Mass Media,  Società,  Tecnologia

Infodemia e stato sonnambolico

Il sistema in cui viviamo è già totalitario, ma lo è nel modo ambiguo della tecnologia. Quali sono i tratti fondamentali di uno Stato totalitario?

  • 1) stato di emergenza e di paura permanente
  • 2) supremazia dell’esecutivo sul legislativo e il giudiziario
  • 3) costituzione di un partito unico 4) creazione del capro espiatorio
  • 5) divisione del corpo sociale in popolo e nemici del popolo
  • 6) censura del pensiero dissidente
  • 7) asservimento della scienza
  • 8) riscrittura della storia (per riscrivere il futuro)
  • 9) progetto messianico di rifondazione della “società perfetta”
  • 10) corruzione interna ed esterna alla nazione.

Diversi di questi punti, nell’attuale scenario, sono già stati perfezionati, altri sono in via di perfezionamento. Ma c’è un però: lo sviluppo della tecnologia.

Rispetto al Novecento analogico, i nostri sensi sono stati spossessati della loro capacità di comprendere il mondo. Internet, costruzione dell’industria militare, ha operato da tempo questo passaggio. Il nostro intelletto, che continua a dipendere dai sensi, si perde in una esplorazione virtualmente infinita e dall’esito frustrante.

Non troveremo mai il perfezionamento dello Stato totalitario “come nei libri di storia”, perché i libri di storia parlano di un mondo che non esiste più. Alla lettera. Ne deriva che la nostra intonazione prevalente è schizofrenica.

Per esempio mentre il NYTimes mette in dubbio l’efficacia dei vaccini per quello che sta accadendo in Israele, nello stesso tempo si cercano i modi per vaccinare il 100% della popolazione. Nazionale? No, mondiale, se possibile. E se non è possibile? «Dovremo conviverci.» Coi richiami, evidentemente, e con tutto quello che è stato messo in campo fin qui (chiusure, mascherine, distanziamento, Green Pass).

Quindi non è vero che saremo liberi… «Quelli che faranno tutto quello che gli diciamo di fare lo saranno di più.» Sì, ma non molto di più. Anzi, saranno ancora più tracciati dei “clandestini”, i nuovi pericoli pubblici – che si dovranno contenere “in qualche modo” (per esempio tenendoli in quarantena negli “hotel Covid”, finché non si decideranno a vaccinarsi).

Qual è la posta in palio? Be’, uno dei princìpi cardine dello Stato totalitario suona così: il corpo non è tuo, ma appartiene allo Stato. Ha un bel dire Cappato sull’eutanasia, con lo slogan “A chi appartiene la tua vita?”. Allo Stato, ovvio. A chi altri? Al massimo, lo Stato ci può concedere la “dolce morte”.

Ma torniamo sull’infodemia, che è un sottoprodotto dell’escalation tecnologica. La seconda metà del ventesimo secolo ha tolto ai sensi dell’uomo i residui del suo potere per accumularli nelle banche della conoscenza cifrata. L’essenza della conoscenza cifrata è che può essere messa a disposizione di tutti perché tanto in pochissimi dispongono del cifrario per capirla. In questo stato sonnambolico, le nostre opinioni sulla Covid, sul vaccino e su qualunque altra “emergenza” di natura emotiva possono variare un poco ogni giorno con la lettura del giornale, degli status, dei link a questo o quel pezzo, a questo o quel personaggio, perché la “guerra” che si sta combattendo ci mette nuovamente in rapporto con il mondo, e queste piccole variazioni quotidiane di opinione, insieme con il contatto con il mondo esterno, sono le due panacee della farmacia dove si curano gli schizofrenici.

C’è bisogno sia della guerra che del balsamo dell’infodemia, nel nuovo Stato totalitario. L’infodemia è dunque la “cura”, non la causa, dello stato di eccezione. Infatti era disponibile da prima.

Ora noi possiamo metterci d’accordo con la questura su quale piazza utilizzare per esprimere il nostro dissenso, perfino sul grado di “disobbedienza civile” da mettere in campo – magari ci scappa pure il corteo “non autorizzato”, e la questura chiuderà un occhio – tanto non cambierà assolutamente nulla circa i rapporti di forza in campo e alla fine la protesta si vaporizzerà. Che fare? Dobbiamo trasformare la “disobbedienza civile” o “obbedienza costituzionale” che dir si voglia in “resistenza”, ovvero in aperto conflitto con lo Stato totalitario. Dobbiamo insorgere. È finito il tempo delle fiaccolate e dei cortei. È giunto il momento di riattivare i nostri sensi nella parte di mondo alla portata del nostro braccio: il territorio. Ognuno si organizzi per farlo.

Giulio Milani

Illustrazione di copertina: Dan Bejar

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *