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La merce globale per l’uomo globale

Multinazionali e globalizzazione si sono conosciuti ed hanno stretto una consapevole unione. Interessati ad ottenere vantaggi da questa alleanza quali che siano i danni all’umanità. Di che si tratta? Di stabilire l’universalizzazione, la distruzione sistematica, voluta del “localismo”, quindi di ogni Nazione, di ogni peculiarità non riproducibile altrove ma di creare merce per molte nazioni. Multinazionale, appunto: la globalizzazione della merce, il che esige l’uomo universalizzato, una entità indifferenziata che non ha predilezione per l’una o per l’altra merce, che può ricevere senza scegliere, senza rifiutare, che mette sullo stesso piano qualsiasi determinazione, dalla merce al sesso.

Poniamo un italiano abituato a mangiare gli spaghetti provenienti dal grano è localistico, gli spaghetti multinazionali evitano gli spaghetti localistici adatti soltanto o prevalentemente per gli italiani e suscitano gli spaghetti multinzionali, generici, diffusi per tutti i gusti non avendone alcuno. Le multinazionali detengono una struttura produttiva capace di fornire molte nazioni, non possono riconoscere il localismo. Un esempio banale, se un italiano non è abituato a nutrirsi di grilli arrosto basta trasportare queste prelibatezze da noi e convincere gli italiani, attraverso forme di comunicazione persuasiva di autorevoli nutrizionisti, che grilli e vermi sono pietanze ecologicamente e dieteticamente superiori rispetto alla perniciosa bistecca fiorentina. Avremmo (abbiamo) un caso di multinazionalità di trasferimento.

Un prodotto di una nazione viene posto, imposto ad un’altra nazione con argomentazioni ecologistiche, nutrizionistiche e soprattutto universalistiche: se fai lo schifiltoso hai dei pregiudizi. Fondamentalmente si cerca di creare la merce universale, sradicata dalla sua origine naturale: olio non da ulivo, latte non da mucca o capra, la merce multinazionale globale non sa di niente per un uomo che è neutralizzato nella sua possibilità di rifiuto.

D’altro canto, è comprensibile il fenomeno. Se la scienza è capace di compiere queste metamorfosi, inconcepibile non utilizzarle. Ma così si devasta l’uomo che sceglie, preferisce, rifiuta, è fedele a millenni di civiltà propria! Che argomenti sono questi rispetto al profitto? Dice il Signor Multinazionale: “Io non produco per una nazione, io produco per tutte le nazioni. Sono Multinazionale, ricordatevelo!”. Lo sappiamo e lo ricordiamo.

Il rischio, l’azzardo micidiale, eversivo di questa proposizione sta nel perdere l’individualità, non dico nazionale ma addirittura dei singoli individui. Si tenta (si attenta) di convincere il singolo individuo che  non è né uomo né donne né trans, né gay, ma un’entità sessualmente orientata a tutto, un individuo sessualmente multinazionale, globale, così come nell’alimentazione può mangiare grilli e bistecche o un prodotto che non è né l’uno né l’altro.

Estirpare ogni radice naturale e culturale, suscitare un soggetto privato di soggettività, accogliente, incapace di rifiuto, ecco lo scopo finale della globalizzazione, la quale propone la dissoluzione radicale del fondamentale residuo della nostra Costituzione: essere soggetti, soggettivi, individui che dicono sì ma anche no.

Dovremmo dire soltanto “sì”, chi respinge è intollerante, pregiudizievole, socialmente da ostracizzare. Ricevere tutto, accettare tutto, inglobare tutto, globalizzazione dell’individuo. Mai condannare, mai escludere, ingoiare tutto e tutti, essere “aperti” o con termine oggi in fulgore: essere empatici, che è ben diversa concezione dell’amare il prossimo tuo come te stesso, in questo ultimo caso io amavo l’altro come amavo me stesso, nell’empatia io amo l’altro come lui vuole essere amato, come lui è, e per quel che lui vuole, quindi perdiamo noi stessi.

Del resto, si sarà notato imperversa il “multi”. Multinazionale, multietnico, multireligioso… ma c’è qualcuno che voglia difendere l’Io, il Soggetto, l’Individualità, che ponga limiti, che apre e chiude, o in nome della merce universalizzata dobbiamo comprare tutto evitando preferenze, tradizioni, memorie, gusti, predilezioni! Il Singolo ha posto nella società multinzionale globalizzata empatica? O per essere come l’altro mi vuole (empatico), secondo il volere dell’altro io devo perdere il mio io?

C’è ancora un “Io” in questo mondo, il “sì” e il “no”? Possibile che io dovrei diventare io se sono gli altri, aperto, includente, “multi”? Vorrei essere soltanto italiano, posso? Mangiare al modo antico, è permesso? Preferire le donne, sono anormale? Niente in contrario a chi vuole rendersi cinese o peruviano, mangiare serpenti, amare il proprio sesso. Vorrei però non essere considerato illegale se preferisco quel che dichiaro di preferire. Il timore non è che propongono i vermi, felici loro, ma che impongano i vermi con una propaganda a favore dei vermi da far considerare un cannibale che mangia bistecche. Purtroppo, così come la riconversione verde è il modo per alterare la natura, il multietnismo, le multinazionali possono dissipare ogni identificazione.

Il rischio finale, dicevo, è la dissoluzione di chi rappresenta il vertice della Natura: la singolarità, l’Unico personale. Diverremmo spaventapasseri al vento. Meglio precisare: io sono io, tu sei tu, io non sono gli altri, gli altri non sono il mio io. Io posso amare il mio prossimo, ma non sono il mio prossimo. Anzi, addirittura: io posso amare l’altro se è “altro”, prossimo come me. Ma non me.

Antonio Saccà

Illustrazione di copertina: Steve Cutts

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