
Maquillage soteriologico del potere
Tra le innumerevoli ragioni per cui, in presenza del virus, le masse hanno accettato, anzi richiesto espressamente l’asservimento al governo, oltre che per una miserevole propensione allo schema patriarcale davanti a cui sono scivolate persino le più battagliere femministe, c’è stato anche un semplice e tragico meccanismo primitivo: il virus corrisponde all’imponderabile; quando ammazza, sceglie sia ricchi che poveri, sia intelligenti che stupidi, sia buoni che cattivi, sia meritevoli che carogne.
Questo arretramento allo stato biologico della società sarebbe in teoria intollerabile dalla psiche, abituata a orientarsi per istanze culturali. E giacché gli individui configurano inconsciamente la morte per malattia come una punizione, entrano in tilt di fronte a un abbattersi indiscriminato dell’oscuro editto, o come direbbe Leopardi, il “supremo scolorir del sembiante”.
Lo stato si inserisce astutamente in questa ribollente katachthònia, ergendosi a ordinatore del caos e funzionario soteriologico.
Si autonomina amministratore delegato della natura, e sottopone le orde di agonizzanti a un patto. In cambio dell’ubbidienza, esso assicura loro protezione. Ma non di certo urbi et orbi. Alle masse verrà somministrata la sopravvivenza solo in cambio della liquidazione dell’Io, pegno necessario per preservare il corpo, ora eletto come istanza suprema.
Da questo momento, l’immiserimento a contingenza biologica è ammesso, anzi invocato, grazie all’apparente filtraggio oracolare che il potere ha finto di effettuare non per ambizione, ma per mitologica elezione.
Come è sempre accaduto nella storia, i potenti contestualizzano il loro dominio in una cornice ultraterrena, credono loro stessi di essere incaricati a tal compito dalle alte sfere. Forse più “credendo di credere”.
Vivendo in un’epoca in cui la dimensione deistica si è traslata in quella scientifica, i governanti/sacerdoti hanno santificato/legiferato il loro dominio forti della fede delle masse nel nuovo dio/scientismo.
Gli individui accettano quindi di estinguersi come unità inviolabile, e fanno ingresso in un super-ente impersonale che li premia, li ricompensa non con dei surplus, bensì con il mantenimento dell’ordinario, ma al contempo regalandogli l’illusione di dispensarli *nunc et in perpetuum* dalla morte, quindi dalla punizione.
Grazie al governo e il suo potere conferitogli dal dio/scienza, il virus torna ad ammazzare secondo una logica, secondo il criterio morale di conforme/meritevole, difforme/colpevole.
Secondo questa visione, per logica, il dissenziente non verrà più punito dalla natura, quindi dal virus, ma dal suo delegato, lo Stato.
Visto che il virus non ti ammazza, il governo ti punirà per non essere morto, per aver introdotto un elemento di dissonanza alla sua regolamentazione.
Le masse non avvertono questo processo infame come innaturale o demoniaco, né lo vivono come sacrificante, perché gli è stata infusa la certezza fantasiosa che lo Stato sia appunto a sua volta concessionario della Natura stessa, di Dio, dell’Imponderabile. Vivendo in un’era in cui la personalità ha il beneplacito ad emergere solo se accompagnata da popolarità, hanno introiettato l’idea di non essere nessuno, di non valere niente, e di non avere perciò l’autorizzazione ad assumere una posizione autonoma.
Infatti chi osa assumerla, subito gli viene affibiato, in primis, uno status di “abusivo”.
Chi aderisce a questa spersonificazione collettiva sente di essere nel giusto perché trasferisce mentalmente sul governo la podestà sul fato, “democraticamente” ottenuta sia dalle alte sfere sia dal suo consenso. “Lo Stato mi percuote dietro mia richiesta” : ecco che non avverte più l’abuso, convinto soprattutto di poter revocare la frusta quando più lo riterrà.
Da quel momento in poi il potere ha il “diritto”, anzi il “dovere” di vessarli, di ammaestrarli, essendo loro fanciulli impotenti che desiderano solo un protettore universale che li sorvegli mentre loro si dedicano ai loro abituali trastulli.
Si sarebbe detto che il bondage sado-masochistico del fanatico pro-vax e pro-pass si sarebbe esaurito in qualche modo allo schioccare di una calamità più realistica di un raffreddore, ma invece, in alcuni casi ha traslocato con assoluto candore dalla pandemia alla guerra, dimensione in cui si irrobustiscono oltremodo quelle stesse dinamiche fideistiche incestuosamente ammantate di ratio e permeate da una licenza artificiale erogata d’ufficio.
Ora la salvezza è promessa attraverso la guerra. La promessa della preservazione del corpo è garantita attraverso la sua immolazione, anche qui riadattando e travestendo gli archetipi religiosi in funzione agnostico-scientifico-statale.
Illustrazione di copertina: Alice Wellinger

