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Il ritornello sui “competenti”.

Osservazione al margine di un’intervista all’immunologa Antonella Viola.

In una lunga intervista la dott.ssa Viola esprime la sua opinione su un sacco di cose. La dottoressa ci fa sapere che l’obbligo di Green Pass per frequentare le università sarebbe una “questione di civiltà”. Ci spiega le sue idee sulla strategia di pressione condotta sugli scettici attraverso il Green Pass. Pone problemi giuridici intorno all’obbligo del Green Pass a scuola e per i lavoratori. Discetta della curva epidemiologica futura. Lancia moniti agli italiani.

E incidentalmente, nell’unico passaggio in cui le riportano un’obiezione (fondata) di Cacciari risponde stizzita: «Cacciari deve parlare di filosofia, non può entrare nel merito della sicurezza e della qualità dei vaccini».

Ora, siccome le argomentazioni ex auctoritate vanno per la maggiore in questo periodo (la rivincita del principio di autorità nelle fila del suo vecchio nemico: la scienza), credo che una breve considerazione sia opportuna. Con toccante ingenuità la dottoressa si esibisce in una severa critica delle pagliuzze negli occhi altrui, senza vedere la trave nel proprio occhio.

Lei, come tutti gli immunostar che si esibiscono da un anno a reti unificate, non vede – non ne è proprio consapevole – che il 95% di ciò che dice pubblicamente esula del tutto dalle sue competenze professionali. La dottoressa si esprime su questioni epidemiologiche senza essere un’epidemiologa, su questioni giuridiche senza essere una giurista, su questioni etiche senza essere una filosofa morale, su questioni politiche senza essere una politica (o una studiosa della politica), ecc. ecc.

Lo fa nel mondo più naturale, proprio come lo fa ciascuno di noi, e come ciascuno di noi è chiamato a farlo in una democrazia: hai un cervello, usalo al meglio delle tue capacità critiche, altrimenti sei un pupazzo.

In ciò non ci sarebbe niente di male, tutt’altro, se non fosse che poi la signora dimentica ciò che sta facendo e bacchetta Cacciari, dicendogli di “occuparsi di filosofia”, mentre lei che si è specializzata sul funzionamento dei sistemi immunitari può sentenziare intorno a cosa sia una “questione di civiltà” e cosa no. Ora, questo ritornello sui “competenti” è non solo fastidioso, ma obiettivamente pericoloso nella sua stupidità – e nell’uso strumentale che se ne può fare (che se ne sta facendo). Dunque è opportuno mettere qualche puntino sulle i.

Nessuno, e sottolineo nessuno, degli uomini di scienza – veri o presunti tali – che si sono affacciati in questi mesi a parlare di strategie vaccinali, doveri civici, politiche pubbliche, valutazioni costi-benefici, scelte morali, obblighi di legge e giudizi epistemologici avevano la benché minima competenza professionale per farlo.

Proprio zero.

Potevano farlo, naturalmente, come cittadini di una democrazia, ma come specialisti, come “competenti”, avrebbero dovuto solo tacere e tornare in silenzio al proprio lavoro. Il fatto che nel contesto di disorientamento contemporaneo non ci si rivolga più al parroco ma allo scienziato per avere una parola di conforto e guida è solo un indice del nostro smarrimento, ma non ha nessuna giustificazione che non sia fondata nella superficialità o nel pregiudizio dei professionisti dell’informazione.

Detto questo mi sia concessa anche una parola sulle “competenze professionali” della filosofia – di cui manifestamente la nostra dottoressa è digiuna. Posto che gli studi filosofici non sono rimasti indenni dalla generale decadenza dell’epoca, e posto che oggi per “filosofia” si intendono cose assai diverse, talvolta molto lontane dal suo senso classico, una cosa è certa: se esiste una forma di “competenza professionale” che ha – di principio – la formazione per poter operare sintesi di argomenti scientifici, giuridici, sociologici, psicologici, epistemologici, ebbene questa formazione è precisamente solo quella filosofica.

Solo la formazione filosofica (naturalmente se è di qualità) esercita a discernere e sintetizzare conoscenze provenienti da una pluralità di campi, a valutarne le influenze reciproche e i modi di interazione, a scorgere i nessi di breve e di lungo periodo.

Dunque Cacciari era esattamente al suo posto nell’esprimersi, anzi era uno dei pochi ad essere al suo posto, mentre non lo era affatto la dott.ssa Viola.

Naturalmente, vale per i filosofi ciò che vale per gli immunologi e per ogni altro. Anche per loro vale la seconda Legge Fondamentale della Stupidità Umana di Carlo Cipolla:

“La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.”

Corollario di questa legge è che troveremo una percentuale più o meno identica di stupidi in qualunque area di competenza: filosofi, medici, assessori, giuristi, macellai e tramvieri.

Dunque il fatto che uno abbia fatto studi filosofici non garantisce affatto che sia capace di fare le sintesi di cui abbiamo bisogno come politici e come cittadini.

Ma a maggior ragione non lo garantisce uno studio medico o economico.

Prof. Andrea Zhok

Illustrazione di copertina: Sam Kalda

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