
L’uomo della strada
Allora, facciamo un po’ il sunto, come potrebbe farlo l’uomo della strada, di questo anno Covid.
A fine Febbraio 2020, dopo circa tre mesi in cui si sentiva parlare di un nuovo virus in Cina, arriva il primo paziente Italiano in Lombardia, nella piccola cittadina di Codogno.
Da quel momento il panico assoluto. Notizie che si susseguono, la paura di essere infettati, il numero di decessi, le foto e i video delle terapie intensive, i media internazionali che mostrano servizi in cui si vede lo sfacelo della sanità Italiana, soprattutto quella del nord Italia. Di conseguenza i tentativi da parte delle autorità di arginare l’inarginabile. Il lockdown totale durato più di tre mesi, trascorsi guardando i giornalieri resoconti della Protezione Civile e del CTS, spaventati dal numero crescente di decessi e una curva epidemica in costante aumento. L’incredulità da parte della maggioranza della gente comune nei confronti di persone scettiche sull’entità reale di questa emergenza, spinti a queste convinzioni dalle dichiarazioni dei molti sedicenti esperti che dai primi momenti in cui si sentì nominare il Coronavirus minimizzarono la gravità di questa malattia paragonandola a poco più di una influenza stagionale.
Molti leader mondiali hanno sposato questa visione della situazione, Boris Johnson, Jair Bolsonaro, Donald J. Trump (casualmente poi, per la gioia di alcuni, tutti infettati. E guariti).
L’uomo della strada ha visto poi gli stessi sedicenti esperti diventare i più acerrimi fautori delle linee dure dei governi, con giravolte degne delle migliori ballerine della Scala (e anche sulla ridicola Prima della Scala 2020 ci sarebbe da scrivere un articolo intero).
E dai balconi il pubblico ludibrio che ha colpito runner, proprietari di animali domestici, appassionati di ciclismo, semplici passeggiatori quotidiani. Quegli stessi balconi da cui si cantava e si sbandierava lo slogan (che ho sempre trovato patetico) ”andrà tutto bene”, cercando di esorcizzare una situazione che appariva mostruosamente pericolosa, grazie al bombardamento mediatico propinante la dose quotidiana di terrore sanitario. La gogna mediatica che ha colpito chi è fuggito su treni della salvezza e che li ha ricondotti alle rispettive famiglie prima della chiusura totale. La Salute prima di tutto, ecco la grande giustificazione alla drastica e improvvisa restrizione alle nostre libertà personali.
Il crollo delle economia, le attività imprenditoriali, soprattutto le piccole realtà territoriali, illuse da annunci di aiuti economici rivelatisi poi decisamente sottodimensionati e elargiti con il contagocce e a fatica, come se fosse un fastidioso sforzo da parte del governo aiutare le attività in una difficoltà imposta dal governo stesso. Come quando si da l’elemosina ad un clochard o ad un immigrato clandestino fuori dai supermercati. Supermercati nei quali si entrava a turno, mascherati, con code di decine di minuti, distanziati, sanificati. E i numeri. I numeri dei contagiati asintomatici, trattati nei notiziari come malati. E ai guariti, la maggioranza dei malati, poco risalto. Soprattutto i numeri dei decessi, con il loro carico di sofferenza, spiattellati in maniera catastrofica nei tg; come se nel 2018 o nel 2017, o nel 2016 o nel 1989, o nel 1975 non si morisse. Io, da uomo della strada, mi sono chiesto se in passato si moriva di meno. Effettivamente no. Ma a questa obiezione si rispondeva che non era il tasso di mortalità, quanto la pressione sulle terapie intensive il maggior problema. Ok.
Ad Aprile, in piena e inattesa emergenza, già si ventilava di una seconda ondata. La paura del nemico invisibile a sostegno dello status quo.

A Giugno, un barlume di speranza. Qualche timido tentativo di tornare ad una “normalità” che pareva così lontana nel tempo ma che a pensarci bene era distante solo qualche settimana. Le attività costrette ad investimenti, in una situazione economica già di per se critica, per poter continuare a lavorare in “sicurezza”, con dispenser, plexiglass, misurazioni degli spazi comuni, diminuzione della capienza e di conseguenza degli eventuali introiti.
