
L’epidemia: abbiamo raggiunto l’immunità di gregge?
Una delle cose che abbiamo imparato dall’epidemia è come la confusione più totale possa regnare in quel campo che ci viene detto essere della “Scienza.” I vari virologi televisivi ci hanno raccontato di tutto e di più su quello che gli passava per la testa a proposito dell’epidemia. L’ultimo argomento fra quelli più gettonati è l’”Immunità di Gregge” .
E allora si è sentito dire che l’immunità di gregge richiede il 70% di immuni, ovvero di vaccinati. No, richiede l’80%. No, il 90%. Aspetta…. È il 95%. No! Dobbiamo vaccinare assolutamente tutti, incluso i neonati. E, comunque, l’immunità di gregge non esiste. Anzi, chi la propone è un nazista perché vuole sterminare milioni di persone.
Allora, vediamo di fare un po’ di chiarezza in questa faccenda. Non pretendo di essere un epidemiologo, ma quello che si fa in epidemiologia è più che altro a proposito di modelli matematici e su questo, permettetemi, un tantino di esperienza ce l’ho: diciamo che sono almeno vent’anni che lavoro su modelli molto simili a quelli che si usano in epidemiologia.
Ciò detto, l’errore fondamentale che ha mandato la discussione fuori bersaglio è che si pensa che l’immunità di gregge sia un punto specifico in cui l’epidemia in qualche modo svanisce completamente. Ma non è così, e non ve lo dico soltanto io, ve lo dice Sunetra Gupta, professore di epidemiologia a Oxford (vedi più sotto). Lei spiega correttamente che “L’immunità di gregge è una variabile continua che aumenta quando le persone diventano immuni”
Ovvero, l’immunità di gregge esiste sempre lungo tutto il ciclo epidemico, fin dai primi casi. È l’effetto delle persone immunizzate. Che sia immunità naturale o generata dal vaccino, poco importa. Poche o tante che siano, le persone immunizzate rallentano la diffusione dell’infezione. Questa è la ragione per la quale, fra le altre cose, la crescita di un’epidemia NON è esponenziale, nonostante quello che continuano a raccontarci.
Via via che le persone immunizzate aumentano, a un certo punto, succede che la tendenza si inverte: il numero di infezioni comincia a diminuire. Di solito, si definisce quel punto come il raggiungimento dell’immunità di gregge. Ma non importa come definite il termine, l’epidemia va comunque a zero lentamente e, per certi patogeni, non sparisce mai completamente. Rimane in giro a bassi livelli, è quello che si chiama “endemizzazione.”
La ragione per cui non si arriva mai veramente a “contagio zero” è che certi virus, tipo il famoso SARS-CoV-2, mutano rapidamente per cui riescono a bypassare le difese immunitarie oppure anche a trovarsi un rifugio saltando da una specie all’altra. E allora possono venir fuori nuovi cicli epidemici, come si è visto succedere anche per il Covid. Ma, in ogni caso l’immunità di gregge già esiste a livello globale ed è il fattore principale che tiene l’epidemia sotto controllo: è ormai oltre un anno che oscilla, ma non aumenta più in modo significativo.
Quindi, leggete Sunetra Gupta che vi spiega la faccenda con una chiarezza eccezionale.
(Prof. Ugo Bardi)
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Dal Blog di Sabino Paciolla, tradotto da “Collateral Global”
di Sunetra Gupta
Lo sviluppo dell’immunità attraverso l’infezione naturale è una caratteristica comune di molti agenti patogeni e ora sappiamo che il COVID-19 non ha alcun asso nella manica per evitare che ciò accada. Se lo avesse fatto, avrebbe rappresentato un serio problema per lo sviluppo di un vaccino. Detto questo, il COVID-19 appartiene a una famiglia di virus che in genere non conferiscono un’immunità permanente contro le infezioni. La maggior parte di noi non ha mai sentito parlare degli altri quattro coronavirus “stagionali” che attualmente circolano nelle nostre comunità. Eppure, i sondaggi indicano che almeno il 3% della popolazione è infettato da uno di questi cugini del corona durante i mesi invernali di ogni anno. Questi virus possono, e lo fanno, causare decessi in gruppi ad alto rischio o richiedere loro di ricevere cure in terapia intensiva o supporto ventilatorio. Quindi, non è necessariamente vero che siano intrinsecamente più miti del nuovo virus COVID-19. E come il virus COVID-19, gli altri coronavirus sono molto meno virulenti negli anziani sani e nei giovani rispetto all’influenza.
