L’industria della riproduzione umana
Il capitalismo globale, dilagante sul pianeta sia quantitativamente (non esiste più un angolo della terra che non venga da esso depredato o minacciato), sia qualitativamente (non esiste più nessun ambito della vita che non venga da esso rapinato e commercializzato), sta arrancando a tutta forza, anche se un po’ ansimante, verso il prossimo traguardo: la mercificazione della procreazione umana.
Di questi tempi il parto normale nel nostro paese è un sottoprodotto di scarto. L’operazione chirurgica è il prodotto “eccellente”: si compra e si vende, e l’operazione chirurgica rende di più. Lo stato pagherà di più, cioè più soldi saranno estorti al popolo per tagliare le pance delle sue donne-madri, di quanti ne sarebbero pagati per un normale parto. E dunque in questo terzo millennio d.C. in Italia quasi il quaranta per cento dei parti avviene con taglio cesareo, e si arriva al sessanta per cento e più in molte zone del sud Italia.
Il progresso però non si ferma mai, neanche al parto ospedalizzato con taglio cesareo. L’obiettivo che perseguono i dominatori nella nostra civiltà è l’eliminazione totale di un mezzo di produzione di cui non possono impossessarsi: la donna. L’obiettivo correlato e conseguente è quello di trasformare in merce l’unica cosa non ancora mercificata: la riproduzione umana.
La produzione di esseri umani, questo è l’obiettivo verso cui si dirige a passo di marcia la gloriosa civiltà della guerra e del progresso. Il progresso essendo inarrestabile e il nuovo che avanza sempre meglio del vecchio che arretra.
Una nuova industria quindi si affaccia all’orizzonte: la scienza, la tecnica, la politica, la cultura del cosiddetto terzo millennio (terzo da quando?) spingono e tirano verso tale orizzonte.
Hanno cominciato con le piante: organismi geneticamente modificati e brevettati. Ora le piante OGM appartengono alle multinazionali, i loro semi sono proprietà privata col “diritto d’autore” e chi li coltiva deve pagarlo ai proprietari, se no è un ladro.
Hanno provato anche a clonare gli animali: hanno preso cellule somatiche e le hanno infilate in cellule uovo, per produrre un animale identico al donatore della cellula somatica. Intanto hanno cominciato a pasticciare con uteri, ovuli, embrioni e spermatozoi umani.
Li hanno usati come usano la materia di cui separano le componenti per poi rimetterne insieme alcune, che insieme non dovrebbero stare; questi li chiamano “materiali sintetici” come se si trattasse di una sintesi, mentre è una deformazione mostruosa. E tutti i materiali sintetici sono nocivi alla vita.
Anche i cloni animali sono poveri mostri deformi che vivono torturati dalla malattia e muoiono anzitempo.
Adesso tocca all’essere umano.
Bisogna che esso diventi merce al cento per cento. Non basta che si comperi e si venda il lavoro umano. Questa è roba vecchia, così vecchia che la consideriamo naturale. Non basta che si comperi e si venda l’atto sessuale; anche questa è roba vecchia e che si comincia, nel trionfo della libertà di essere dementi, a considerare anch’essa naturale. Non basta nemmeno che si comperi e si venda la morte, in forma di organi espiantati o di film in cui donne e bambini vengono violentati e uccisi.
Bisogna arrivare a comperare la vita.
Non si possono comperare bambini già fatti e adottarli, non legalmente (questo tipo di mercato fai da te sarebbe concorrenza sleale nei confronti del capitale globale), ma si possono produrre e vendere, e questo è legale in molti paesi, come si affrettano a farci sapere i media servi che fanno pubblicità al nuovo mercato. D’altra parte è questo ormai il loro unico ruolo: pubblicizzare il mercato in ogni suo aspetto, sia in modo palese che occulto.
I bambini si “producono legalmente” in cliniche specializzate (ecco gli splendidi traguardi della scienza medica) e li vendono delle specializzate agenzie di servizi, tutte molto occidentali. A parte qualche briciola in paesi dell’est Europa che stanno cercando disperatamente di spostarsi a ovest.
Potete trovare la merce anche su internet e su internet sceglierla. Il “donatore” e la “donatrice” li trovate su cataloghi on line. Non sono donatori nel senso che si dava un tempo alla parola “dono”, dato che vengono pagati per le loro prestazioni (o servizi, o merci, come possiamo chiamarli?).
