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L’onnipotente Leviatano

Il problema non è solo il fatto che si apre ridicolmente poco, ridicolmente tardi, con criteri contorti e incomprensibili. Certo, quello è un problema grosso. Mezza italia che produce e lavora continua ad essere calpestata, disprezzata, si continua a pensare che possa vivere d’aria, dandole tutt’al più un parziale contentino. Ma il vero problema sta nelle idee che stanno dietro questa riapertura “dorotea”, gesuitica.

Il vero problema è che il governo e la classe politica continuano a pensare che le aperture siano un pericolo, e debbano essere ancora appese ai famosi “dati” rigirabili come le tre carte, e possano tranquillamente essere “consentite” oggi per essere rinnegate domani.

Nonostante i “dati” veri, statistiche e ricerche scientifiche, dimostrino da tempo che lockdown, restrizioni, “fasce” non hanno influito positivamente su contagi, ospedalizzati e morti, né in Italia né in altri paesi. E anzi ci sono buone ragioni per ritenere che costringendo la gente a stare di più a casa si incentivino le occasioni di contagio.

Il problema è pensare ancora che ristoranti, palestre, piscine, cinema, teatri, aperitivi possano essere cause di diffusione del contagio, nonostante i severissimi protocolli di sicurezza ad essi imposti da tempo, quando è dimostrato che non è così. Il problema è continuare a pensare che una misura liberticida e incostituzionale come il coprifuoco serva a qualcosa, che la sera per strada circolino gli untori.

Il problema è continuare a non dire che imporre la mascherina all’aperto serve soltanto a rendersi ridicoli e ad alimentare le psicosi dei mentalmente fragili, nonostante sia inequivocabilmente dimostrato che all’aperto è più facile morire colpiti da un fulmine che beccarsi il Covid o altre infezioni virali.

Inoltre, alla riapertura dorotea, condizionata, risibilmente dilazionata si aggiunge un ulteriore elemento autoritario, forse il più pericoloso, che fa il paio con la incostituzionale legge per discriminare i sanitari non intenzionati a sottoporsi a vaccini di dubbia utilità e sicurezza: l’obbligo di certificazione vaccinale o tampone per spostarsi tra le regioni. Una misura vergognosa, che nessun ordinamento liberale dovrebbe tollerare.

Infine, va sottolineato, per tutti quelli che hanno storto il naso nei giorni scorsi, che nemmeno questo contentino sarebbe stato “concesso” se non ci fossero state le veementi proteste di ristoratori, esercenti, commercianti, imprenditori, partite IVA, lavoratori dello spettacolo: in particolare, se non ci fosse stata la continua, pressante mobilitazione del movimento #ioapro e del Movimento imprese ospitalità. Solo il “tarlo” di questi eroici cittadini ha spinto il governo ad allentare un po’ i freni. Si può dire anzi che le aperture sarebbero state ben più consistenti se alla loro mobilitazione avessero aderito tanti imprenditori, lavoratori, amanti della libertà che invece hanno continuato a subire vessazioni e a rimanere a guardare. E possiamo tranquillamente prevedere che se quella mobilitazione nelle prossime settimane non continuerà e non si allargherà è molto probabile che l’onnipotente Leviatano che decide quotidianamente dei nostri destini non ci metterà molto a revocare le pur minime concessioni fatte, usando il primo pretesto utile.

Illustrazione di Sebastien Thibault

Diciamolo chiaramente: l’idea stessa che sia legittimo, o addirittura necessario, sospendere a tempo indefinito i diritti inalienabili dei cittadini per fronteggiare un’epidemia è assolutamente inaccettabile. Se i diritti sono inalienabili si possono sospendere con adeguata motivazione per un tempo minimo e nei modi strettamente indispensabili per predisporre il governo di una situazione straordinaria e quindi salvaguardarli meglio.

