La censura sostenuta dalle istituzioni non ci mantiene “al sicuro”
La disinformazione e la narrazione unica che abbiamo vissuto in questi due anni non è una prerogativa italiana ma caratterizza anche le altre nazioni, anche se nel nostro paese è stata particolarmente feroce e, a differenza del resto del mondo, continua ancora oggi senza che si possa notare, nelle istituzioni, qualche accenno ad un suo cambiamento di toni. Sul sito del gruppo HART è apparso questo articolo che affronta l’ argomento rispetto a ciò che è successo in Gran Bretagna dove, ricordo a tutti, l’approccio strategico al Covid 19 è stato comunque ben diverso da quello attuato in Italia. Ne riporto qui alcuni stralci.
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La censura sostenuta dalle istituzioni non ci mantiene “al sicuro”
Hart – Health Advisory & Recovery Team (articolo originale)
Traduzione a cura del Dott. Maurizio Matteoli
Uno dei trucchi più disgustosi della risposta al Covid del governo britannico è stata l’affermazione che l’ufficialità ha “seguito la scienza” per tenere tutti “al sicuro”.
In realtà, quello che è successo qui è stato molto simile ad altre parti del mondo occidentale: la narrazione è stata tracciata in anticipo e propagata insidiosamente per mezzo di una sofisticata propaganda. Il metodo scientifico è stato abusato, non usato. Le incongruenze sono state ignorate; le verità scomode sono state cancellate; coloro che facevano domande pertinenti – per non parlare delle opinioni – sono stati semplicemente cancellati. Bugie dirette sono state presentate come il vangelo della verità. L’occasionale ripensamento normativo era di solito ben dopo l’evento e – ovviamente – non veniva riportato.
La portata del condizionamento dall’alto è stata evidenziata in una recente intervista di Mark Sherman, un ex dirigente di ITV e Sky. Egli descrive in termini crudi come vari controlli ed equilibri – vitali per il funzionamento della democrazia – sono stati brutalmente smantellati nel marzo 2020: ” si è creato un ambiente che ha portato al più grande assalto alla libertà di parola e alla democrazia che abbia mai conosciuto nella mia vita”. In un caso di bastone (l’inflessibile e drastica direttiva dell’OFCOM (l’Autorità Regolatrice delle comunicazioni) riguardo alla narrazione della situazione indipendentemente dai fatti) e carota (massicce campagne per la diffusione della paura in un momento in cui gli altri inserzionisti stavano ridimensionando), il confronto aperto è stato soppresso.
Questa complicità è costata vite e mezzi di sussistenza. Ha privato le persone delle ultime ore con i loro cari. Se i media avessero potuto aiutare la nazione a vedere i diversi lati dei vari argomenti con le dovute sfumature a favore e contro le diverse linee d’azione, la pubblica opinione avrebbe potuto preferire il bisturi a un seghetto sporco e arrugginito.
Il quarto potere è presumibilmente uno dei pilastri della democrazia occidentale. È istruttivo leggere articoli su questo argomento di un’epoca ‘BC’ (Before Covid): “Il segno distintivo del quarto potere è che esamina le azioni dei funzionari pubblici e delle istituzioni politiche nell’interesse del pubblico, servendo come un cane da guardia che controlla gli altri tre poteri (la legislazione, l’esecutivo e il potere giudiziario)” e (nel Guardian, niente meno): “La democrazia e la società civile hanno bisogno di cittadini informati, altrimenti avranno difficoltà a sopravvivere”.
Uno sviluppo straordinario è stato il coinvolgimento delle grandi compagnie tecnologiche internazionali in questa rete di inganni. In nome della repressione della “disinformazione”, aziende come Twitter e Facebook hanno arbitrariamente soppresso – e cancellato – le voci che i signori non vogliono che le masse sentano. Queste decisioni sono state tanto vendicative quanto kafkiane: evidenziare i dati pubblicati dal governo è stato un crimine del pensiero particolarmente notevole. Un ex presidente degli Stati Uniti può avere il suo account Twitter cancellato, ma i talebani sono liberi di amplificare il loro messaggio su quella stessa piattaforma. Facebook ha “temporaneamente permesso” inviti alla violenza contro i russi. La mente si annebbia. Queste sono solo le storie più eclatanti – la repressione è molto, molto più grande in quanto si estende a un sistematico annientamento delle voci più piccole che altrimenti contribuirebbero a un dibattito equilibrato. L’effetto netto è stato uno spostamento orwelliano della finestra di Overton: un lisenkoismo del 21° secolo.
Cosa si deve fare? Non è chiaro chi – o cosa – stia scrivendo il copione dei padroni della stampa, e quindi è difficile sapere a cosa si va incontro. Tuttavia, ci sono alcuni spiragli di luce: in base al principio “ingannami una sola volta”, molti di coloro che hanno seguito la narrazione stanno cominciando a mettere in discussione le gravi incongruenze della narrazione ufficiale. Le voci dittatoriali di sventura del 2020 ora ricevono una risposta molto più diffidente dalla opinione pubblica – questo è uno sviluppo salutare. Una resistenza diffusa è emersa, fornendo un terreno leggermente più fertile per un discorso sano che potrebbe permettere al metodo scientifico di tornare alle sue radici popperiane. Abbiamo certamente bisogno di migliorare lo status quo – è difficile non essere d’accordo con l’opinione del BMJ che la medicina basata sulle evidenze è distrutta.
Non dobbiamo dimenticare le disavventure degli ultimi due anni, ma dobbiamo anche rendere meno probabile che si ripetano. La società deve essere più resiliente. Sarà d’aiuto se riusciremo a smantellare la rete di bugie che sta tenendo nascosta al grande pubblico la piena divulgazione delle responsabilità delle autorità rispetto alle catastrofi di Covid.
Continuare a sfidare. Proteggere la libertà di parola. Salvare la società.
Illustrazione di copertina: Pawel Kuczynski