Venghino, signori, venghino al mercato della vita, al mercato totale! Qui si compera la vita umana: semi, ovuli, embrioni, neonati! Non c’è trucco, non c’è inganno! Ci sono i cataloghi per scegliere la merce, ci sono i contratti e ci sono gli avvocati per ogni possibile imprevisto.
Qui si vende e si compera il seme umano. Lo vendono gli studenti universitari di razza bianca (sono i più quotati sul mercato) per comperarsi lo smartphone o la cocaina. Qui si vendono e si comprano gli ovuli delle donne. Piacenti e di razza bianca, meglio se istruite e di successo, perché i dementi dilaganti ormai credono che persino l’istruzione sia ereditaria. Li vendono, facendosi imbottire di medicine per produrne di più, le studentesse americane per comperarsi i vestiti firmati o la Mercedes, le giovani ucraine abbandonate dal marito per mantenere i figli.
La richiesta è per donne di “razza caucasica”. Una volta si definiva “ariana” e tutte e due le definizioni sono prive di senso. Devono essere bianche, le venditrici dei propri ovuli: chi paga non vuole merce di scarto.
Ci sono le “fiere della maternità surrogata”. Nel 2016 si è svolta la seconda fiera a Bruxelles, nel cuore dell’Europa Occidentale dove il progresso avanza a grandi passi. Le ditte hanno esposto la loro merce. Cataloghi, naturalmente; sperma, ovuli, embrioni e “portatrici” (chiamano così le donne che affittano la propria gravidanza) non sono cose da far vedere in “carne e ossa”. In compenso ci sono anche le foto di una parte dei neonati prodotti, con il loro prezzo a fianco. Neanche tanto cari, più o meno come un monolocale a Milano. Le fiere si svolgono in ambienti discreti, come potete immaginare; alberghi a cinque stelle, per esempio, dove tra l’altro le aziende interessate fanno accordi commerciali riguardanti questo nuovo mercato globale. Nuovo ma già promettente e ricco di possibili sviluppi, con l’aiuto dei “media servi” e della pubblicità palese e occulta.
Grazie alla “comunicazione di massa” oggi si può convincere la massa a benedire qualsiasi cosa e ad acquistare tutto ciò che viene messo in vendita. Fortunatamente (per il capitalismo globale) non ci sono più individui, comunità, popoli, ma solo “masse”, e anche piuttosto gelatinose: basta uno stampo e prendono la forma che vuoi. Gli stampi li forniscono i media e la politica, che stanno pronti allineati sulla credenza delle multinazionali e che vengono utilizzati quotidianamente nelle preparazioni delle loro ricette. Le masse ingurgitano.
Così, dopo che gli “uomini di scienza” avranno fatto un po’ di lavoro con ovuli e sperma, come cuochi diabolici in una cucina infernale, ecco l’embrione. Manca solo l’utero.
Niente paura! Ci sono anche per questo fornitori e materia prima. In India, dove la materia prima è più a buon mercato, quasi eccedente come la miseria, si “producono” più di trentamila parti l’anno. Le incubatrici umane vengono riempite con gli embrioni caucasici e, dopo nove mesi, passati in una “clinica”, cioè un camerone spoglio ma sotto controllo medico (mica si può lasciarle ritornare alle loro baracche circondate dalle fogne a cielo aperto con in pancia un prodotto caucasico della più avanzata tecnologia), scodellano il prodotto finito: un essere di razza bianca che non appartiene alla donna che lo ha portato in grembo, ha avuto le nausee, lo ha sentito scalciare, lo ha partorito con dolore; non appartiene alla donna né all’uomo da cui erediterà il taglio degli occhi, la forma della bocca, l’odore, il colore dei capelli, il timbro della voce. Appartiene a chi l’ha comprato. E gli ha così già preparato un destino di infelicità atroce e di malattia mentale.
Venghino, signori, venghino! Ammirino i nuovi fenomeni del nuovo baraccone: la donna-ovulo, l’uomo-sperma, la donna-utero! E ammirino i prestigiatori che tirano fuori dal cilindro un neonato!
Si vende e si compra!
E’ un vero peccato che un mercato così organizzato e scientifico debba dipendere per la produzione della merce, durante nove cruciali mesi più il momento cruciale del parto, da esseri così poco scientifici e imprevedibili come sono le donne, e tanto più le donne in gravidanza. Che, si sa, sono a volte propense ad affidarsi all’istinto e a cedere ai sentimenti.
