L’opposizione sociale non può dipendere dal lockdown
Malgrado alcune voci apparentemente di segno contrario e certo rilevanti, al momento la prospettiva del distanziamento sociale permanente continua a essere, all’atto pratico, egemone e incontrastata.
Il fatto che si sia potuti passare senza problemi a una nuova fase di lockdown dopo un anno di emergenza, indica che la strada per quella che Ursula Von der Leyen ha chiamato “Era delle Pandemie” è spianata. L’emergenza sarà rinnovata ciclicamente utilizzando l’ovvietà della mutazione dei ceppi virali del virus SARS e, più avanti, l’altrettanto ovvia scoperta di nuovi virus.
Può anche darsi che, come in altre fasi storiche, nel capitalismo occidentale alla fine prevalga l’approccio gradualista e pragmatico e che, quindi, alla fine il progetto visionario ed estremista di Schwab, Gates e compagnia possa subire una battuta d’arresto. Ma al momento questa è soltanto una speculazione teorica: quello che abbiamo di fronte qui e ora, materialmente, è una strategia volta ad avvolgere il tempo storico senza soluzione di continuità e finalizzata a realizzare, contemporaneamente, la ridefinizione degli assetti produttivi, il rovesciamento dei fondamenti giuridici dello Stato e della sovranità, una trasformazione radicale dell’uomo in quanto specie.
Per tutti questi motivi, non è ammissibile cedere alla rassegnazione nel momento in cui, come in questi giorni, tornano le restrizioni e si preannuncia un nuovo lockdown nazionale. Bisogna prendere atto del fatto che l’opposizione sociale o prescinde dalle dinamiche di apertura e chiusura o, semplicemente, non è.
Questo significa che il congelamento delle attività di opposizione da qui a una possibile ri-apertura in maggio, non è un’opzione contemplabile.
OPINIONE PUBBLICA: DIALOGARE CON LA ZONA GRIGIA
Il lavoro di contrapposizione ideologica alla covideologia, non può perseguire la conquista della maggioranza bensì l’egemonia. Questo perché occorre prendere atto della pedissequità verso la narrazione dominante espressa della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, senza farsi troppe illusioni.
Vediamo, in questi giorni, come il popolo sia pronto a bersi per l’ennesima volta la menzogna secondo cui il protrarsi dell’emergenza sarebbe dovuto al presunto comportamento “irresponsabile” di altri cittadini: con questa componente di opinione pubblica, ebbene, non ha più alcun senso tentare alcun tipo di dialogo.
Quando ci si trova in una situazione del genere, l’obiettivo dev’essere invece quello di isolare il gregge-maggioranza, costringerlo a una posizione di retroguardia e difensiva. Per far questo, è necessario che la narrazione dell’opposizione si rafforzi, diventi maggiormente aggressiva e coordinata.
Se da una parte con la massa ripetente gli assiomi della propaganda non ha più senso discutere, parimenti è necessario aprirsi a quell’ampissima zona grigia che, pur non mostrando alcuna volontà d’opporsi, nondimeno esprime disagio e avversione verso la narrazione dominante.
Per coinvolgere quest’area grigia dell’opinione pubblica, però, è assolutamente necessario espellere estremismi, integralismi e moralismi. Se, come dicono sempre più medici, abbiamo il problema d’uno Stato che ha sabotato l’assistenza sanitaria domiciliare e che ha impedito le cure terapeutiche, questo significa che abbiamo un problema sanitario grave, ancorché completamente diverso da quello raccontato dai media. E questo significa che gli approcci secondo cui non sussisterebbe alcun problema di salute, sono per l’opposizione sociale ormai una zavorra da eliminare.
Per questo motivo inerente all’esistenza reale d’un problema sanitario, almeno in questa fase è impensabile pensare di coinvolgere la zona grigia dell’opinione pubblica puntando su aspetti come la contestazione dell’uso delle mascherine. Per allargare la base sociale, l’obiettivo dev’essere oggi lo spezzare la reclusione e il distanziamento dei corpi. Poi, ovviamente, si deve anche sensibilizzare gradualmente intorno a tutti gli aspetti di mendacità o di gonfiamento delle norme di distanziamento, tra cui certamente anche le mascherine e il loro uso sproporzionato.
PRIMA PRIORITÀ: CONFEDERARE LE ORGANIZZAZIONI POLITICHE DELL’OPPOSIZIONE DEMOCRATICA
Le organizzazioni politiche tanto della destra quanto della sinistra nominalmente dette, hanno in questi mesi cercato, a più riprese, di cavalcare il malcontento popolare e i problemi di disoccupazione ma, nel farlo, hanno solo certificato la propria marginalità sociale.