Una ragione importante per cui questi cugini corona non uccidono un gran numero di persone è che, anche se perdiamo l’immunità e possiamo essere reinfettati, c’è sempre una proporzione sufficiente di persone immuni all’interno della popolazione che mantengono basso il rischio di infezione per coloro che potrebbero morire contraendolo. Inoltre, tutti i coronavirus in circolazione, incluso il COVID-19, hanno alcune caratteristiche in comune, il che significa che prendere un coronavirus probabilmente offrirà una certa protezione contro gli altri. Questo sta diventando sempre più chiaro dal lavoro in molti laboratori, incluso il mio laboratorio a Oxford. È sullo sfondo dell’immunità acquisita al COVID-19 stesso, nonché dei suoi stretti parenti, che il nuovo virus deve operare.
È fuorviante parlare di “raggiungere” l’immunità di gregge. L’immunità di gregge è una variabile continua che aumenta quando le persone diventano immuni e diminuisce quando perdono l’immunità o muoiono. Esiste una soglia di immunità di gregge alla quale il tasso di nuove infezioni inizia a diminuire. Non abbiamo ancora un’idea chiara di quale sia questa soglia per la COVID-19 poiché il panorama della trasmissione include persone che ne sono suscettibili, persone che hanno sviluppato l’immunità e persone che hanno l’immunità ad altri coronavirus.

Sfortunatamente, non abbiamo un buon modo per dire quante persone sono state esposte al nuovo virus, né quante persone hanno resistito all’inizio. Possiamo testare gli anticorpi ma, come con altri coronavirus, i livelli di anticorpi COVID-19 diminuiscono dopo la guarigione e alcune persone non li producono affatto. Pertanto, i livelli di anticorpi non risponderanno a questa domanda. Si stanno accumulando sempre più prove che altre forme di immunità, come le cellule T, svolgano un ruolo importante.
Le indicazioni del raggiungimento della soglia di immunità di gregge in una data località sono visibili nelle indicazioni temporali delle epidemie in cui le curve di morte e infezione tendono a “piegarsi” in assenza di intervento o a rimanere basse quando gli interventi sono allentati (rispetto ad altri luoghi in cui è avvenuto il contrario). Sfortunatamente, non sappiamo quanto siamo lontani (o vicini) a quella soglia nella maggior parte del mondo. Ciò significa che dobbiamo prendere decisioni di salute pubblica basate solo su informazioni limitate e farlo in un ambiente in continua evoluzione.
La protezione mirata è stata inizialmente proposta come soluzione per come procedere di fronte a tale incertezza e rimane rilevante ora. Suggerisce di sfruttare il fatto che COVID-19 non causa molti danni alla grande maggioranza della popolazione e consente a quegli individui di riprendere le loro vite normali, proteggendo al contempo coloro che sono vulnerabili a gravi malattie e morte. Abbiamo buone informazioni su chi rientra in questi gruppi e la disponibilità di vaccini, che offrono un’eccellente protezione per le popolazioni vulnerabili e proteggono dalle malattie ospedalizzabili, ci forniscono l’ambiente ideale in cui attuare un tale piano.
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Sunetra Gupta è professore di epidemiologia teorica presso il Dipartimento di zoologia dell’Università di Oxford e membro del comitato consultivo scientifico di Collateral Global. Questo è un ente di beneficenza registrato nel Regno Unito, dedicato alla ricerca, alla comprensione e alla comunicazione dell’efficacia e degli impatti collaterali degli interventi non farmaceutici obbligatori (MNPI) adottati dai governi di tutto il mondo in risposta alla pandemia di COVID
Illustrazione di copertina: Sebastien Thibault

