Interno-Esterno
Notavo ieri delle recensioni molto eccitate sull’ultimo libro di P. Turchin che s’intitola “La scimmia armata. L’arte della guerra e l’evoluzione della società” (UTET). Non l’ho letto e non lo leggerò, credo di conoscere la tesi, a suo modo è un classico degli studi di paleoantropologia, il ruolo del conflitto esterno mosso da una presunta essenza umana come motore di innovazione.
A riguardo, segnalo però che “scientificamente” ovvero secondo prova concreta, la più antica testimonianza dell’avvenuto conflitto tra gruppi umani di qualche decina di individui, è solo di più o meno 13.000 anni fa. Si tratta di più sepolture (tra Egitto e Sudan) di qualche decina di individui indifferenziati (uomini, donne, bambini) di cui poco meno della metà mostrano inequivocabili segni di morte violenta. Non c’è nulla che testimoni l’esistenza di conflitti armati prima, c’è molto ma molto poco che testimoni l’esistenza di conflitti armati dopo, almeno fino a circa 5000 a.C., ma forse anche dopo, in Mesopotamia. Questo relativamente alla tesi che la “guerra” sia o meno, componente atavica della nostra antropologia. Poi credo Turchin argomenti anche a proposito di come lo sforzo bellico abbia svolto ruolo sociale, politico ed evolutivo dal punto di vista tecnico, che è un altro argomento.
Tornando però alla tesi sulla nostra vocazione al conflitto esterno, giusto ieri guardavo un documentario su Caral, Perù, la forma di civilizzazione più antica delle Americhe, del circa 3000 a.C. o forse anche prima. Salto i particolari per andare al punto. Questa sontuosa forma di civiltà complessa antica era del tutto pacifica e piuttosto evoluta tecnicamente. S’è scoperto però che questa gente coltivava sì e no lo stretto necessario per sé, ma, oltre a ciò, si dedicava principalmente alla coltivazione estensiva del cotone. Cotone? Mangiavano cotone? No, lo filavano e coi fili facevano reti da pesca. Reti da pesca a decine di chilometri dal mare? Sì, lo scambiavano con pesci. Le popolazioni di costa andavano a Caral che oltre che un centro cerimoniale era anche un mercato, e scambiavano eccedenze del pescato contro mancanze ovvero materiali per pescare, le reti di cotone appunto. Anche la Civiltà della Valle dell’Indo risulta priva di armi e sepolture di prestigio oltreché vestigia militari, ed anche qui l’inventiva non mancava di certo.
Da molti altri casi ed esempio del registro archeologico ed etnografico, sembra potersi ricavare almeno un paio di tesi. La prima è che l’inventiva umana scaturisce dal dover risolvere problemi, problemi di vario tipo non necessariamente bellici. La seconda è che non sembra potersi dire che l’essere umano ha in sé una vocazione istintiva al conflitto armato. Così come i primati con cui abbiamo parentela (noi non discendiamo dagli scimpanzé, siamo specie con in comune un progenitore che ancora non s’è scoperto, noi, gli scimpanzé ed i bonobo poco inclini alla guerra e di più al sesso sfrenato), il conflitto compare solo tardi ed in certi luoghi. Due cose correlate sembrano congiurare a questa emergenza di comportamento ovvero la demografia in relazione al territorio. Quando le demografie esuberano la portanza naturale di un territorio, può accendersi un conflitto armato, la tesi è assolutamente banale ma val la pena di ricordarla visto che alcuni sembrano dimenticarsela. Specifico che il conflitto interindividuale è cosa diversa dal conflitto organizzato di gruppo, è questo secondo (che non deriva automaticamente dal primo per varie ragioni) che qui stiamo cercando di comprendere. Infine, le tarde società belliche, mostrano pronunciata stratificazione sociale, il professionista del conflitto compare sempre assieme a molti altri professionisti in società già molto complesse con a capo élite.
È in genere il doppio volume della società in rapporto alle risorse di un territorio verso le quali si è in competizione con altre società a creare i presupposti del conflitto esterno, il quale ha in genere anche la funzione di sviare dal conflitto interno.