Destra e sinistra sono accomunate dall’assoluta strumentalità con cui affrontano queste tematiche e nessuna di esse è realmente intenzionata a portare avanti un conflitto a tutto campo con quelle istituzioni, nazionali e sovranazionali, che vedono nel distanziamento permanente un nuovo modello di società.
Questo significa che la costruzione di un fronte popolare di opposizione al lockdown permanente, non può fare altro che passare dalla completa esclusione di ogni formazione politica di destra e di sinistra.
Naturalmente, non sussiste alcun problema verso i singoli militanti di qualsivoglia provenienza, ma il fronte politico propriamente detto deve oggi riguardare le forze nominalmente democratiche, costituzionaliste e socialiste che puntano alla difesa della sovranità popolare e che avversano un’ulteriore presa di potere da parte delle corporation private sulla sfera pubblica. Forze, quindi, come quelle che alcuni mesi fa si sono riunite intorno al coordinamento denominato Marcia della Liberazione, che hanno promosso o sostenuto le uniche due mobilitazioni nazionali consistenti degli ultimi mesi: quella dei ristoratori il 15 gennaio e quella dei lavoratori dello spettacolo il 6 febbraio.
Dal momento che la confederazione di queste forze risulta difficile a livello nazionale, occorre che suddetto livello sia bypassato e che il processo costituente e confederativo, quindi, si attui e si ufficializzi delimitatamente a quei territori provinciali dove la collaborazione e il coordinamento tra forze diverse risultano maggiormente sviluppati.
Naturalmente, quanto appena detto riguarda i gruppi politici formalizzati ma anche la aggregazioni civiche informali nonché i siti e i canali web della controinformazione.
SECONDA PRIORITÀ: RAFFORZARE LA DIFESA LEGALE
Oggi, con l’intensificarsi delle norme restrittive, è impensabile pensare di realizzare iniziative di piazza senza subire sanzioni amministrative.
Occorre, in primo luogo, approfittare al meglio dell’atteggiamento dialogante che sta per ora mantenendo la Polizia di Stato: attraverso il dialogo con quella che è, al momento, la sola e unica istituzione volta alla mediazione, è possibile evitare che le iniziative di piazza vengano impedite fisicamente.
Non è però più possibile sperare di evitare identificazione dei partecipanti e conseguenti multe.
Le iniziative di disobbedienza civile dei mesi scorsi, hanno dimostrato che un singolo avvocato per territorio provinciale non è sufficiente a una gestione coordinata di tutte le sanzioni amministrative. Essendo appunto ambito amministrativo e non penale, la sanzione non è infatti gestibile collettivamente ma solo individualmente. E se, dopo un’iniziativa pubblica, partono decine di denunce, per gestire in maniera politica e coordinata i ricorsi, occorre che ogni territorio provinciale interessato dalle mobilitazioni disponga non di uno, ma di una task force di almeno due-tre avvocati coordinata al suo interno.
Pertanto, prima di qualsiasi altra azione o progettazione, il compito dell’opposizione sociale è oggi quello di verificare questa possibilità.
TERZA PRIORITÀ: LAVORARE, DA SUBITO, PER UN 25 APRILE 2021 INTESO COME SECONDA LIBERAZIONE
Sulla base di quanto detto, non è ipotesi contemplabile quella di attendere l’eventuale riapertura di maggio.
Parimenti e sempre sulla base di quanto esposto, però, neppure è auspicabile lanciare iniziative senza aver preliminarmente potenziato il coordinamento inter-organizzativo e la difesa legale.
Quindi, per venire incontro a queste due esigenze, la prospettiva di iniziare fin da subito a lavorare per una grande mobilitazione da svolgere il 25 aprile 2021, credo rappresenti il corretto punto di convergenza.
Una mobilitazione che dovrà avere una funzione mitopoietica e, a tale scopo, è necessario azzardare sulla comunicazione parlando di “abbattere il Governo Draghi” e, soprattutto, di “Seconda Liberazione”.
Un’iniziativa in cui possano convivere modi diversi di stare in piazza, ma accomunati dall’esprimere una disobbedienza civile che punta, stavolta, a una dimensione di massa.
Per chi ha coscienza e sensibilità della posta in gioco, è proprio il caso di dire che abbiamo da perdere soltanto le nostre catene.