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La criminalizzazione del dissenso

La criminalizzazione del dissenso non è una novità nella storia italiana: è un classico intramontabile nelle fasi storiche in cui si decretano “emergenze” potenzialmente infinite, funzionali a mettere insieme grandi coalizioni eterogenee, per spartire potere e sottogoverno.

Per fare questo la macchina propagandistica delle grandi coalizioni drammatizza all’estremo un problema, invoca unità nazionale perché si è in “guerra” contro qualcosa, addita “nemici del popolo” su cui scaricare ogni responsabilità e accusa ogni oppositore, ogni critico di essere complice dei sovversivi/barbari di turno.

Succedeva all’epoca delle coalizioni trasformiste quando la classe politica liberale postrisorgimentale dipingeva come pericolosi sovversivi i cattolici e i socialisti in blocco. Successe, inutile dirlo, col fascismo, che si voleva giustificare in primo luogo proprio come unione nazionale per combattere il bolscevismo, e in nome di ciò procedette a reprimere ogni voce dissenziente. Successe nel secondo dopoguerra con il consociativismo partitocratico dell'”arco costituzionale” che accusava di eversione neofascista chiunque osasse proporre riforme elettorali o costituzionali. Successe negli anni Settanta con le maggioranze del compromesso storico, che in nome della lotta al terrorismo accusavano di complicità con i brigatisti rossi chiunque si opponesse all’abuso della carcerazione preventiva e dei reati di opinione. Successe nei decenni successivi con l’avvento della “dittatura giudiziaria” sulle macerie del sistema dei partiti: quando chi criticava le maxi-inchieste ideologizzate e lo scempio delle garanzie per gli imputati era tacciato come minimo di favoreggiamento alla mafia, alla camorra, alla corruzione.

Ora succede, se possibile in forma ancor più rozza e feroce, con il blocco di potere costruito dall’emergenzialismo sanitario Covid, ossessione bio-securitaria dell’Occidente più decrepito e impaurito che in Italia è diventata una solida base per un regime speciale al riparo da ogni critica.

Qui il capro espiatorio, il nemico del popolo costruito per catalizzare l’odio delle masse e cementare il consenso è il “mostro” no vax, e la macchina propagandistica del regime vigente cerca di ridurre sistematicamente a questa figura mitica, classico “untore” da “colonna infame” manzoniana, qualsiasi opposizione a misure autoritarie, anticostituzionali e discriminatorie come lockdown, coprifuoco, lasciapassare e obblighi vaccinali di massa. Una demonizzazione vomitevole, sguaiata, ma purtroppo fin troppo prevedibile. Di fronte alla quale chi intende difendere i diritti civili, le libertà individuali, il principio di uguaglianza dei cittadini dalla marea della psicosi pandemica non deve spaventarsi, non deve abboccare alle provocazioni cadendo nel parossismo estremistico fomentato dal potere, ma deve riflettere sul passato per comprendere meglio le sfide presenti, e le debolezze del sistema a cui si contrappone.

A tale scopo può essere utile ricordare che nel clima degli anni di piombo, mentre in gran parte movimenti extraparlamentari di sinistra (e di destra) legittimavano in vari modi la violenza anti-sistema, cadendo nella trappola tesa da quest’ultimo e autodistruggendosi, critici rigorosi dall’emergenzialismo come Marco Pannella o Leonardo Sciascia si opponevano agli abusi del potere e alla violenza eversiva appellandosi intransigentemente alla legalità costituzionale, al diritto, fidando soltanto nella capacità di persuasione della parola, sfidando costantemente le istituzioni a essere coerenti con i principi sui quali si fondavano. E così avrebbero fatto qualche anno dopo difendendo, contro la canea ignobile del linciaggio giudiziario e mediatico, Enzo Tortora. La storia ha dato ragione ai loro argomenti, non alle demonizzazioni del sistema, nè alle velleità dei rivoluzionari d’accatto di allora.

Ecco, questo occorre sempre ricordare. L’emergenzialismo in italia è una malattia cronica, e lo è anche il ribellismo da quattro soldi. Ma sono fuochi, per quanto spaventevoli, di paglia. Solo l’ancoraggio saldo, tenace ai principi di libertà, uguaglianza, convivenza civile, la non violenza come assunzione personale di responsabilità e richiamo alla responsabilità delle istituzioni, alla lunga vincono.

Prof. Eugenio Capozzi

Illustrazione di copertina: Nathalie Lees

2 commenti

  • clach

    Bellissimo e lucidissimo articolo.

    Confesso di pensare spesso che se i farabutti al potere avessero il terrore fisico di rappresaglie, forse non avallerebbero con tanta nonchalance questi atti criminali, ma la via maestra rimane quella della disobbedienza civile non violenta.

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