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La fine della pandemia dei non vaccinati: un autogol del Governo?

Forse no, forse c’è del metodo nella follia.

Circa un mese fa le tv nazionali e i principali mezzi di informazione avevano ricevuto una direttiva dagli apparati di governo: occorreva propagandare e diffondere il concetto di “pandemia dei non vaccinati”. Lo slogan venne accolto servilmente da tutti i giornalisti sovvenzionati dal governo stesso, e all’unisono lo slogan venne ripetuto come un mantra da tutti i principali diffusori nazionali.

Contemporaneamente, essendo i non vaccinati praticamente gli unici a doversi sottopporre ripetutamente al rito del tampone – per poter accedere al lavoro – era naturale che solo tra di essi, in grande maggioranza, si riscontrassero casi di positività, seppur in percentuali minime.

Per completare il quadro i virologi dei salotti televisivi alimentavano la bugia secondo la quale le terapie intensive erano piene esclusivamente di non vaccinati, ed ogni volta che qualche isolato “dissidente” osava evidenziare l’infondatezza di tali dichiarazioni, rifacendosi agli stessi dati ufficiali, veniva aggredito in modalità squadrista dal resto della truppa filogovernativa.

A seguire, il governo decise per un cambio di rotta, dettato all’introduzione del cosi detto “super green pass”.

Avendo deciso che per alcune categorie fosse necessaria la documentazione di avvenuta vaccinazione per poter continuare a svolgere la propria attività lavorativa, rendendo il vaccino obbligatorio, si è provato a dare una giustificazione “scientifica” a tale imposizione asserendo che i tamponi non fossero sufficientemente affidabili.

Il fatto che tale svolta invalidasse di colpo tutta la narrazione pandemica dei precedenti due anni – narrazione interamente costruita sui dati raccolti dagli esiti dei suddetti tamponi – rappresentava una considerazione troppo sottile per dei tempi in cui la logica e il buon senso sono stati definitivamente accantonati come dei vecchi orpelli ormai fuori moda.

La nuova direttiva – “i tamponi sono inaffidabili” – venne quindi immediatamente recepita dai più proni servitori della vulgata governativa, e si è potuti essere così testimoni di alcuni momenti surreali, come quando il professor Burioni, in prima serata su un canale nazionale, si prodigava in un monologo senza contradditorio, una vera e propria “lezione”, in cui spiegava ai docili telespettatori che no, non era vero che i tamponi fossero affidabili, che spesso i loro risultati rappresentavano dei veri e propri falsi negativi; non solo: non era nemmeno vero che fossero senza rischi, dal momento che in alcuni soggetti potevano provocare danni gravi.

Se non si trattasse della realtà, ci si potrebbe chiedere quale fantasioso autore potrebbe immaginare dei colpi di scena simili, e soprattutto sarebbe lecito dubitare delle sue qualità di narratore, dal momento che non è educato immaginare i propri interlocutori come un branco di ipnotizzati senza alcun senso critico, a cui si può raccontare che la luna è viola, per poi asserire il giorno dopo che no, “è arancione, ed è quello che abbiamo sempre sostenuto”.

La strategia scelta dal governo sembrava quindi segnata: si puntava tutto sul vaccino come unica garanzia di immunizzazione accettata, il vaccino che “dava la certezza di poter frequentare luoghi con persone non contagiose” (Draghi).

Gli stessi virologi avevano più volte affermato che chi avesse completato il ciclo delle vaccinazioni aveva la garanzia di non contagiare e di non contagiarsi. (scripta manent, per ora, e possono smentire le loro stesse asserzioni quanto vogliono).

La strada quindi sembrava chiara nelle scelte del governo: il nuovo credo da diffondere sosteneva che i vaccinati fossero non contagiosi (altrimenti il super green pass perdeva totalmente la sua ragione d’essere), ed eventuali positivi andavano ricercati tra i renitenti (“la pandemia dei non vaccinati”).

Ma giunti a questo punto si è materializzato un ulteriore colpo di scena: la “cabina di regia” (sic) del 27 Dicembre introduceva infine il Mega Green Pass (ancora, se si trattasse di un romanzo, giunti a questo punto ci chiederemmo se l’autore volesse scrivere un thriller, una tragedia, oppure una commedia grottesca).