Nei mesi estivi arrivano le timide aperture e gli incentivi, poco efficaci per la verità, da parte delle autorità nei confronti delle persone che, illudendosi, hanno scelto di fare qualche giorno di vacanza, salvo poi essere marchiate come untori dai sedicenti esperti che al grido “ricordati che devi morire” hanno tacciato questi poveri disgraziati come disubbidienti cause di un rinnovato aumento di contagi. E le attività chiuse di nuovo, con buona pace delle risorse investite inutilmente.
E la “seconda ondata” arriva, come profetizzato.
Arriviamo così all’Italia tricolore, non più verde-bianco-rossa, ma arancione-giallo-rossa. Con un percorso da gioco dell’oca.
E i sacrifici richiesti, meglio dire imposti, non finiscono mai: a Marzo per salvare la Pasqua, a Giugno per salvare le vacanze estive, a settembre per aprire le scuole, a metà ottobre per salvare il Natale, ora? Forse per il carnevale.
Arrivano i vaccini a tempo di record. Vaccini tecnologici a mRNA, che hanno la pretesa di coprire una popolazione di miliardi di persone e che vengono approvati dopo una sommaria sperimentazione su un campione di circa 40000 persone (per Pfizer, ma anche se fossero 40000 per Moderna e 40000 per Astrazeneca e 40000 per lo Sputnik e 40000 per il vaccino cinese che chissà come si chiama, sarebbe nella migliore delle ipotesi un campione di circa 200000 persone dislocate in tre continenti su una popolazione interessata al vaccino di almeno 5 miliardi). Ma la tempistica lo impone, vista la diffusione del nemico invisibile.
Ora, l’uomo della strada che cosa può pensare di questa situazione? Per la verità e a mio umile parere, l’uomo della strada si divide in tre sostanziali categorie:
Chi ascolta e legge il mainstream, credendo ciecamente a quel giornalismo che si è autoproclamato “la vera fonte di notizie”.
Chi ascolta il mainstream ma non crede a una parola di quello che viene detto o scritto, contrastandolo a testa bassa adducendo come spiegazione complotti internazionali di big Pharma e big Economy.
Chi, dopo aver ascoltato e letto il mainstream e non essendone soddisfatto, cerca di vedere oltre, cerca informazioni in canali alternativi, ascoltando disperatamente le diverse campane per poter rimanere il più possibile in una obiettività che gli consenta di prendere decisioni per se stesso e per le persone a lui vicine.
Mi sento di appartenere alla terza categoria.

Non ho nominato i social media. Anche se non ne sottovaluto l’importanza, da uomo della strada francamente me ne infischio.
E allora che conclusioni posso trarre, io, uomo della strada, da tutto ciò che sta succedendo e che inevitabilmente condiziona tutti, che la si pensi in un modo o nell’altro?
Io che per lo storico della mia esistenza ho sempre voluto, per me e rispettato per gli altri, la libertà di decidere in autonomia. Io che a fatica sopporto le imposizioni che arrivano da autorità alle quali non riconosco nessuna competenza e capacità. Io, che ho sempre guardato ai risultati prima di giudicare qualsiasi presa di posizione.
Ci viene richiesto sacrificio ci viene richiesta obbedienza, ci viene richiesta responsabilità, ci viene richiesta conformità.
Ma queste autorità hanno in primis dato il buon esempio? Io, uomo della strada, ho visto in questo ultimo anno, esempi di sacrificio, di obbedienza, di responsabilità da parte di queste istituzioni che ora, addirittura mi chiedono di iniettarmi qualcosa di indefinito nel mio stesso corpo, previa firma di un consenso con tante di quelle clausole che servono solo a deresponsabilizzare i produttori di questo “qualcosa di indefinito” da eventuali problematiche collaterali, scritte probabilmente da un team di avvocati pagati più che profumatamente? Se le cose vanno male il corpo è il mio; e a mio carico sono le conseguenze.
