Illuminismo e cultura progressista
C’è una pretesa della cultura progressista che deve essere contestata senza indugio: quella di essere l’erede dell’illuminismo. Non solo non lo è, ma ne è la contestazione più radicale, il suo rovesciamento: la cultura progressista è una regressione, un movimento antiilluministico.
Si tratta di un tema centrale che qualche giovane studioso dovrà esaminare con cura e attenzione. Tuttavia, almeno un punto deve essere chiaro: l’illuminismo non raccomandava la FEDE nella scienza, ma la CONOSCENZA, non invitava a fidarsi dei competenti, ma a divenire competenti, non invitava a divinizzare la scienza, ma a praticarla e conoscerla, comprendendone limiti e potenzialità.
Ovviamente, questo pone un problema enorme, di struttura della formazione, della sua riforma, del rapporto tra sapere, scienza e e democrazia.
Senza entrare in questioni troppo grandi, tuttavia, un punto deve essere chiaro: illuminista è chi mira al sapere diffuso, chi invita a conoscere, a comprendere la scienza, mentre non ha niente a che fare con l’illuminismo chi propaga l’idea che bisogna fidarsi di altri e invita ad un’eterna minorità.
Reazionario è chi sostiene che la democrazia è fidarsi di chi sa, perché illuminismo è potere diffuso sulla base di sapere diffuso. E i padri costituenti, nell’articolo 3, indicavano la strada che si sarebbe dovuta percorrere e che non si è percorsa: rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione alla vita democratica. I padri costituenti sapevano che la democrazia presuppone sapere diffuso, conoscenza, e che dove questa manca e nei discorsi in cui ci si appella alla fede nella scienza e nei competenti si annida il dispotismo.
Poi, certo, l’illuminismo storico fu una corrente variegata, e si possono fare tanti distinguo, forse vi sono tanti illuminismi, e in fondo vi fu anche il dispotismo illuminato, di cui la cultura progressista, mutatis mutandis, è la discendente e l’erede diretta. Mantiene infatti l’idea, tipica del dispotismo illuminato, secondo cui bisogna permanere nello stato di minorità, di dipendenza e di illibertà.
Ma il grande l’illuminismo, quello eterno, fu ben altro. E che cosa è l’illuminismo, e come esso non possa che contrapporsi alla cultura progressista ce lo dice questo passo di Kant, tratto da Che cosa è l’Illuminismo, che mi piace riportare in conclusione:
“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. […] Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! – è dunque il motto dell’Illuminismo.
La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall’eterodirezione, tuttavia rimangono volentieri minorenni per l’intera vita; e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori”.
Illustrazione di copertina: Daria Kirpach