Ciò è concepibile in una situazione di guerra o di catastrofe naturale tale da rendere impossibile una vita ordinaria della società, e sempre limitatamente ai campi vitali per assicurarne la sopravvivenza. Non è giustificabile in alcun modo per un’infezione virale che ha una letalità dello 0,4% (forse anche meno, se si considerano tutti i casi non diagnosticati), per giunta quasi totalmente concentrata in una ristretta fascia di età della popolazione. Tanto meno per un periodo lunghissimo di più di un anno, in cui il virus si è in larga parte endemizzato.

Passato il trauma del primo impatto della malattia sulle strutture sanitarie, i pubblici poteri dovevano soltanto concentrarsi sull’adeguata organizzazione di queste ultime, sulle forme di prevenzione, sulle istruzioni per la profilassi alla popolazione e sulle cure più adeguate per gli ammalati, sulla eventuale quarantena per questi ultimi, sui vaccini per la fascia ristretta che rischia le forme più gravi del virus. Ma è una follia anche soltanto pensare che essi potessero bloccare libertà personale, libertà di movimento, lavoro, impresa, formazione, cultura, arte, sport di TUTTA la popolazione per rendere più facili i loro compiti sanitari, cioè che trattino tutti i sani come malati – o prigionieri, o ostaggi – per proteggere i malati attuali o potenziali che dovrebbero proteggere con i mezzi di cui dovrebbero essere dotati. È una follia in cui purtroppo governi, scienziati e società civili di molti paesi occidentali sulla Carta liberaldemocratici sono caduti per psicosi o astuta malafede.

È una follia che deve essere combattuta e alla quale deve essere posta fine A PRESCINDERE, senza compromessi, quale che sia la situazione sanitaria.

Il coprifuoco, le “zone rosse” e l’intrusione dello Stato sulle frequentazioni e le visite domiciliari violano in maniera ingiustificabile la libertà personale degli individui.

La limitazione degli spostamenti e dei viaggi viola patentemente la libertà di circolazione dei cittadini sul territorio di una nazione, parte integrante di qualsiasi diritto di cittadinanza.

Le proibizioni di “assembramento” violano la libertà di riunione, di associazione, di manifestazione pubblica, sacre fin dalle origini delle costituzioni moderne.

La chiusura di esercizi, locali pubblici, eventi culturali, impianti sportivi viola sia la libertà personale di tutti i cittadini che la libertà d’impresa, il diritto al lavoro, la libertà di espressione, il diritto alla salute attraverso un regime di vita sano.

La didattica a distanza nega totalmente l’essenza profonda dell’esperienza formativa di studenti di scuole e università, ma anche dei loro docenti.

Infine, l’obbligo per gli appartenenti ad alcune categorie professionali di farsi somministrare vaccinazioni sperimentali, dall’efficacia non comprovata pienamente e non protettive contro il contagio, o la discriminazione verso chi non accetta di farsele somministrare, così come ogni ipotesi di “passaporto vaccinale” per accedere a spostamenti, luoghi, eventi o servizi calpestano la più profonda libertà dell’individuo, quella di sottrarre il proprio corpo a qualsiasi obbligo o abuso da parte del potere. E con essa calpestano il diritto alla salute individuale, che deve essere fondato sulla libertà di cura e sul consenso informato. Si tratta della più odiosa tra le violenze che l’emergenzialismo sanitario presente sta perpetrando, e minaccia di perpetrare, ai diritti civili conquistati dal costituzionalismo liberale e dalla democrazia.

Le restrizioni, le chiusure, i lockdown devono essere revocati senza condizioni, perché sono vergognosi e intollerabili per popoli liberi, senza far dipendere la loro revoca da “dati” sanitari di qualsiasi genere. Anche se ci fossero cento volte i malati e le vittime del virus rispetto a quelli che vediamo oggi non deve essere pensabile e giustificabile mai, per nessuna ragione, che i diritti fondamentali dei cittadini vengano confiscati ancora in questo modo.

C’è un’epidemia? Lo Stato prevenga, raccomandi profilassi, curi. E si fermi qui, rispettando i limiti che la civiltà dei popoli liberi gli impone. Basta alibi, basta terrore indotto, basta una volta per tutte acquiescenza servile da parte dei governati.

Prof. Eugenio Capozzi

Illustrazione di copertina: Carlo Giambarresi

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