E se davvero il problema era la pressione sulle terapie intensive, perché non si è aumentata la capacità nelle strutture sanitarie, utilizzando meglio le risorse. Forse che i monopattini avrebbero portato i medici più velocemente nei loro presidi?
E com’è che non si è trovata ancora una cura efficace? Nemmeno un protocollo ben definito? Ci sono linee guida su alcuni farmaci e scetticismo su altri farmaci. L’uomo della strada che legge una notizia da fonte attendibile di medici che curano a casa i pazienti, guarendoli nel 99% con farmaci che sono al centro di dibattiti pro e contro cosa deve pensare?
Quali esempi di responsabilità ho avuto da queste autorità che non sono state in grado di preparare un autunno in convivenza con una malattia che ha un tasso di mortalità dello 0 virgola, sperperando risorse in debito su banchi a rotelle che giacciono nei magazzini o in aule vuote, dato che le scuole sono in gran parte chiuse e così vi rimarranno, sacrificando una generazione che non corre rischi e non salvaguardando le categorie a rischio, stando ai loro tanto sbandierati dati epidemiologici?
Quali esempi di sacrificio ho avuto da questa classe dirigente che, mentre gli aiuti economici stentavano ad arrivare ha avuto il coraggio di aumentarsi a dismisura lo stipendio? (vedi vicenda aggiornamento salariale ai vertici dell’Inps)
Quale esempio di obbedienza ho avuto da questa classe politica, che ha decretato il nostro segregamento forzato a colpi di Dpcm al di fuori della Costituzione? Il dibattito parlamentare che fine ha fatto?
L’unico esempio che ho avuto è quello di conformità.
Una conformità traversale, dalle istituzioni più alte all’informazione generale. Una conformità imposta dai comunicati di terrore dei vari componenti il CTS e dei loro collusi sedicenti esperti virologi. Una conformità becera e soffocante, pompata a forza nelle menti della gente, travolta da questo globale e velocissimo lavaggio del cervello. E con una arroganza insopportabile!
Io, uomo della strada, che pensa di avere un briciolo di buon senso, dotato di libero arbitrio, libero nel rispetto altrui, traggo la conclusione che la gestione da parte di queste autorità (e mi riferisco alla situazione Italiana a me più vicina, anche se cerco di guardare oltre i confini), è disastrosa.
Disastrosa a livello sanitario, disastrosa a livello economico, disastrosa a livello sociale, disastrosa a livello politico.
La scusa del “questo virus ci ha colti di sorpresa” non regge più. Non ha più motivo di essere.
Tutte queste autorità politiche e sanitarie per me, uomo della strada, hanno perso ogni barlume di credibilità. Proprio perché guardo ai fatti e non dò un giudizio ideologico temo che “non finirà tutto bene”. Se la storia ci insegna qualcosa è proprio il controllo delle masse. In ogni epoca dell’umanità le masse sono state direzionate in un senso o nell’altro, con strumenti diversi e sempre più sofisticati ma che alla fine ottengono lo stesso risultato: chi è al di fuori del pensiero comune è uno stupido, non si informa, è in malafede, è un complottista, un negazionista. E verrà emarginato e bollato dalla società del conformismo. Il simbolo varia a seconda delle epoche, ma il risultato non cambia.
Al di là del semplicismo per cui questa situazione è imputabile a un “disegno” ben definito da parte di entità al di sopra della legge, al di sopra del bene e del male io, uomo comune, credo sempre più che se un virus con un tasso di mortalità dello 0 virgola è stato in grado di minare alle fondamenta la nostra cultura occidentale, significa che il gigante aveva i piedi di argilla. E la caduta di questo gigante non sarà né breve né, soprattutto, indolore.
Ultimo pensiero di questo uomo della strada è su chi alla fine ne trarrà beneficio. Guardando un semplice mappamondo, io giro la testa verso destra.
Paolo Botteschi
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi

