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L’inferno, ovvero il Nulla

Chi ha avuto inculturazione cattolica da bambino, ricorderà che il pensiero dell’Inferno era angosciante per via del fatto che non sarebbe finito mai.

Allora, di fronte a questa crisi che è narrata come senza fine ormai ai livelli più ufficiali, viene talvolta da chiedersi: e se fossimo morti senza accorgercene e ci fossimo risvegliati all’Inferno?

I volti di Galli, Burioni, Crisanti e Ricciardi, d’altro canto, sono perfetti per il ruolo dei dèmoni che tormentano le anime dannate infliggendo a esse, perpetuamente, il supplizio della paura.

Proprio come gli ospiti dei Gironi e delle Bolge, noi soffriamo l’assoluta lontananza da qualsivoglia luce divina. Lontananza che viene incrementata da una scienza che, oltre a un potere temporale che gli consente d’imporre la clausura dei corpi, ha acquisito il potere spirituale di indurre nelle coscienze la visione d’un mondo dominato dall’indifferenza del Caso, ove non è quindi pensabile alcuna forma di redenzione.

A differenza che nell’Apocalisse giovannea, alla fine delle attuali tribolazioni non ci sarà un Dio che asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. Dominerà invece su tutto, incontrastato, il Nulla di una sopravvivenza da larve, tremanti di paura all’infinito.

Nel film horror-filosofico di Kiyoshi Kurosawa intitolato “Kairo”, i fantasmi rivelano agli uomini la più angosciante delle verità riguardo a cosa attenda l’uomo dopo la morte: non già fuoco e patimenti, bensì un’eterna solitudine in mezzo al nulla.

Quella che era pessimistica immaginazione diventa, grazie alla nostra rassegnata e pavida accettazione, la realtà materiale dell’Inferno sulla Terra, ovvero l’intero arco dell’orizzonte temporale e dell’avvenire, inghiottito da un Nulla senza motivazione e senza sentimento.

Riccardo Paccosi

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