descritta come moralmente o mentalmente inferiore, e 3) viene utilizzata come capro espiatorio dei problemi di una società, questa dinamica è inconfondibile e pericolosissima.
Ecco, fatte queste premesse, ciò che credo sia necessario ora fare, prima che sia troppo tardi, se non lo è già, è capire che la costruzione dell’immagine del No Vax nel contesto attuale è un gravissimo falso, è letteralmente una forma di diffamazione collettiva ai danni di una minoranza, che in seguito a questa diffamazione viene offesa, discriminata, e sottoposta ad una pressione psicologica ai limiti della tollerabilità.
Le motivazioni che portano e che hanno portato molti milioni di persone a resistere alle attuali inoculazioni sono motivazioni molteplici, incardinate in una miriade di condizioni personali, motivazioni che avremmo dovuto avere la capacità di rispettare, non essendo direttamente accessibili agli altri. Il fatto che invece di fare lo sforzo di ascoltare le ragioni, i timori, i dubbi motivati degli altri, invece che prendersene cura, sia stata adottata “nel nome dell’emergenza” una risoluzione bellica del tipo amico-nemico, dove chi non si trova dalla parte degli ossequianti e degli ottemperanti va stigmatizzato, disprezzato e punito, questo è un fatto di gravità inaudita.
Per rendere in qualche modo visibile a tutti quelli che si sono esibiti in questi mesi in giudizi sprezzanti e aggressivi verso una minoranza, e per sperare che abbiano modo di ravvedersi (e anche, diciamolo, di vergognarsi), ho raccolto un po’ di testimonianze di persone che vengono etichettate come No Vax in quanto sono restie ad accogliere le attuali inoculazioni. Mi sono arrivate in poche ore una quantità ingestibile di storie personali. Ne ho escluso quelle ovvie (per dire, che donne in gravidanza siano restie a vaccinarsi con un prodotto poco testato e senza casistica specifica è ovvio per chiunque abbia una coscienza, e ad altri non sono interessato a rivolgermi). Ne presento qui di seguito solo una ventina, perché alla fin fine cambia la forma del dubbio, cambia il problema personale, cambia la motivazione scientifica, ma resta una struttura di fondo. C’è una ricorsività legata a condizioni di salute che presentano incognite, e rispetto a cui non esistono studi disponibili. Dai casi che ho avuto modo di leggere l’atteggiamento ricorrente del ceto medico è stato quello di una sottovalutazione forfettaria: grandi pacche sulle spalle basate sul nulla, e spesso motivate in termini burocratici.
Quello che resta come retrogusto è un kafkiano senso di impotenza di fronte ad una forma di bullismo di stato che nessuno credeva possibile.
[N.B.: Ho riportato le storie come mi sono arrivate, salvo piccoli aggiustamenti formali e salvo l’eliminazione di ogni informazione che in qualche modo potesse rendere identificabile lo scrivente]
***
• F. P.
Sono stato operato più volte per aneurisma cerebrale al sifone carotideo sinistro, situazione instabile sotto costante monitoraggio. Dopo aver letto che nell’anamnesi da fornire per il consenso informato alla vaccinazione con il prodotto di Pfizer-Biontech c’è scritto: “Ha avuto attacchi di convulsioni o qualche problema al cervello o al sistema nervoso? Ho serenamente pensato: a) di fare parte delle categorie esentate dal vaccino; b) che il farmaco fosse tra quelli verso cui fare attenzione; c) che potessi scegliere liberamente di non vaccinarmi in base al principio di precauzione e non ho chiesto pareri medici. – Quando a ottobre si è iniziato a parlare di “pass” per l’ingresso a lavoro, e nonostante possa lavorare in “smart working” almeno fino al 31 dicembre, ho deciso di chiamare il medico di famiglia.
Riporto sotto forma di dialogo la parte saliente della telefonata, alla quale, fortunatamente, ha assistito anche mia figlia:
Medico – “Se fosse per me non ti farei vaccinare, se vieni e mi chiedi il vaccino per la meningite ti caccio dall’ambulatorio. E anche il vaccino per l’influenza comune a te non lo farei fare. Ma questo lo devi fare perché ci sono problemi burocratici che poi non ti fanno più campare, nemmeno al lavoro puoi più andare”
IO – “Ma come, con le mie patologie pregresse non ci sono controindicazioni?”
