Attualità,  Politica,  Società

Il nostro totalitarismo “implicito”

Alcune settimane fa ero ad Orenburg, Russia, al confine con il Kazakhstan, per presenziare ad un forum internazionale e dar delle letture sui quei valori oramai “passati” come l’identità, la coerenza e la resilienza, oltre a parlare di temi strettamente connessi con la mia carriera in ambiti creativi e quindi il personal branding e lo scouting di artisti. Mentre condividevo idee con delegati istituzionali ed altri speaker, ho avuto il piacere di conoscere uno dei principali start upper russi del momento.

Questo ragazzo, chiamato Aleksej, ha fatto un paio di considerazioni molto interessanti ai miei occhi, a partire dal come mai la Russia sia arrivata prima nella corsa alla panacea di tutti i mali della contemporaneità: il vaccino anti-covid. A detta di Aleksej, imprenditore nel settore farmaceutico, il successo russo è dovuto al fatto che l’intelligence locale studiasse da tempo le armi bio-chimiche a cui americani e cinesi lavorano da tempo.

Un’altra interessante considerazione, che rappresenta il fulcro di questo scritto, riguarda quella che è la percezione che noi europei abbiamo dell’idea di libertà e democrazia.

Un’idea che ha risuonato profondamente in me perché connessa ad una teoria che ha iniziato a prender piede nella mia mente qualche mese fa, durante gli ultimi mesi della piandemia (non è un refuso), e che ho chiamato contrapposizione tra totalitarismo implicito ed esplicito. Un’idea che affonda le radici in temi approfonditamente discussi da Ludwig Von Mises prima e da Murray N. Rothbard poi: ossia se il mandato democratico sia effettivamente orientato al fine di garantire un pacifico cambiamento del potere nel nome del popolo e, quindi, la democrazia sia effettivamente un processo di selezione popolare dei governanti e delle politiche sociali e di eliminazione della corruzione. O se, viceversa, come sosteneva Rothbard (e come sostiene anche ora il suo allievo Hans Herman Hoppe, la democrazia è una forma di accettazione della natura e delle conseguenze di varie politiche che un governo può scegliere e, quindi, restringe i diritti delle persone, alimenta la corruzione e centralizza il potere nelle mani di una elite.

Secondo Aleksej, la differenza tra noi ed i russi è che noi europei siamo abituati – anzi, sentiamo quasi la necessità – che qualcuno decida per noi, sempre e comunque. Ciò, come penso da un po’, è dovuto al livello d’accettazione che abbiamo del presunto sistema democratico che guida la nostra cultura e, quindi, della nostra percezione dei valori che consideriamo fondamentali.

In una società ultra-progressista – una società dove, come diceva il grande filosofo polacco Zygmunt Bauman: “L’unica costante è il cambiamento e l’unica certezza l’incertezza” – Wall Street, con il gentile supporto della Silicon Valley (quell’elite che Rothbard e tantissimi altri intellettuali hanno denunciato per tutta la loro vita), alimenta incessantemente nuovi inevitabili dogmi globali che la società occidentale può solo accettare passivamente.

Zygmunt Bauman

La propaganda mediatica, d’altronde, sta dimostrando in questi tempi più che mai come sia capace di render le masse orgogliose del loro masochismo, al punto da spingerle a celebrare con orgoglio l’accettazione dei dogmi (vaccino e green pass docent). Come diceva il grande Bauman, siamo in un campo minato

Insomma: secondo Aleksej (per non parlare degli studiosi dell’Istituto Von Mises e di molti molti altri) il problema degli europei è che credono di avere qualche sorta di potere sulle decisioni che vengono prese. E ciò perché credono di vivere in un sistema democratico, lasciandosi persuadere dalle narrative politiche progressiste che dipingono il pianeta come un eco-sistema dove regnano arcobaleni ed unicorni. Essendo quotidianamente vittime dei tentativi di lavaggio del cervello esperiti da media mainstream, dalla stragrande maggioranza del mondo accademico, dai costrutti sociali e, in tempi più recenti, dal dogma corporate ESG, c’illudiamo che la società sia effettivamente informata a certi principi. Crediamo quindi che la gente che guida la nostra società sia effettivamente coerente e leale nei confronti di questi principi, quando trattasi di eseguire il mandato popolare che la democrazia gli ha conferito. Eh sì: chiedere al fondo d’investimento “Blackrock” per conferma.

Per quanto mi riguarda, la democrazia è pura utopia, utopia esattamente nel senso espresso nel libellus di Tommaso Moro. Come ci ricorda la Treccani, per Utopia Moro intendeva:

la formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello; il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto), altre volte invece se ne sottolinea la forza critica verso situazioni esistenti e la positiva capacità di orientare forme di rinnovamento sociale (in questo senso utopia è stata contrapposta a ideologia).

Quello che emerge dalla mia esperienza personale è, un po’ come diceva Tommaso Moro, solamente una contrapposizione tra totalitarismo implicito ed esplicito. In Europa e, generalmente parlando, nella cultura occidentale, abbiamo a che fare con totalitarismi impliciti. Sostanzialmente, un totalitarismo di stampo progressista che si nasconde dietro l’utopia democratica permettendo alle strutture di potere di fare letteralmente quello che vogliono delle nostre vite.

La follia del green pass è qualcosa che può effettivamente aiutarmi a chiarire il punto sulla contrapposizione tra i due modelli di cui parlo.

In Russia – dove abbiamo, secondo la mia interpretazione personale, un totalitarismo esplicito (chi mai si sognerebbe di mettere in discussione la leadership di Vladimir Putin? I risultati delle ultime elezioni di qualche giorno fa ne sono ennesima testimonianza) – la gente è ben consapevole di aver poco potere sul modo in cui il Paese vada amministrato e sulle decisioni da prendersi a tal fine. È cosi che funzionano le strutture di potere. Ci può piacere o meno, ma cosi è. Ciò ha un impatto ben diverso sull’accettazione che i russi hanno del sistema e dei dogma che questo gli propone su base quotidiana: questo fa sì che, paradossalmente, in alcuni casi abbiano più potere.

Illustrazione di Ivan Canu

Vediamo ad esempio che è successo col Green Pass in Russia. A Maggio Putin ha messo più o meno le stesse restrizioni con cui avremo a che fare dal 15 di Ottobre anche noi italiani. Solo che, a differenza della stragrande maggioranza degli italiani, i russi han reagito ben diversamente alla cosa. Dopo un paio di settimane il numero di persone corse a farsi vaccinare (quindi ad accettare il nuovo dogma) è stato bassissimo. La reazione popolare è stata cosi forte proprio per la mancanza di accettazione del sistema da parte del popolo. I russi sanno bene che qualsiasi struttura di potere fa innanzitutto i suoi interessi e la struttura di potere stessa sa della consapevolezza popolare di ciò, e deve quindi ben guardarsene. Infatti, dalla seconda settimana di Giugno, il sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin, ha iniziato a togliere le restrizioni, permettendo alla gente di riprendere la loro normale routine di vita. Inutile dire come la mascherina sia già un feticcio di tempi ormai passati: si vola in tutta la Federazione Russa senza obbligo di mascherina a bordo né bisogno di tamponi per imbarcarsi. Questo Putin dei diritti umani non ne può proprio sentir parlare eh?

Come mai la Russia è in questa situazione, mentre in Italia si sentono ancora politici e giornalisti terrorizzare il popolino con anatemi tipo: “Se non ci si vaccina si muore” e “il green pass da libertà, non la toglie”?

Perché la reazione popolare russa è stata cosi forte da mettere in qualche modo a rischio, in pericolo, la stabilità del potere, sia finanziariamente sia socialmente. Molto più di qualsiasi tentativo di destabilizzazione operato da presunti rivoluzionari locali che ambivano a liberare il paese dalla dittatura.

Altro profilo interessante a favore del totalitarismo esplicito, e quindi delle possibilità che c’offrirebbe la forza di reazione critica dell’utopia popolare, lo rappresenta il caso della regione del Krasnodar, con capitale la bellissima Sochi, che ha deciso d’introdurre il vaccino obbligatorio per chiunque metta piede nella regione. Salve esenzioni, non si possono trascorrere più di 72 ore nella regione senza aver fatto l’iniezione. A Sochi hanno deciso così e sono stati liberi di far quello che volevano. In generale, in Russia, ai governatori regionali è stata garantita autonomia nella gestione della loro area e gente, non esattamente quanto l’Europa delle grandi libertà e dell’uguaglianza a tutti costi abbia concesso ai nostri di governatori. E credo appunto che ciò supporti ulteriormente la tesi per cui le brutte certezze siano sempre meglio delle belle illusioni.

Giulio Montanaro

Centro Studi Macchiavelli / Illustrazione di copertina: Jekaterina Budryte

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *