Libri in libertà

Libri in libertà: “Teatri di guerra contemporanei”

Quando un fotografo conduce un lavoro di documentazione a lungo termine in un territorio non si limita ad accumulare immagini in un hard disk, ma diventa in qualche modo parte integrante del tessuto sociale di quel luogo. L’accesso privilegiato nell’intimità delle vite dei protagonisti fa sì che il suo punto di vista diventi sovrapponibile, o quantomeno complementare, a quello dei personaggi delle sue storie. In quest’ottica, la testimonianza del fotografo non si limita a fungere da didascalia alle immagini, ma diviene anch’essa parte del racconto.
Teatri di guerra contemporanei, oltre a raccogliere alcune delle più significative immagini realizzate da Giorgio Bianchi in Siria e Ucraina, è il racconto dei conflitti avvenuti in quei luoghi e delle loro conseguenze sulle popolazioni attraverso gli occhi di un testimone che li ha vissuti in prima persona assieme ai protagonisti delle sue storie. 

“Il mio intento è stato quello di riuscire a trasmettere al lettore quella dimensione che talvolta non traspare dalle fotografie, ma che comunque ne è parte integrante al pari delle immagini. Mi riferisco al paesaggio interiore dell’autore, ovvero a quell’insieme di ricordi e di emozioni difficilmente esprimibili attraverso la fotografia e che richiedono un ulteriore linguaggio per essere esplicitati.”

Raccontare attraverso le storie di persone comuni

“La scelta nasce dal fatto che raccontare la guerra come sparatorie ed esplosioni non è altro che accumulare immagini che possono riferirsi a un contesto qualsiasi. Andare a cercare le storie paradigmatiche di persone che sono caratteristiche di quel luogo, persone che hanno continuato a vivere sulla loro terra nonostante la guerra, cosa che denota un attaccamento che per esempio noi non abbiamo più alle nostre tradizioni alla nostra lingua, è un altro tipo di approccio che, secondo me, restituisce un quadro più completo. La guerra è un un qualcosa che viene vissuto dagli uomini e questi uomini possono essere civili o dei civili che indossano un’uniforme e quindi essere temporaneamente soldati ma gli effetti sono sempre gli stessi. Quando cessano le regole della convivenza civile tutto è lecito e quindi ti ritrovi con persone che vivono senza acqua corrente, senza elettricità, senza riscaldamento anche a -20°. Sono situazioni pesanti, solo in apparenza specifiche di un luogo, pur avendo delle similitudini anche con altri luoghi, cosa che ho cercato di mostrare facendo il paragone con la situazione siriana.” (1)

Il conflitto in Ucraina una “guerra fratricida” e il conflitto in Siria una “guerra per procura”

“Quello che accomuna il mio lavoro in questi due territori è stato l’approccio e lo sguardo, perché io mi sono sempre concentrato sulle storie di singoli personaggi per cercare di descrivere in maniera indiretta le conseguenze della guerra. Non dimentichiamoci che la Siria era considerato un diamante del Medio Oriente, un esempio di convivenza tra diverse confessioni religiose; mentre l’Ucraina era un Paese povero seppur non ci fosse miseria. Dunque il mio sguardo si è concentrato sulla vita di personaggi paradigmatici di questa condizione. Per esempio ho indagato la vita dei minatori, di cui in Ucraina vi è una lunga tradizione, ho seguito la vita dei soldati in prima linea, delle ballerine del Teatro dell’Opera. La cosa che mi ha più colpito di questo conflitto è che quando io arrivai a Donetsk la città era pressoché disabitata, ma il Teatro dell’Opera continuava a funzionare. La maggior parte degli artisti e delle maestranze si sono riunite e, pur non percependo la paga per un lungo periodo, hanno continuato a dare vita agli spettacoli per dare sollievo alle persone. Parecchie volte mi è capitato di essere in prima linea nelle trincee per poi andare a teatro a fare un servizio di backstage. Per un attimo dimenticavo l’orrore che avevo provato la sera prima e la vicinanza con la morte.” (2)

A un certo punto quello che trovi attraverso l’informazione tradizionale non ti basta più perché alcune cose non tornano quindi senti l’esigenza di andare a vedere di persona queste situazioni.

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Autore

Giorgio Bianchi è un fotogiornalista, documentarista e blogger italiano. Ha realizzato reportage in Europa, Siria, Russia, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India. Nella sua fotografia Giorgio ha sempre dato particolare attenzione alle tematiche di carattere politico e antropologico, alternando progetti personali a lungo termine a lavori su commissione. Dal 2013 ha compiuto diversi viaggi in Ucraina per documentarne, attraverso immagini e video, la crisi, a partire dagli scontri di Euromaidan fino all’odierno conflitto nel Donbass. Si occupa del conflitto siriano dal 2016. Il lavoro di Giorgio ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali e viene pubblicato regolarmente su riviste e giornali, cartacei e online. Le sue fotografie sono state esposte sia in Italia che all’estero.

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