Medico – “No, no… fattelo il vaccino, fattelo… al massimo può essere che muori… “
Io – “Ma…”
Medico – “Eee scherzo, che vuoi che ti faccia! Poi te l’ho detto, con tutti i problemi burocratici non campi più”
IO – “E per mia figlia che ha 21 anni’”
Medico – “Eh… per lei ti dico che è meglio se si fa il Covid. Mandala da qualcuno malato, tanto a quell’età non gli fa nulla, e poi quando è guarita va avanti per sei mesi”
IO – “…”
• S.Q.
Mia moglie ha fatto una dose di Astrazeneca a marzo, una settimana dopo che la avevo fatta io. Era scettica ma vedendo che a me non ha fatto nulla ha accettato (siamo entrambi insegnanti). È cominciato il disastro: 4 giorni distrutta sul divano e da allora una neuropatia principalmente localizzata sul trigemino ma che coinvolge anche i nervi delle braccia all’occasione, più stanchezza e vertigini croniche. – Ha disdetto la seconda dose, quindi non ha avuto il pass e ha perso il lavoro, perché nella scuola privata in cui lavora hanno rifatto i contratti solo a docenti vaccinati per “vendere’ anche l’idea di sicurezza.
• R.B.
Le espongo il caso di mio figlio, 13 anni con ADHD DOP e in cura con un farmaco piuttosto pesante, il metilfenidato, che causa accelerazioni cardiache e aumento della pressione arteriosa. Ho chiesto al centro dove è in terapia di fornirmi gli studi che mi documentassero la non interazione tra farmaco e vaccino. La risposta è stata che questi studi non c’erano, ma che potevo farlo vaccinare perché altri giovani pazienti in cura da loro si erano vaccinati senza riportare effetti collaterali. Un po’ azzardata come risposta e niente affatto rassicurante visto che io, che ho fatto la seconda dose di Pfizer sono stata malissimo per un mese e il mio medico non ha voluto mandare la segnalazione. L’ho fatto io e con molta difficoltà. Detto ciò vorrei semplicemente sapere, su quali basi io genitore, dovrei firmare una manleva in cui mi assumo la responsabilità dei rischi che graverebbero su mio figlio senza che ci sia nemmeno una statistica che comprovi un effettivo vantaggio costi/benefici. Risultato, mio figlio sta andando fuori di testa perché non può fare sport, non può andare in piscina, non può andare al cinema o al campetto dell’oratorio. Però, di contro, sale ogni mattina su una metropolitana stracolma per entrare in una classe di trenta persone in una scuola fatiscente che ha i banchi a rotelle, ma chiude per una settimana perché si allaga quando piove. Ogni altro commento credo sia superfluo.
• A.A.
A 13 anni sono stata operata al cuore per un difetto congenito (ora ne ho **). Da allora è sempre valsa la raccomandazione di fare profilassi antibiotica per praticamente qualsiasi cosa potesse in qualche modo causare pericarditi o miocarditi (ad esempio alcuni interventi del dentista). Ora, nonostante gli svariati casi di miocardite e pericardite causati dal vaccino, mi viene detto che “va fatto”. Anche perché “il Covid è peggio”. Per me contraddice tutte le istruzioni ricevute negli anni di stare attenta a qualsiasi cosa potesse causarmi un’infiammazione al cuore. – Amici e colleghi si sono dimostrati poco comprensivi affermando che al posto mio loro la rischierebbero se il medico dice che va bene. – Io non riesco però a fidarmi. Se mi succede qualcosa e devo vivere con il cuore di un’ottantenne per il resto della vita…
• C.G.
Io ho tiroidite di Hashimoto ed endometriosi, ho chiesto al mio medico se potevo avere esenzione per la patologia autoimmune e mi ha risposto che, anzi, sarei paziente “fragile” (ho quaranta+* anni) e a maggior ragione dovrei farlo. Il mio compagno ha la sclerosi multipla, è allergico ad alcuni farmaci ed è in fase di accertamenti per un sospetto problema cardiaco, ma anche nel suo caso il medico ha negato esenzione (tutto a voce ovviamente) nonostante gli sia fatto notare che la sindrome cardiaca da accertare comporti anche correlazioni gravi con alcuni antibiotici/farmaci. Non ci pensiamo minimamente a vaccinarci. Non siamo no-vax per partito preso, semplicemente non ci fidiamo di un approccio che non tiene minimamente conto dei rischi del singolo individuo ma fa di tutta l’erba un fascio, ignorando completamente il fattore umano e spingendo le persone a subire qualcosa di cui hanno paura. Io ritengo che nulla dovrebbe essere accettato attraverso la paura; non può essere benevolo un approccio simile. Ogni trattamento andrebbe valutato singolarmente e in modo attento, ma i medici usano solo parole come “fiducia” a sproposito, trattando le persone come bambini di 4 anni che non hanno diritto a fare domande e comprendere. La questione peggiore a parere mio è la deresponsabilizzazione da parte di chi ha prodotto questi vaccini e dei medici stessi, perché dovrei prendermi io cittadino la responsabilità di un qualcosa che mi si vuole imporre con la forza? Questo fa decadere ogni barlume di fiducia. Più diventano crudeli e vessatori e più sono certa che sottrarsi a questo “trattamento” sia l’unica cosa giusta da fare.
• E.C.
Io ho in anamnesi due trombosi cerebrali pregresse di origine iatrogena e natura autoimmune (analoghe a quelle di Camilla Canepa). Sono viva per miracolo e sana ormai da anni, dopo che le vene sono tornate pervie dopo più di un anno di terapia anticoagulante, fortunatamente confutando le previsioni disastrose che mi erano state presentate. Un caso emblematico che logica vorrebbe ricevesse esenzione. Le direttive ministeriali invece non concedono esonero.
• M.B.
Io ho 43 anni. Da diversi anni soffro di gotta, che però è sotto controllo. A febbraio 2020 iniziano a gonfiarsi gli occhi. Purtroppo, il periodo è il peggiore e non riesco a farmi visitare da nessuno, nemmeno privato, per un paio di mesi. Mi viene infine diagnosticato il morbo di Basedow-Graves, una malattia autoimmune associata spesso da ipertiroidismo. Vengo quindi seguito dal primario di endocrinologo dell’ospedale ******, dott. ******. La terapia nei mesi ha portato a: boli di cortisone ad alto dosaggio, radioterapia agli occhi, e in un ultimo tentativo con il farmaco monoclonale Rituximab, che notoriamente provoca piastrinopenìa (scarsità di piastrine) e sostanzialmente abbatte i linfociti B (ovvero il sistema immunitario). Prima di farmi somministrare il farmaco, dato il fatto che era così dannoso per il sistema immunitario in un periodo di pandemia, iniziai a farmi assistere anche dal Prof. *****, primario dell’ospedale ******, specializzato nelle malattie endocrine. Ad entrambi chiesi se fosse il caso di fare il vaccino dopo la somministrazione del Ritiximab, ed entrambi mi dissero di aspettare tutt’al più 15gg, ma che non vi sarebbero stati problemi e che anzi era consigliato farlo perché il mio sistema immunitario era stato compromesso dal farmaco monoclonale. Aspettai più di un mese e poi andai a farmi il vaccino. Al ragazzino messo a fare l’anamnesi al centro vaccinale dissi subito che avevo una malattia e portai tutti i documenti, ma lui non sapeva nemmeno come si scrivesse il nome della patologia, e mi disse che mi avrebbero fatto il Pfizer “per sicurezza”. Iniziai subito a peggiorare ancor più e ormai ero quasi cieco. Andai due volte al pronto soccorso ma nessuno valutó i sintomi del trombo, mal di testa e fotofobìa. In seguito mi rivolsi all’unico chirurgo in Italia capace di affrontare il mio caso, il quale si accorse fin da subito che qualcosa non andava. Emerse che avevo fatto un trombo a causa del vaccino somministrato troppo in concomitanza con il monoclonale. Per fortuna l’evento trombotico ha coinvolto le vene oftalmiche superiori, perché se avesse toccato i seni cerebrali, non sarei quí a raccontarlo. Ora devo ancora riprendermi dalle delicatissime operazioni chirurgiche (effettuate in via privata e costate 30.000 €), ma appena mi riprendo dovrò confrontarmi con la mia usl per farmi esentare dalla terza dose, e sicuramente dovrò fare una battaglia.
• C.P.