Intorno all’industria e al mercato della procreazione e dei neonati si sviluppa un indotto non di poco conto, a partire dagli avvocati che studiano i contratti di compravendita. La prima fiera della procreazione commerciale si è tenuta a Londra nel 2009 (si sa che l’Inghilterra è sempre stata all’avanguardia nell’industria, non meno che nel commercio) con ottanta “espositori”. Chi vendeva sperma, chi ovuli, chi affittava uteri, chi offriva consulenza per aggirare leggi troppo antiquate.
Ma la prorompente, fulgida e galoppante scienza moderna al servizio del capitale, del commercio e dell’industria e dei loro profitti, sta lavorando alacremente per ovviare all’inconveniente. E infatti c’è già chi pensa al prossimo passo: fabbricare in laboratorio quel prodotto che ancora necessita di un utero femminile per svilupparsi. E fabbricarlo secondo i gusti e la quantità di soldi del cliente.
L’utero artificiale, ecco l’orizzonte verso cui si dirige a tutta forza la mitica e mitizzata scienza moderna. Un bell’utero di plastica e acciaio, asettico e scientifico, dove tutti i nutrienti necessari saranno scientificamente dosati. Non ci vorrà molto a convincere le masse della superiorità di un macchinario moderno e scientifico, rispetto a un’arretrata parte del corpo piena di batteri e soggetta a tutti gli imprevisti della vita. Chissà, un domani… si potrebbe impedire per legge il parto naturale, ovviamente per il bene della donna e del bambino! Sempre se ce ne sarà bisogno, a volte basta la persuasione, come la storia recente ci dimostra ogni giorno. Hanno ben convinto generazioni intere che il latte artificiale era meglio di quello naturale, che i bambini andavano svezzati a due o quattro mesi, che in casa con la levatrice non si può partorire, che anche i moribondi vanno vaccinati.
Un medico statunitense ha detto di avere già reimpiantato in uteri di donne i loro cloni. Gli altri medici negano che ciò sia già possibile, intanto fecondano artificialmente ovuli femminili, ne tengono gli embrioni in congelatore, fanno loro biopsie e ne analizzano il DNA per vedere se sono portatori di malattie ereditarie, scongelano embrioni e li reimpiantano, coltivano dagli embrioni cellule staminali per produrre organi umani.
Per ora ci sono le “madri surrogate” che vendono il proprio, di utero, per contenervi un embrione che non è il loro, sviluppare una gravidanza che permetta di crescere a un feto già acquistato da altri con regolare contratto.
Qualcuno di voi inorridisce?
E’ il progresso, bellezza! E’ il progresso di un capitalismo senza più freni, cioè libero, in un libero mercato da tanti auspicato. Del resto, lo sapevate che l’essere umano non è più un animale, non fa più parte della natura; e cos’è il contrario di “naturale”? “Artificiale”. Dunque il libero mercato punta a produrlo artificialmente. E’ vero che il contrario di “naturale” è anche “snaturato” o “contro natura” ma questi, in una società e in un’organizzazione economica snaturata e contro natura, sono considerati termini arretrati, desueti, obsoleti.
Non vedete come diffusi e autorevoli giornali e riviste presentino la cosa in modo che la troviate normale, se non addirittura auspicabile? Il prestigioso settimanale intellettuale e cosmopolita per gente aggiornata vi elenca tutti i paesi dove comprare e vendere ovuli, spermatozoi, embrioni e uteri e il loro prodotto finito, cioè neonati, è consentito e legale. In modo che cominciate a pensare: se lo fanno tutti… Anche se non è vero. La più frivola rivista femminile vi presenta il nuovo mercato con la foto di una bellissima fotomodella indiana, con un cuscino sotto la blusa che così sembra il pancione, e vi elenca improbabili e fantastiche (nel senso che nascono dalla fantasia del giornalista) donne indiane che, affittando l’utero (e vendendo quei nove mesi che diventano un bambino da loro partorito) si sarebbero comprate la casa o l’università per la figlia che non hanno venduto.
Ma le foto vere delle madri in affitto mostrano povere donne desolate che, per combattere la miseria, vendono qualcosa di incommensurabile, e lo sanno e ne soffrono, a quegli stessi che la loro miseria l’hanno provocata.
Un po’ alla volta, adelante con juicio. Venghino, signori, venghino al mercato umano! Sarà quotato in borsa, all’inizio si tratterà di un lusso per ultraricchi, poi si vedrà di arrivare alla produzione in serie. Un bambino identico al padre compratore? Alla madre compratrice? Ai due padri o alle due madri acquirenti? Una bambina? Rossa di capelli e con gli occhi azzurri? Biondo? Alto? Ariano?
Un particolare non insignificante, che ovviamente, nel trionfo del progresso del mercato, depone a favore della produzione artificiale di neonati: se il prodotto non è riuscito bene o non incontra i gusti del cliente, costui può rifiutarlo. Ecco che da prodotto d’eccellenza si ridurrà ad essere un normale bambino abbandonato in un normale istituto di un paese del terzo mondo. Dopo aver avuto un intero branco di “genitori”, si ridurrà ad orfano totale. Ma i “clienti” hanno così l’assicurazione di un prodotto di loro gusto.
Per intanto dalle cellule staminali si tenta di produrre organi nuovi per sostituire i pezzi di ricambio guasti di esseri umani che, separati come sono dalla rete della vita, vengono avvelenati dal cibo che mangiano, dall’acqua che bevono, dall’aria che respirano e, ultime ma non in ordine d’importanza, dalle sostanze chimico sintetiche o “medicine” propinate loro da quella stessa scienza medica che sta studiando di produrre i pezzi di ricambio. “Alba di una nuova era”, “fabbriche di organi”. Appunto. “L’azienda farmaceutica Geron Corporation, dopo l’annuncio, ha visto raddoppiare le sue azioni a Wall Street”.
Scienza e medicina (le due parole significavano un tempo sapere, conoscenza, sapienza; capacità di curare, assistere, guarire) sono oggi quotate in borsa. Come mai? Cosa vendono e cosa comprano?
“Per ora si produrranno muscoli, neuroni, cartilagine” ci saranno “banche di cellule-madri congelate”.
Ma da dove arrivano gli embrioni per le cellule-madri congelate? Dagli “ovuli in sovrannumero” di coppie fecondate artificialmente e di “donatrici di ovuli”. Ed ecco perché la fecondazione assistita è lautamente sovvenzionata da stati che fanno invece pagare medicine indispensabili, operazioni chirurgiche, assistenza ai malati terminali, e riducono ogni giorno il personale sanitario.
Tutte le frasi tra virgolette, notate bene, sono prese da “Biotecnologia.it” sul cui sito ci sta pure una “Società di consulenza finanziaria in biotecnologie” per “investire con successo”.
Venghino, signori, venghino! Qui si vende e qui si compra e si fanno lauti guadagni e si rafforza il proprio dominio.
La Geron Corporation, per esempio, che sovvenziona gli studi verso l’alba di una nuova era, dal 1990, quando è nata, si è appropriata di quasi trecento brevetti. Cosa brevetta? Ma, perbacco! Brevetta anche le cellule staminali dei suoi embrioni congelati: brevetta la vita umana!
Ci sono due piccoli inconvenienti a cui il progresso dei mercanti della vita dovrà ovviare. Il primo è che ci vogliono sempre gli ovuli e dunque ci vogliono delle donne, ma questo è un problema secondario; hanno ben trovato donne che affittano il loro utero, sarà sempre più facile trovare le donne venditrici dei loro ovuli in una civiltà dove il metro di misura per giudicare un individuo è quello dei soldi che possiede; in una civiltà dove milioni di disperati vagolano sulla crosta terrestre, alcuni in cerca di scampo, altri in cerca di una vita dignitosa, altri inseguendo il sogno occidentale della ricchezza e del dominio.
Il secondo inconveniente è che ci vogliono i frigoriferi, e in questa civiltà, che sta spremendo le rocce per ricavarne un petrolio in esaurimento, e che demanda alle macchine il lavoro per risparmiare su salari sempre più bassi di lavoratori sempre più scarsi, il funzionamento dei frigoriferi potrebbe rivelarsi più precario di quanto non si creda.
“Voi potreste, col tempo, scoprire tutto ciò che c’è da scoprire e, tuttavia, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanarvi dall’umanità. L’abisso tra voi ed essa potrà divenire un giorno così grande, che al vostro grido di gioia per ogni nuova conquista potrebbe rispondere un grido universale di orrore” (Bertolt Brecht, “Vita di Galileo”).
Illustrazione di copertina: Kotynski