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Lettera aperta a Michele Serra

Non credevo ai miei occhi, quando ho letto le Sue parole, Signor Michele Serra, nell’articolo della Sua rubrica “L’amaca”, dal titolo “Chi ha risarcito i nostri antenati?

Lei, signor Serra, steso comodamente, appunto, sulla Sua amaca dondolante e sollevata dalla polvere terrena, si domanda stupito ed infastidito, perché le categorie danneggiate dai provvedimenti liberticidi ed insensati del governo disturbino la quiete pubblica, reclamando ristori e risarcimenti. In fondo, lascia capire, che sarà mai essere praticamente chiusi da un anno, con una finestra estiva troppo breve per riparare i danni, mentre le spese per gli affitti e le tasse comunque incombono? Lei filosofeggia e chiosa con un “La sfiga esiste, per dirla con parole povere eppure ricche di significato”, quindi se un ristorante, ad esempio, è stato chiuso, per Lei è solo sfortuna: beh, sì, la sfortuna di avere avuto un governo di scappati di casa che non ha trovato di meglio che chiudere tutto sine die, non sapendo cos’ altro fare.

Eh, ma questa sfortuna, caro signor Serra, mica se la sono cercata queste categorie che pare siano i novelli untori del XXI secolo, sa?

Lei si domanda chi avesse risarcito i nostri antenati “dei lutti e dei rovesci indotti dalla caterva di guerre e pestilenze che affliggono l’umanità da quando esiste” e si risponde dicendo che i risarcimenti sono sempre stati pari a zero. La correggo: a parte che sono previsti anche i danni di guerra, nessuno, comunque, prima di ora, aveva chiuso per decreto legge o DPCM delle attività, individuando in esse la causa dei contagi, senza fra l’altro uno straccio di prova scientifica.

La “sfiga” esiste, certo, quando gli affari vanno male per tante ragioni, e nessuno pretende risarcimenti, in questi casi, perché è rischio d’impresa: ma le categorie che Lei addita con disprezzo, definendole “pigre” nella loro contribuzione attraverso le tasse, chiedono solo di lavorare e non pretenderebbero altro, se non fosse che il regime terapeuticamente corretto, che sciorina ogni giorno cifre di morti e contagiati, ha deciso che gli untori sono coloro che gestiscono attività “non essenziali”.

I nostri antenati subivano le ingiurie della sorte: oggi noi tutti, tranne i privilegiati come Lei, subiamo i soprusi di un regime sanitario che dovrebbe risarcire i danni che provoca, ma Lei finisce in bellezza il Suo delirante sproloquio giornalistico con un disarmante: “avessero almeno (le categorie che chiedono i ristori n.d.r) l’eleganza di fare finta di niente, sarebbe meglio”.

Sa cosa Le dico, signor Serra, cosa invece sarebbe davvero meglio? Se non scrivesse articoli insensati ed offensivi per l’intelligenza di chi legge e, mi permetta, anche per la Sua.

Resti sulla Sua amaca, ma, qualche volta, si degni di scendere e rimetta i piedi sulla terra, ma stia attento, perché la “sfiga” gira, e, magari, un giorno, quello stato che, secondo Lei, non avrebbe nessun dovere di risarcire coloro che lui ha messo sul lastrico, potrebbe decidere di non concedere più contributi alle testate giornalistiche, e Lei (non glielo auguro) potrebbe anche trovarsi senza lavoro: allora sarebbe interessante sapere cosa scriverebbe.

Ops, giusto, scusi, non potrebbe più scrivere, ma, mi creda, non si perderebbe molto, perché davvero la Sua attività, per come la conduce, è “non essenziale”. Anzi, direi perfino dannosa.

Mi auguro solo che provi vergogna per quello che ha pensato e scritto.

Stefano Burbi

Illustrazione di copertina: Joey Guidone

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