Sono un’insegnante di quaranta+* anni. Non sono vaccinata e non mi vaccinerò perché ho avuto un tumore, adesso guarito. Non sono stati fatti studi in merito e io ho il terrore che il mio organismo, che adesso ha trovato un equilibrio, possa essere aggredito dallo stato infiammatorio causato dal vaccino e si possano slatentizzare tendenze che al momento sono tenute sotto controllo. Ho pagato a mie spese degli esami immunogenetici e relativa relazione (430 euro), da cui emergono, inconfutabilmente e scientificamente, familiarità con trombosi, malattie autoimmuni, tumori e difficoltà del mio organismo a gestire gli stati infiammatori. Il mio medico di base mi ha detto a voce (mi mangio le mani per non averlo registrato) che nel mio caso il rischio/beneficio è sfavorevole, ma lui non può farci niente (?). Non lo mette per iscritto e rimanda la decisione a un medico vaccinatore, che naturalmente non mi esonera da nulla, perché non rientro nei casi elencati dal ministero. Questa è la mia storia di “no vax”, con due figli interamente vaccinati e il lavoro sospeso se non accade qualcosa entro due settimane.
• G. A.
Io ho una malattia autoimmune, per fortuna non invalidante, ho la tiroidite autoimmune: praticamente produco anticorpi che hanno danneggiato la mia tiroide, che non è più capace di produrre ormoni, che devo assumere per via orale. Non mi vaccino per diversi motivi: vivo in un posto con densità abitativa bassa, ho 45 anni non fumo, non bevo, mangio bene e sano, sono normopeso, non ho patologie respiratorie o patologie gravi. Avendo questa patologia autoimmune, se pure non invalidante, ho paura che l’equilibrio del mio sistema immunitario a furia di fare dosi e richiami, possa risentirne e possa aumentare la probabilità di insorgenza di altre patologie autoimmuni, magari invalidanti.
• R.G
Sono un’insegnante, quindi sono stata tra i primi a vaccinarmi, subito dopo i medici. dopo la prima dose ho avuto tre giorni di febbre alta, ma il peggio è accaduto dopo la seconda dose: tre giorni di tachicardia pesantissima e costante, un mese di debolezza estrema durante la quale facevo fatica a fare due passi, mi veniva subito il fiatone e i sudori freddi. Ho segnalato tutto al mio medico, che mi ha risposto essere queste reazioni abbastanza comuni. Comunque, tutto sommato ero contenta di essermi vaccinata, e pensavo di essere a posto per sempre. Quando é venuta fuori la storia della terza dose, mi sono detta che non l’avrei fatta: avevo già rischiato abbastanza, sentivo che al mio fisico quel vaccino faceva male, anzi malissimo. – Il mio medico di base, da me interpellato, afferma di non potermi esonerare dalla terza dose. Le ho chiesto se avesse segnalato i miei eventi avversi, e mi ha risposto di non averlo fatto perché ai medici di base non è richiesto di segnalare nulla; non esiste una piattaforma di comunicazione tra loro e il Ministero, nulla viene richiesto. Mi ha detto che chi vuole farsi esonerare deve rivolgersi a una apposita commissione ministeriale, ma mi ha anche detto che questa respinge tutte le richieste, accogliendo solo quelle di chi ha avuto shock anafilattico. Mi ha pertanto sconsigliato di rivolgermi a tale commissione, perché sarebbe totalmente inutile.
• M.M.
Mi è stata diagnosticata anetodermia/atrofodermia su base autoimmune (ANA positivi). Sono seguita dal 2008 circa dal reparto reumatologia per sindrome di Raynoud (per cui ho esenzione ticket), ho sofferto di proteinuria (e quindi seguita anche a livello nefrologico per un po’). Il medico di base, mi invita alla vaccinazione senza alcuna controindicazione… ma io ho dei dubbi. Contatto reumatologia con una mail (verso marzo 2021) e mi ricontattano telefonicamente, rispondendomi che non ci sono controindicazioni per vaccinarmi (ma perchè non mi rispondi via mail, mi chiedo? tutti che parlano.. nessuno che scrive). Non sono ancora covinta… Scoppia il caso Astrazeneca… e i miei dubbi aumentano. Riesco, per vie traverse a contattare un medico del Trentino, che dopo aver visionato tutti i miei esami e una lunga telefonata di oltre un’ora, mi rilascia certificato di green pass ed esenzione…. che però, attenzione attenzione, secondo il mio datore di lavoro non vale, perchè non è medico vaccinatore. Vado dal mio medico di base a chiedere esenzione, ma lui mi risponde che non avendo sufficienti pazienti, non gli hanno dato le fiale per vaccinare. Quindi accoglie e si fotocopia la visita specialistica, ma non mi rilascia alcun certificato. Mi armo di santa pazienza e vado scrivo all’Hub vaccinale della mia città, ma il medico che può rilasciare esenzioni non c’è, devo inviare e-mail. Dopo un mese e mezzo di attesa (e io ho continuato a fare tamponi), vado di persona, in un centro più grande, ma il medico non c’è, devi prenotare il vaccino…ecc.. Mi reco presso Hub di una grande città e mi danno udienza. Chiedo che il certificato rilasciato dallo specialalista venga confermato anche da loro, che sono medici vaccinatori… Ma secondo loro, io dovrei essere già alla terza dose, perchè sono soggetto fragile e per la mia patologia non sono previste esenzioni…. Mi però concede del tempo per fare ulteriori accertamenti. Ho un differimento di un mese. Nel frattempo faccio ulteriori esami, ma essendo specifici c’è bisogno di tempo per avere esiti… Nel frattempo il differimento scade e riprendo a fare tamponi. Al momento sono in attesa di avere esiti, nuova visita da medico privato e poi mi rivolgerò a quello di base, nella speranza di ottenere un’esenzione definitiva….
• M.G.
Ho 53 anni, sono in salute, non fumo, non bevo, faccio regolarmente attività fisica e nel mese di aprile, dopo che il mio compagno aveva avuto il Covid in forma sintomatica non grave (indicazione del nostro medico di base di assumere tachipirina e vigilare) e con long covid, con assenza di olfatto tuttora presente, ho effettuato un sierologico da cui è risultata la positività degli IGG, mentre il tampone molecolare di fine quarantena (unico effettuato dalla asl) era negativo. Quindi per la Asl non sono mai stata positiva, ma evidentemente ho avuto l’infezione in forma asintomatica. Quindi, in considerazione di tutto ciò e del fatto che un evento avverso grave da vaccino determinerebbe un grave danno dal punto di vista economico, essendo libera professionista, ho preferito non vaccinarmi.
• S.D.
Purtroppo dal 2010 mi è stata riscontrata una malattia autoimmune che coinvolge le piastrine provocandone un abbassamento (Trombocitopenia autoimmune), le lascio immaginare le conseguenze, le terapie e l’angoscia che mi hanno colpita a soli venti+* anni. Da qualche anno sto seguendo un percorso per evitare farmaci in quanto anche un semplice antibiotico mi provoca l’abbassamento piastrinico. Grazie a questo percorso sto meglio, ma la malattia rimane cronica oltre che rara. Con il tempo mi è stata riscontrata anche una tiroidite autoimmune e un’altra malattia reumatologica sempre autoimmune. Inoltre sono allergica a moltissimi farmaci. Ad Aprile 2021 il medico di base mi ha rilasciato una certificazione in cui dichiarava la mia situazione e sconsigliava la vaccinazione. Quando mi sono recata al centro vaccinale mi è stato espressamente detto che quel certificato non aveva alcun valore, anzi si trattava di ” carta straccia”. Mi è stato detto che avrei potuto procedere con la vaccinazione senza alcun problema, che a loro non sono pervenute segnalazioni in merito. Tutto questo mi ha lasciato perplessa in quanto conosco persone con la mia problematica a livello piastrinico, che dopo aver proceduto con il vaccino hanno avuto seri problemi con piastrine sotto la soglia di sopravvivenza e conseguente terapia. Il medico vaccinatore mi ha detto che l’unica motivazione per esentarmi momentaneamente era di procedere con visita allergologica e di fare nel frattempo degli ulteriori accertamenti relativi alle altre malattie. Sono andata a casa con un’esenzione fino al 30 Novembre per valutazione allergologica. Il giorno dopo mi hanno tempestivamente chiamata i medici per valutare la mia situazione allergologica. Mi è stato detto che sarei potuta andare in ospedale per la valutazione e che avrei in ogni caso proceduto con la vaccinazione essendo in un ambiente protetto. Ho preferito rifiutare la loro proposta e procedere in autonomia. Le visite le avrò con l’anno nuovo, ma purtroppo conosco già eventuali esiti. Ho pianto molto in questo periodo, la sofferenza è molta e anche la paura, inoltre sono un’insegnante e con l’introduzione dell’ obbligo a scuola rischio di perdere il lavoro. Sono disposta a perdere il lavoro ma non posso rischiare di aggravare la salute. Ho visto una totale assenza di empatia, di valutazione, inoltre non hanno voluto guardare nessuna cartella clinica che avevo portato per capire più da vicino quale potesse essere il mio ” caso”.
