Attualità,  Politica

La sciagura afghana e l’Occidente ottuso

L’Afghanistan è un luogo fatale per le sorti del mondo. Secondo la narrazione canonica fu l’inizio della fine dell’Impero sovietico, e dunque originò la caduta della diarchia mondiale. È poi diventata la croce degli Stati Uniti e dell’Occidente che si sono dissanguati in tutti questi anni tra risorse economiche e reparti militari, per controllarlo e arginare le sue metastasi. Tutto inutile, vanificato in pochi giorni. L’Afghanistan è stato il luogo simbolico in cui ha preso corpo il terrorismo islamico e in cui ha preso fuoco la jihad, esportata poi nel mondo. Ma anche il centro di coltivazione e smistamento della droga internazionale. Un paese-simbolo, cerniera dolorosa tra Oriente e Occidente in più sensi.

Trent’anni fa, con la caduta dell’Unione Sovietica, nasceva il Nuovo Ordine Mondiale. Lo aveva proclamato George Bush. Un mondo unipolare, con un solo Impero e tanti satelliti, protettorati, periferie più o meno scontente. Per i dem progressisti, il nuovo ordine mondiale significava esportare la democrazia nel mondo e intervenire in difesa dei diritti umani. O meglio, laddove è possibile; in Cina per esempio, nessuno mai ha pensato di intervenire per difendere i diritti umani. Quella sciagurata teoria fu poi adottata di fatto anche dai repubblicani americani. Le cassandre occidentali temevano un effetto Cartagine sugli Stati Uniti perché avevano perso il loro Antagonista Globale, e furono presto servite: così nacque, rinacque, il Nemico Islamico.

In principio ci fu, trent’anni fa, la guerra del Golfo contro l’Iraq di Saddam, un tempo alleato d’Occidente usato contro l’Iran degli Ayatollah. L’attacco all’Iraq, i bombardamenti, le città distrutte, le sanzioni e l’embargo pure ai medicinali ne furono lo strascico bestiale. Poi, quando si riuscì a buttar giù il dittatore e condannarlo a morte, nacque il terribile, interminabile dopo Saddam tra governi fantoccio, insediamenti militari, attentati. Intanto era avvenuta la Nemesi, e la Catastrofe: vent’anni fa ci fu l’attacco alle Torri Gemelle, poi la guerra al terrorismo islamico di Al Quaeda e agli stati-canaglia che lo sostenevano. Fu allora che prese corpo l’avventura in Afghanistan, considerato il ricettacolo e il rifugio del terrorismo, a partire da Bin Laden. Poi l’occupazione occidentale, la cacciata dei talebani. Quindi il difficile controllo militare di quel paese martoriato, i fiumi di dollari buttati dagli Usa e dai loro alleati per debellare talebani e antioccidentali. Infine la ritirata dei giorni scorsi; non si fa in tempo ad andar via che tornano al potere i talebani. Evidentemente non erano stati emarginati e abbattuti, e non tutto il popolo era contento di stare sotto l’ombrello americano, almeno a giudicare dalla rapidità e dalla facilità con cui hanno ripreso il potere. Un Biden col viso tirato di un levriero afghano scarica l’errore su Trump ma si vede che accusa il colpo. I complottisti fantasiosi direbbero che Biden è la contrazione onomastica di Bin Laden. Nomen omen…

Trent’anni fa mi riconobbi nella posizione di Giovanni Paolo II contro la Guerra del Golfo e lo sciagurato intervento occidentale. Furono offerti potenti alibi e vistosi obbiettivi all’odio islamico contro l’Occidente; cominciò la loro “guerra di liberazione” vestita da jihad contro l’imperialismo occidentale. Due nazioni importanti come la Turchia e l’Iran vegliano da allora l’area.

Ma non fu solo l’Iraq o l’Afghanistan a caratterizzare l’interventismo euro-americano in quell’area bollente, caldeggiato da Israele: ci fu poi il sostegno alle primavere arabe, nella folle e ignorante presunzione che avrebbero condotto molti paesi maghrebini a convertirsi alla democrazia, ai diritti e alla libertà. E invece abbattuti i dittatori coi loro regimi di modernizzazione forzata, alla fine vinsero le fratellanze islamiche o scoppiarono le guerre tribali.

Da quelle primavere prese corpo la seconda ondata di terrorismo islamico, ancora di matrice sunnita: da Al Quaeda si passò all’Isis che ha avuto come nemico principale l’Europa e soprattutto la Francia, per il suo ruolo nella primavera araba. E non solo: caduti i regimi dittatoriali, cominciava l’esodo per le popolazioni, non solo di profughi e dissidenti ma anche l’ondata ben più massiccia di emigrati “economici”. Cominciava la grande migrazione islamica verso l’Europa, che un tempo era un’eredità delle colonie europee in Africa e in Medio Oriente, e ora invece si allargava ad ampio raggio. Con tutte le conseguenze che ben conosciamo.

Giunti a questo punto ci chiediamo: ma a cosa è servito l’interventismo militare, assistenziale e politico degli Usa e dell’Occidente? A cosa è servito esportare le democrazie e imporre i diritti umani, visti i risultati opposti? Ha incattivito il mondo islamico, ha fornito pretesti a quello più fanatico e integralista; ha ingigantito la rete del terrorismo, ha generato reazioni e contraccolpi sulle popolazioni, alimentando le migrazioni; e ora, colpo di grazia, riprende anche alla grande la via della droga dall’Afghanistan.

È valsa la pena la crociata americana, ha prodotto effetti benefici, ha evitato guerre e guerre civili, regimi dispotici, persecuzioni di minoranze e di cristiani, odii antiebraici e antioccidentali? No, niente di tutto questo, anzi.

Allora, semplificando al massimo, le soluzioni in campo erano di due tipi: o non intervenire, non interferire, limitarsi a garantire un minimo di agibilità nei rapporti politici e commerciali e un massimo di incolumità agli occidentali in quei territori. Oppure caricarsi della responsabilità di essere un Impero, imporre la propria lex universale con la forza e il coraggio e presiedere i luoghi caldi del pianeta. L’Occidente, e l’America più di tutti, ha scelto invece la via di mezzo, la peggiore: ha fatto massimi interventi economici e militari, ha buttato al vento soldi, generazioni, energie ricevendo poco o nulla, e oggi dopo che si è ritirato sa solo balbettare: presto, creiamo corridoi umanitari, tuteliamo i diritti umani, a partire dalle donne, salviamo la gente portandola da noi… Una sintesi al peggio di arroganza e viltà, resa stomachevole dalla glassa umanitaria.

Marcello Veneziani

Illustrazione di copertina: Sebastien Thibault

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