Col Mega Green Pass infatti il tampone faceva il suo ritorno in grande stile, dopo un brevissimo rinnegamento, e diveniva di nuovo protagonista nel determinare il grado di infettività di un soggetto, vaccinato o meno.

L’equazione vaccinato = non contagioso veniva clamorosamente smentita, e tutti gli esperti si affrettavano nel ribadire che no, nessuno aveva mai detto che i vaccinati non potessero trasmettere il contagio (ma, ripetiamo, scripta manent, e le loro dichiarazioni pompose di sole poche settimane fa sono archiviate e fruibili in eterno, ad imperitura memoria della loro falsità e della loro faccia tosta).

Per tutti coloro ancora in grado di fare due collegamenti logici, la reintroduzione del tampone quale mezzo prioritario per stabilire la “sanità” di un soggetto non significava altro che il ridimensionamento clamoroso dell’efficacia dei vaccini, efficacia su cui si era fondata tutta la narrazione degli ultimi mesi.

E sono di conseguenza stati anche numerosi i cittadini che hanno accolto l’ultima novità con enorme disappunto, soprattutto tra coloro che avevano aderito alla campagna e a cui era stato promesso che quello sarebbe stato il modo per poter ritornare a vivere una vita “normale”, senza tamponi e senza restrizioni.

Nello stesso momento, il goffo tentativo di continuare nell’individuare nei “no vax” i responsabili del mantenimento delle misure ormai fa breccia solamente in una piccolissima percentuale di fedeli, e gli stessi mezzi di informazione hanno ridimensionato questa narrativa.

Ci si potrebbe quindi chiedere il perchè di una mossa simile del governo, in un momento in cui comunque era riuscito a convogliare più dell’80% della popolazione a seguire le proprie indicazioni, e poteva anche utilizzare il bassissimo fattore di riempimento delle terapie intensive (praticamente vuote, con valori di occupazione paragonabili a quelli degli anni passati, quelli delle “normali” influenze stagionali) come prova del successo della campagna vaccinale.

Al contrario, proprio nel momento in cui la stragrande maggioranza ha aderito alla campagna, gli ospedali non sono sotto pressione, e l’ultima variante in ordine di tempo è all’unanimità riconosciuta come praticamente innocua, proprio ora il governo decide di inasprire tutte le misure di contenimento, esasperando anche coloro che fino adesso hanno obbedito a tutte le indicazioni diramate.

Un apparente controsenso, se non fosse che fin dall’inizio il governo, quello italiano come quelli della maggioranza dei paesi occidentali, aveva un progetto ben delineato da portare a termine: ARRIVARE AD IMPORRE UN NUOVO LOCKDOWN verso la fine di Gennaio, gli inizi di Febbraio.

Il lockdown in arrivo infatti rappresentava il punto d’arrivo di tutta la narrazione degli ultimi mesi, e il motivo della sua imposizione non sarà ovviamente di carattere sanitario, ma puramente economico.

Gli economisti più attenti si stanno da tempo occupando della particolare situazione finanziaria globale che si è venuta a creare negli ultimi anni: un mix letale di derivati fuori controllo, debiti ingestibili, creazione di denaro dal nulla da parte delle banche centrali che ha superato ogni soglia di logica e di buon senso, e per finire l’inevitabile processo di iperinflazione pronto ad esplodere, il vero e proprio fantasma oscuro che si aggira nel mondo occidentale.

E’ necessario quindi, dal loro punto di vista, in uno scenario simile, congelare l’economia mondiale, di nuovo, per un certo periodo, per evitare che la situazione sfugga totalmente di mano (ammesso che ciò non sia già successo).

Di conseguenza, la narrativa della pandemia, dei contagi fuori controllo, delle varianti pericolosissime e del rischio sempre maggiore dovrà essere portata ancora avanti, affinchè funga da giustificazione alle prossime chiusure già decise.

Ma tale narrativa mostra ogni giorno che passa sempre più crepe, ed ogni giorno diviene più complesso tenere in piedi tale enorme castello di bugie.

Carlo Brevi

Illustrazione di copertina: John Holcroft

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