• S. B.
Ho 56 anni, laureato in **** ed ho anche finito ****** senza sostenere la tesi. Sul finire del 2014 mi è stata diagnosticata la SLA dal prof. ***** e dal suo gruppo. Come saprà la ricerca fatica a costruire un modello complesso della malattia e a trovare una cura. Non per questo ho avuto l’arroganza di abbandonare i neurologi, che mi hanno in carico e che periodicamente mi visitano, ma che non hanno per me alcuna cura. Ho rifiutato da subito il riluzolo, unico farmaco approvato, poco utile ed epatotossico. Ho condotto per mio conto un’anamnesi e ricerche varie che mi hanno portato a trovare diversi malati lungo-viventi statunitensi che hanno condiviso sul web le loro esperienze, a cui mi sono ispirato per costruirmi un personale regime di cure: dieta, integratori, attività fisica, qi gong, agopuntura, meditazione, psicanalisi. Il prof. ***** ritiene che io abbia intercettato qualche meccanismo della malattia visto che sono vivo e autonomo a sette anni dalla diagnosi. Vengo al vaccino Covid. La SLA è una malattia complessa con aspetti neurologici, immunitari, metabolici ed endocrini (per rimanere al solo livello del Bios) inestricabilmente coimplicati. Gli aspetti immunitari sono molto rilevanti e la letteratura scientifica in merito è ampia. Ho cercato documentazione specifica sul rapporto vaccino Covid – SLA senza però trovare granché. Mi sono confrontato con due dei neurologi che mi hanno in cura e con il mio medico di base ma nessuno di loro è stato in grado di dirmi qualcosa di risolutivo a favore o contro l’utilizzo del vaccino nel mio caso. Pur consapevole dei rischi che potrei correre contraendo il Covid ho deciso, in base a quanto le ho esposto, di non vaccinarmi.
Ho chiesto al mio medico di base, che è medico vaccinatore, se mi potesse esentare. Mi ha chiesto una relazione del neurologo il quale a sua volta mi ha risposto che era responsabilità del medico vaccinatore l’eventuale esenzione. Circolo vizioso, fine della storia.
• L. G.
Sono affetta da mutazione genetica del pannello trombofilico. Probabilmente per questo (la scienza come si sa non è mai esatta e certa) in passato ho avuto aborti spontanei e subito ben tre interventi, sempre per accertamenti dopo i ripetuti aborti ho scoperto alterazione dell’immunità cellulare. Nella successiva gravidanza ho fatto terapia cortisonica e anticoagulante per mesi e finalmente la gravidanza è andata a termine. Il mio medico curante di fronte alla mia richiesta, non di esonero ma di ulteriori accertamenti prima di farmi vaccinare, mi ha inviato dallo specialista. Lo specialista (unico che ho consultato) mi ha prescritto un esame ematico, ma non ha sconsigliato né tanto meno esonerato dalla vaccinazione. Inoltre le segnalo che il mio sindacato ci informa che anche in caso di esonero non è possibile continuare a svolgere la professione sanitaria, che esercito, ma che per non perdere lo stipendio possiamo solo essere demansionati…..
• C. L.
Ho due figlie con mutazioni genetiche ematiche determinanti trombofilie gravi. Una ha avuto un ictus a 17 anni in concomitanza con la somministrazione dell’anticoncezionale orale. Segue terapia di eparina per poter volare. Pensare ad una gravidanza è una follia, ce l’hanno detto per 10 anni che sarebbe possibile solo in seguito ad una profilassi. Entrambe seguite da piccole al Bambin Gesù in ematologia sono andate ora, a ** e ** anni, a chiedere esenzione e hanno ricevuto un nulla osta alla vaccinazione con dicitura: in caso di trombosi seguire la prassi.
• V. M.
