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Il parricidio culturale dell’homo videns

Chiunque abbia vissuto in Italia il ventennio berlusconiano, in tutto o in parte, da persona socialmente attiva non potrà dimenticare come il mezzo televisivo fosse costantemente sotto l’occhio inquisitorio. Il controllo dell’allora tubo catodico da parte di Silvio Berlusconi era, perfino in televisione, considerato il principale responsabile del suo successo politico, dell’instupidimento generale della popolazione, del ribasso del livello culturale medio. In prima fila nel portare avanti questa critica erano le forze di sinistra, oppositrici di Berlusconi, ma intente nella metamorfosi che le avrebbe trasformate da postcomuniste a progressiste liberali.

Nel 1994 il filosofo Karl Popper ammoniva del pericolo del mezzo televisivo: una «tremenda forza per il male» che difficilmente avrebbe potuto trasformarsi in una forza di segno opposto. L’analisi di Popper considera come cruciale il proliferare di canali televisiviche per mantenere la propria audience sono costretti a produrre «materia scadente e sensazionale». Questa competizione fa sì che le stazioni emittenti si battano fra loro per conquistare pubblico e non certo per fini educativi (quelli a cui potrebbe dedicarsi, come «tremenda forza per il bene», la televisione). A maggiore competizione consegue peggiore qualità e a riprova di ciò, il testo, Cattiva maestra televisione (Reset 1994), sottolinea come l’offerta televisiva sia andata peggiorando con il tempo, cioè all’accumularsi dei canali.

Popper si sofferma anche su una discussione avuta con un produttore televisivo tedesco, convinto che lo spirito della democrazia preveda che la televisione debba dare alla gente ciò che la gente vuole. In contrasto con questa rozza considerazione, il filosofo sostiene che è invece una «vecchia, tradizionale aspirazione» democratica quella di «far crescere il livello dell’educazione».

La pletora di canali e la lotta per l’audience spinge invece a creare prodotti scadenti che sono resi appetibili con alcune “spezie”: la violenza, il sesso il sensazionalismo, roba semplice ma che produce una facile reazione positiva, assieme a una certa assuefazione che spinge i produttori, sempre impegnati nell’eterna lotta, ad aumentare le dosi.

Karl Popper (1902 – 1994)

L’attenzione principale del testo è rivolta ai bambini, che ricevono anche dalla televisione un orientamento. Uno dei limiti dello scritto è infatti quello non di considerare i bambini indifesi davanti al mezzo, ma di sopravvalutare le difese degli adulti di fronte a questo. Se la violenza sconcerta Popper, che sottolinea casi di cronaca nera favoriti dall’esposizione televisiva, meno lo sconcerta il sensazionalismo. Perlomeno in queste poche pagine, è difficile credere che, pur non avendone scritto diffusamente, Popper osservasse il contesto televisivo solamente sotto questo punto di vista.

La soluzione per uscire dal marasma è quella di una patente: fare in modo che i produttori televisivi esercitino la loro professione sotto il controllo di un ente statale che provvede anche alla loro formazione. Una proposta coerente con il pensiero liberale di cui Popper è uno dei massimi esponenti in età contemporanea, lontano quindi dalla critica alla McLuhan del mezzo in sé, o da critiche più profonde sulla dimensione sociale del problema. Il problema per Popper è sempre individuale: formare meglio gli individui risolve le più spinose questioni sociali.

Questo è stato uno dei messaggi chiave di Bill Clinton, per cui formare le persone significa creare in sé posti di lavoro. Bill Clinton è in questo senso (qualcuno si ricorderà una sorta di internazionale progressista proposta in quei tempi da uno dei tanti leader della sinistra italiana) il padre politico del liberalismo di sinistra che è posizione dominante nei centri culturali italiani e internazionali. Karl Popper è invece il loro padre spirituale. Un padre che, in conclusione del breve testo qui raccontato, sosteneva che «una democrazia non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà stato pienamente scoperto».

È passato qualche decennio, l’offerta televisiva è ulteriormente cresciuta dotandosi soprattutto di un apparato di piattaforme che permettono allo spettatore di scegliere cosa guardare e in quale momento in un oceano di contenuti. Insomma, il principio che Popper contestava al produttore tedesco, cioè che “dare alla gente ciò che la gente vuole” non sia pienamente democratico, è oggi realizzato. Le spezie continuano a essere fondamentali nel menù, soprattutto quella del sensazionalismo che è alla base di ciò che viene definito infotainment. Un po’ informazione, un po’ spettacolo, dal telegiornale al talkshow, l’informazione televisiva è un formato così diffuso che genera l’eterna lotta fra programmi differenti che si contendono l’audience. Popper però ci metteva in guardia dai necessari risultati di questa operazione: un progressivo abbassamento della qualità dei programmi e un conseguente innalzamento dello spettacolo.

Anche se dal ventennio berlusconiano questo processo ha solo compiuto (giganteschi) passi in avanti, le forze che un tempo lo criticavano denunciandone, a ragione, il pericolo esplicito e implicito, ora ne sono i principali sostenitori. La televisione, con il supporto delle piattaforme di streaming, è infatti il principale mezzo di comunicazione e di costruzione dell’agenda politica la cui potenzialità è sfruttata ogni giorno maggiormente. A distanza di anni, quindi, la critica al sistema televisivo berlusconiano si mostra per ciò che è sempre stata: critica a Berlusconi e ai suoi contenuti, non al mezzo e al suo modo di agire. I progressisti, superata l’ossessione per Berlusconi (che ora è perfino loro alleato di governo), hanno ucciso Karl Popper dimenticando la parte generale della sua lezione.

A compiere questo parricidio culturale è stato quello che Giovanni Sartori definì homo videns (Laterza 1997). Il telespettatore che non è più animale simbolico, ma vedente, per il quale le cose presentate in immagini pesano più che quelle dette in parole. Una regressione, a detta di Sartori, perché se l’homo sapiens in quanto creatore di simboli si distacca dal genere animale, l’homo videns è riportato alle sue doti ancestrali, cioè al genere animale. Oltre che fermarsi un attimo a riflettere su quanto, in particolar modo negli ultimi anni, le immagini costruiscano la realtà, vale la pena citare in maniera estesa la conclusione, inascoltata, dell’autore. E ricordare come i figli di Popper siano gli alacri autori delle politiche che ne vengono denunciate:

«L’andazzo è di riempire le aule di televisori e word processors. Dovremmo, invece, vietarli (lasciandoli all’addestramento tecnico, come si farebbe in un corso di dattilografia). A scuola i poveri bambini debbono essere divertiti. Così non si insegna nemmeno a scrivere, e il leggere è quanto più possibile emarginato. E così la scuola rinforza il video-bambino invece di contrastarlo [nda: 25 anni dopo molte scuole si dotano di “classi digitali”, corsi cioè in cui non si usano i libri di testo, ma solo i tablet]. L’andazzo dei giornali è simile: è di scimmiottare e rincorrere la televisione allegerendosi di contenuti seri, gonfiando e urlando eventi emotivi, aumentando il colore, oppure confezionando notizie in pacchettini da telegiornale».

Maurizio Cocco

Ionoblog / Illustrazione di copertina: Pawel Kuczynski

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