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La democrazia muore senza oppure

E dopo Draghi? Un altro Draghi. E dopo Mattarella? Un altro Mattarella. E dopo il Vaccino? Un altro vaccino. E dopo l’Emergenza? Un’altra emergenza. Si procede replicando, sempre lo stesso o un suo facsimile. Non c’è soluzione migliore di quella che è in corso o in scadenza. Non muta la risposta se chiedi dell’Europa, del Mercato, della storia, della scienza, della sanità, dei diritti e di ogni altro ambito. Non sto mettendo in discussione uomini, vaccini, leggi e istituzioni; magari si dovrebbe, ma non è questa l’intenzione, almeno in questo caso. Sto ponendo una questione di fondo, un criterio e un dubbio di principio, che però ha implicazioni pratiche nella realtà, molto più decisive di quanto si possa immaginare. La cosa più preoccupante non riguarda singoli presidenti, ritenuti insostituibili, o specifici dispositivi sanitari e securitari ma è la convergenza di piani, settori, mondi diversi. Ogni ambito non prevede altro che replicare l’esistente, senza possibilità di deviazione.

Denuncio pubblicamente la scomparsa dell’Oppure. Chi è, cos’è l’Oppure? Non è una semplice congiunzione o disgiunzione, stiamo discutendo di una cosa assai più importante. Una democrazia senza oppure non è democrazia, un pensiero senza oppure non è un pensiero, una libertà senza oppure non è libertà. Ci stiamo giocando tutto questo con la cancellazione dell’oppure. Dove manca l’oppure manca la democrazia, il pensiero, la libertà.

L’intelligenza si esercita sugli oppure: l’automa, la macchina, l’imbecille, il gregge non conoscono l’oppure, procedono lungo il percorso prefissato, seguono l’input ricevuto o l’impulso che è stato loro impresso. L’intelligenza, invece, è la capacità di compiere altre scelte, di stabilire rapporti tra realtà diverse e studiare e provare alternative. L’intelligenza è collegare il possibile al reale, è la capacità di capire che le possibilità eccedono sui fatti, si tratta di selezionarle e metterle in campo. Si possono fare percorsi alternativi, e per congiungere due punti non c’è solo la linea retta: se ragioniamo in termini puramente geometrici, la linea retta è la più diretta a congiungere i due punti; ma la vita, il tempo, l’umanità, la storia e la natura non camminano nello spazio puro e vuoto, conoscono altre leggi che riguardano l’intensità, la durata, la qualità, l’efficacia, la curiosità, l’emozione, la relazione, la logica, il ricordo, l’aspettativa, la fantasia e potrei ancora continuare. O su altri piani ridurre la direzione a una linea fissa è perdere la dimensione sferica e circolare, la curvatura e la poligonia del mondo, con le sue tante facce. Il mondo ha bisogno degli oppure.

La vita è complessa, come la realtà, e richiede l’esercizio dell’intelligenza. La mancanza degli oppure è la riduzione della complessità a un segnale stradale che indica il senso unico; è la mortificazione delle differenze, delle varietà.

Stiamo scivolando senza accorgerci nel regno del conforme e dell’uniforme che sopprime l’oppure; e non è solo la soppressione dell’opposizione, del diverso parere, dell’alternativa, dell’altro lato delle cose ma anche della ricerca, della possibilità di vedere e agire altrimenti. Senza questo è la fine della libertà, della democrazia, del pensiero e dell’intelligenza.

Stiamo vivendo questa fase, anzi abbiamo intrapreso questa china, e la cosa peggiore è che lo stiamo vivendo con disinvolta routine, senza porci nemmeno il problema, accettando tutto con automatismo, che è il peggiore dei fatalismi perché estirpa alla radice anche solo l’ipotesi di vedere le cose in altro modo.

Qualcuno potrà obbiettare: ma con chi ce l’hai di preciso, chi è che impone questo modo di vedere? Vedi fantasmi, sei complottista, sei no pax, contro la pace. Ma non c’è bisogno di correre dietro a chi sa quale congettura, è l’agenda generale dell’establishment che viene dettata ogni giorno in tutte le sedi, alla luce del sole e dei media; è l’agenda dei poteri dominanti che hanno il monopolio, o se preferite, l’egemonia, che fabbrica e controlla l’Opinione Pubblica. Sui social, magari leggi e ascolti voci diverse e dissonanti, in politica assai meno però c’è ancora qualche barlume di differenza: ma a livello di governance, di istituzioni, di mass media, di informazione pubblica e in gran parte privata, di apparati e di controllori, e perfino di influencer, artisti e saltimbanchi, quello è lo schema fisso, e rigido. La scelta migliore, il presidente migliore, è quella, quello che c’è già, in carica, in vigore.

Sul piano sanitario, ad esempio, l’adozione di protocolli standard segna la fine della medicina, che è una corda tesa tra arte e scienza per curare ad personam e non per generi e stoccaggi. Ora non si cura più la persona e il suo caso specifico ma si stabilisce il protocollo a cui attenersi in generale. La fine degli oppure è la fine della medicina, della sua efficacia e della sua umanità.

Potremmo notarlo così, en passant, come una specie di curiosità, senza darci troppo peso. E invece è una cosa terribile. Non sarà la prima volta che succede nella storia, ma certo è una brutta piega per una democrazia e per un mondo che si definisce libero, plurale ed evoluto. Il conformismo ha sempre accompagnato il lungo corso delle democrazie, ma una volta c’erano almeno divergenze ideologiche e politiche su scelte e priorità o perlomeno erano enunciate in modo diverso. Ora no. Come il mercato globale tende irresistibilmente verso i monopoli, così le opzioni si stanno paurosamente restringendo a una, quella ufficiale, canonica, vigente; sennò è il disastro. Volete continuare in questo modo? O quantomeno volete acconsentire, tacere o fingere contentezza per questo mondo monoseriale? E se ricominciassimo dagli oppure?

Marcello Veneziani

Illustrazione di copertina: Daniel Hertzberg

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