Gli Stati Uniti, ad esempio, sono stati senza fare una guerra solo per il 7% del loro tempo storico, ma di contro, non mostrano punte aspre di conflitto interno nello stesso periodo storico bisecolare, la “lotta di classe” è un concetto per lo più sconosciuto da quelle parti, qualche sbuffo di conflitto etnico semmai, ma decisamente a bassa intensità. Dicevamo che il volume della società è da specificare in due sensi: quello meramente quantitativo e quello qualitativo. Se tutto il mondo vivesse con lo standard medio indiano, ad esempio, pare che il pianeta nel suo complesso qui inteso come deposito di risorse naturali, basterebbe e ne avanzerebbe un po’. Se tutto il mondo vivesse con lo standard americano medio, ce ne vorrebbero cinque di Terre. Ma il concetto di “standard medio” è meramente statistico, nei fatti, bisogna vedere anche quanto bulimica è l’élite della società di riferimento. Secondo Forbes 2021, ad esempio, tra i primi venti miliardari del mondo 13 sono americani, il 65% circa, dove però statisticamente gli Americani sono solo il 4,5% del totale mondo.
Su uno di quei tristi quotidiani nazionali che hanno perso circa il 90% di copie vendute negli ultimi decenni, certo anche per colpa di Internet ma non credo solo per questo, leggevo un titolo “Perché gli USA sentono minacciata la propria sicurezza da Cina e Russia”. Sicurezza? Ma gli USA sono il Paese più armato del mondo e di tanto, sono inarrivabili quanto a dotazione armata. Ma soprattutto sono su una isola continentale tra i due più vasti oceani della Terra. Escluso quindi li si possa invadere anche perché avrebbero settimane per bombardarti tutte le navi con mezzi e truppe, rimangono le testate nucleari, ma lì sono leader assieme ai russi e forse per capacità di difesa satellitare anche di più. Di quale sicurezza parlano allora? Della sicurezza di poter lanciare sul mondo intero una rete che garantisca loro l’esorbitante fetta di Pil complessivo per alimentare il proprio benessere interno, salvo poi suddividerselo internamente in maniera assai squilibrata.
Quindi, il post di oggi è davvero banale e me ne scuso, ma forse ogni tanto ci dimentichiamo i fondamentali e vale la pena ricordarli:
1) Noi non siamo un tipo particolare di scimmia armata, altre scimmie ove necessario sono armate e noi stessi non lo siamo quasi mai stati prima di cinquemila anni fa, l’essenzialismo bellico è conforme ad una immagine di mondo anglosassone (sebbene Turchin sia di origine russa ma figlio di dissidente sovietico migrato in USA poco più che ventenne, il migrato ha sempre una emotiva foga ideologica particolare come nel caso omologo di Ayn Rand è la sindrome del convertito come le pornostar che diventano figlie di Maria) che da ultimo armeggia anche nel determinismo genetico (Pinker) per sostenere una natura hobbesiana molto semplificata (e del resto Hobbes era inglese e per altro storico degli angli e dei sassoni che conosceva bene);
2) l’attività bellica è motore di innovazione non in quanto ha una essenza creativa sua propria, tutti i problemi da risolvere per una società umana hanno tale essenza;
3) dove c’è attività bellica c’è una società altamente stratificata e la “difesa del bene comune” invocato per muovere attività bellica è sempre il bene comune di una élite non sempre di quel popolo nel suo complesso;
4) l’attività bellica emerge spesso da un disequilibrio tra demografia e stili di vita da una parte e dotazioni naturali di territorio proprio dall’altra. Tale “squilibrio” può accendere catene di conflitto che poi sono “vestite” da discorsi più “nobili” ;
5) a grana grossa si potrebbe dire che lunga l’intera, breve storia delle società umana, ove si sono create condizioni di un tipo si è avuto conflitto armato, ove di altro tipo, tranquille società pacifiche in equilibrio tra loro e tra tutte con l’ambiente in cui insistevano.
Quello che ancora dopo cinquemila anni non sembra noi si sia in grado di fare è regolare le forme dei nostri sistemi di vita associata, per evitare il conflitto esterno.
Visto che di recente va molto, citerei Eraclito. Eraclito, si sa, era uomo di poche parole, oscuro nei pronunciamenti, non amava molto la stupidità dei suoi consimili, immagino anche quella dei discendenti che pretendono di “confutarlo”. Si riferisce (Temistocle, per altro uno “strategos”) che, interrogato dai concittadini sul segreto della concordia sociale, interna ed esterna, salì sul palco e versato dell’orzo in un bicchiere di acqua fredda, mescolato con un’erba odorosa, la bevve e se andò. Chiosa Temistocle “la società si mantiene nella concordia e nella pace con l’accontentarsi di ciò che si ha facilmente senza aver bisogno di cose lussuose”. Inconfutabile?
Illustrazione di copertina: Pawel Kuczynski