La guerra permanente
Per anni ho seguito la politica internazionale molto più di quella interna, perché ho sempre ritenuto che i grandi giochi si facciano fuori dai confini e le domestic policy hanno una rilevanza molto limitata, in particolar modo sul fronte economico e della gestione delle risorse energetiche. Osservando lo scacchiere geopolitico si possono interpretare meglio le mosse dei governi nazionali, soprattutto all’interno della famigerata Alleanza Atlantica.
Faccio questa premessa perché trovo delle analogie tra le dinamiche delle guerre imperialiste degli ultimi decenni e quello che sta avvenendo in Italia dall’inizio dell’operazione pandemica. So che può sembrare una sgradevole provocazione ma non lo è. È sulle dinamiche e sul raggiungimento dell’obiettivo che verte la mia riflessione. È ovvio che non sto facendo un paragone dal punto di vista delle modalità di aggressione. Sarebbe però molto miope pensare che la guerra si faccia solamente con l’aviazione o coi droni, si fa anche con il terrorismo psicologico, la manipolazione mediatica e tutte le conseguenze di queste ultime tecniche che sono sotto gli occhi di tutti, o almeno di chi vuol vedere. I morti ci sono comunque, vengono solo causati diversamente. Ogni guerra viene studiata e pianificata in base a tanti fattori: geografici, socioculturali del paese in oggetto, non in ultimo economici. Sarebbe da stolti mettere in atto un’offensiva militare sul fronte occidentale, soprattutto se alla regìa dell’aggressione ci sono le stesse èlites coinvolte in altre aree del globo. Soprattutto se queste élites si professano “nostre alleate”. In realtà esse sono i nostri peggiori nemici.
Vado al dunque: se osserviamo alcune delle aggressioni imperialiste dell’ultimo decennio, ad esempio Iraq, Libia, ma anche lo stesso Afghanistan, sebbene sia un evento più datato, vediamo che nessuno di questi stati è stato raso al suolo per poi essere depredato subito delle sue risorse. Non è quello l’obiettivo, e non certo per magnanimità, per spirito umanitario o altro che viene solitamente propinato dalle narrazioni mainstream a cui abbiamo assistito in relazione a questi conflitti. L’obiettivo è il collasso dello stato e lo stato di guerra permanente. È quella la strategia “vincente” per passare successivamente alla spoliazione delle risorse. Non ho citato la Siria volutamente, lì lo stato fortunatamente non è collassato, per varie ragioni che non sono inerenti a questa riflessione.
In Italia lo stato non è collassato a livello istituzionale stricto sensu ma è collassato lo stato di diritto. Il nostro paese è stato gettato nel caos sotto molteplici punti di vista, dal governo Conte al governo Draghi sono stati emessi decreti (i famosi dpcm) e voti di fiducia su tutto, esautorando di fatto il parlamento dalle sue funzioni. Anche l’ultimo scempio incostituzionale sulla tessera verde è stato approvato col meccanismo del voto di fiducia, senza dibattito parlamentare. Sono stati messi in congedo i diritti fondamentali del singolo cittadino, è stato violato il diritto al lavoro, all’istruzione, all’accesso ai servizi pubblici basilari. Sono stati minati l’accesso ai servizi sanitari e alla socialità. Abbiamo inoltre assistito a sentenze contrastanti, all’uso arbitrario della forza pubblica e ad abusi di vario genere mascherati da “misure emergenziali”.
Quando tutti i comparti si trovano nel caos giuridico, quando l’erogazione dei servizi di uno stato va in tilt, quando il popolo si trova smarrito nel marasma dell’incertezza, dell’insicurezza sociale, economica e psicologica, credo si possa parlare di collasso dello stato, se non altro di quello di diritto come l’abbiamo conosciuto finora. È da qui che inizia la spoliazione lenta e meticolosa delle risorse, pubbliche e private. È nel caos che non ci si accorge di nulla perché il rumore generale sovrasta i passi felpati del ladro che entra a rubare. La svendita del patrimonio pubblico e dei comparti energetici è già iniziata da anni ma la cosiddetta “emergenza” ne sta favorendo l’accelerazione.
Le istituzioni non rispondono più agli interessi del paese e danno il nulla osta al capitale straniero, che a sua volta non risponde ad alcun popolo ma alle élites di cui sopra. Basti osservare le grandi multinazionali tecnologiche o le società di investimento e la loro influenza sulle politiche dei singoli stati. Sull’espropriazione dei beni privati non lancio alcun allarme perché non ne ho le competenze ma ricordare il blocco dei conti correnti greci, quando la BCE chiuse la liquidità, fa sempre bene per non ritrovarsi un giorno con il bancomat in mano mentre si presta più attenzione alla mascherina o a misurare la distanza col vicino di tavolo al bar.
Credo che una differenza sostanziale tra una guerra come quella in corso in Italia e una guerra imperialista, come quelle citate sopra, è che almeno in quei paesi non si ammazzano tra poveri e non si consegnano volontariamente all’aggressore.
Eppure il nemico è sempre lo stesso.
Illustrazione di copertina: Bill Bragg