Soffro di allergia alimentare a crostacei e polpo (con episodio di shock anafilattico risalente a due anni fa), allergie a pollini e acari; neuropatia periferica accertata con elettromiografia nel 2013; ipermobilità articolare (HSD) con attuale indagine per eventuale diagnosi sindrome Ehlers-Danlos (condizione genetica che rende il tessuto connettivo più morbido e malleabile, causando numerosi problemi per quanto riguarda la risposta immunitaria e il corretto funzionamento degli organi interni, tra cui cuore e intestino). Ho avuto una reazione avversa a distanza di una settimana rispetto a vaccino anti-influenzale, anno 2018: ricomparsa e ri-cronicizzazione di dolore cronico al sistema nervoso periferico dopo 3 anni di completa assenza di dolore. La ricronicizzazione ha richiesto due anni e numerosi interventi terapeutici per rientrare. Nel 2018 avevo venti+* anni. Come immagina, mi è stato suggerito dal medico di base di recarmi dai vari specialisti per richiedere esenzione (perché lui non avrebbe potuto aiutarmi, naturalmente, a detta sua). Dato che trovo immorale che si debbano spendere ulteriori tempo e denaro, con la speranza di incappare in un medico di rigorosa formazione ippocratica, per vedersi riconosciuto quantomeno il diritto alla cautela rispetto a un organismo già in equilibrio precario, ho deciso di non far parte della giostra e rinunciare in partenza.
• T. R.
Nel dicembre 2020 accuso sintomi di forte dolore pelvico. Visti più specialisti senza arrivare a diagnosi alcuna. Speso molti soldi perché sempre ho dovuto ricorrere al privato. Mi sono infine rivolto ad un fisioterapista specializzato nel pavimento pelvico, che ha ipotizzato una neuropatia del pudendo secondaria a contrattura muscolare. La diagnosi è per esclusione. Gli specialisti nel settore in Italia saranno tre o quattro. Perciò una diagnosi certa non c’è. Sono tutt’ora in cura fisioterapica. Spendo circa 400€ mensili in cure. Più integratori vari. Spendo inoltre 15€ ogni due giorni per i tamponi. Sono operaio. Trenta+* anni. Due figli piccoli. Non mi vaccino per i seguenti motivi: 1) sono profondamente adirato e deluso per il malfunzionamento complessivo del sistema sanitario, specialmente quello di base. Il medico di base fatica a prescrivere esami e a proporre idee terapeutiche. È ormai un mero compilatore di ricette. Gli specialisti invece sembrano non conoscere il concetto di malattia funzionale. Se per loro non c’è evidenza strumentale, il malessere semplicemente non esiste. Il che è grave, se si considera il costo di una visita privata. Quindi sì, ho scarsa fiducia nella medicina contemporanea, o quantomeno del sistema medico che ho incontrato. 2 ) Non mi pare sensato, senza diagnosi dopo un anno, e come verosimile paziente neuropatico, accettare un farmaco che presenta problemi neurologici tra i possibili effetti collaterali.
• C.C.
Ho diagnosi di tiroidite autoimmune con tanto di esenzione del sistema sanitario per una serie di esami diagnostici correlati. Ho raccolto almeno cinque studi scientifici pubblicati su riviste internazionali che raccomandano cautela con gli attuali vaccini anti COVID. Nonostante questo, due medici vaccinatori a cui mi sono rivolta per ottenere esenzione/differimento mi hanno riso in faccia. Morale: sono sospesa dal lavoro a data da destinarsi e la sospensione riguarda qualunque cosa, comprese le consulenze e l’insegnamento a distanza. Sono (o meglio ero) medico veterinario. Da vent’anni.
• C. S.
Soffro di tachicardia parossistica sopraventricolare, di punto in bianco si innesca un circuito elettrico al cuore che mi fa arrivare i battiti a 200 (numero misurato). Per questo ho avuto anche episodi di miocardite. In più, 10 anni fa sono stata operata per un carcinoma alla tiroide e ho avuto una reazione avversa all’anestesia (broncospasmi segnalati anche in cartella clinica), ma i medici mi hanno detto che in questi casi è molto difficile capire cosa possa aver provocato la reazione allergica. Chi può garantirmi che in queste condizioni posso serenamente vaccinarmi?
Illustrazione di copertina: Alberto Ruggieri