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Mettetevi comodi e guardate l’Europa che si suicida

Se l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di schiacciare l’economia della Russia con le sanzioni e l’isolamento, perché è l’economia dell’Europa ad essere in caduta libera?
di Pepe Escobar, The Cradle

Lo stupefacente spettacolo dell’Unione Europea (UE) che commette un hara-kiri al rallentatore è qualcosa che passerà alla storia. Come un remake di Kurosawa a buon mercato, il film, in realtà, descrive la demolizione dell’UE da parte degli Stati Uniti, con il dirottamento di alcune esportazioni chiave di materie prime russe verso gli Stati Uniti a spese degli Europei.

Non guasta avere un’attrice della quinta colonna posizionata strategicamente (in questo caso l’incompetente capo della Commissione Europea, Ursula von der Lugen) con il suo stentoreo annuncio di un nuovo pacchetto di sanzioni extra: navi russe bandite dai porti dell’UE; società di trasporto stradale russe e bielorusse impossibilitate ad entrare nell’UE; niente più importazioni di carbone (oltre 4,4 miliardi di euro all’anno).

In pratica, questo si traduce in Washington che strapazza i suoi più ricchi clienti/pupazzi occidentali. La Russia, naturalmente, è troppo potente per essere sfidata direttamente sul piano militare e gli Stati Uniti hanno un gran bisogno di alcune delle sue esportazioni chiave, specialmente i minerali. Così, gli Americani spingeranno invece l’UE ad imporre sanzioni sempre più severe che, ovviamente, faranno collassare le loro economie nazionali, permettendo agli Stati Uniti di accaparrarsi tutto quanto.

Il risultato saranno conseguenze economiche catastrofiche che gli Europei sperimenteranno nella loro vita quotidiana (ma non il 5% più ricco): l’inflazione che divora i salari e i risparmi; le salatissime bollette dell’energia del prossimo inverno; i prodotti che spariscono dai supermercati; le prenotazioni per le vacanze praticamente sparite. Il Petit Roi francese Emmanuel Macron – forse di fronte ad una brutta sorpresa elettorale – ha persino annunciato: “saranno possibili le tessere annonarie, come nella Seconda Guerra Mondiale.”

Abbiamo la Germania che affronta il fantasma del ritorno dell’iperinflazione di Weimar. Il presidente di BlackRock, Rob Kapito, ha detto, in Texas, “per la prima volta, questa generazione entrerà in un negozio e non sarà in grado di avere ciò che vuole.” Quest’anno i contadini africani non potranno permettersi i fertilizzanti e la riduzione della produzione agricola non sarà più in grado di nutrire 100 milioni di persone.

Zoltan Poszar, ex guru della Fed di New York e del Tesoro degli Stati Uniti, attuale gran visir del Credit Suisse, ha rincarato la dose, sottolineando come le riserve di materie prime – e, qui, la Russia non ha rivali – saranno una caratteristica essenziale di quello che ha definito il Bretton Woods III (anche se ciò che è stato progettato da Russia, Cina, Iran e dall’Unione Economica Eurasia è un post-Bretton Woods).

Poszar ha osservato che le guerre, storicamente, sono sempre state vinte da chi aveva più cibo e più risorse energetiche, in passato per alimentare cavalli e soldati; oggi per nutrire i soldati e rifornire carri armati e jet da combattimento. La Cina, per inciso, ha accumulato enormi scorte praticamente di tutto.

Poszar nota come il nostro attuale sistema di Bretton Woods II abbia un impulso deflazionistico (globalizzazione, commercio aperto, catene di approvvigionamento just-in-time) mentre Bretton Woods III fornirà un impulso inflazionistico (de-globalizzazione, autarchia, accaparramento di materie prime) dovuto alle catene di approvvigionamenti e alle spese militari extra necessarie a proteggere ciò che sarà rimasto del commercio marittimo.
Le implicazioni sono, ovviamente, enormi. Ciò che è implicito, minacciosamente, è che questo stato di cose potrebbe anche portare alla Terza Guerra Mondiale.

Rublogas o LNG americano?

La tavola rotonda russa del Valdai Club ha ospitato un importante panel di esperti su quello che noi di The Cradle abbiamo definito il Rublogas – il vero game-changer geoeconomico nel cuore dell’era post-petrodollaro. Alexander Losev, membro del Consiglio russo per la politica estera e di difesa, ha delineato il quadro generale. Ma è toccato ad Alexey Gromov, direttore capo dell’energia dell’Istituto dell’energia e delle finanze, illustrare i dettagli pratici essenziali.

La Russia, finora, vendeva all’Europa 155 miliardi di metri cubi di gas all’anno. L’UE promette retoricamente di liberarsene entro il 2027 e di ridurre la fornitura di 100 miliardi di metri cubi entro la fine del 2022. Gromov si è chiesto “come” e ha osservato che “tutti gli esperti non hanno una risposta.” La maggior parte del gas naturale russo viene trasportato attraverso i gasdotti. Questo non può essere semplicemente sostituito da gas naturale liquefatto (LNG).”

La risibile risposta europea è stata “iniziare a risparmiare,” cioè “prepararsi a stare peggio,” e “ridurre la temperatura nelle case.” Gromov ha fatto notare che, in Russia, “22-25 gradi in inverno sono la norma. L’Europa sta dicendo che indossare il maglione di notte e una temperatura di 16 gradi sono cose salutari.”

L’UE non sarà in grado di ottenere il gas di cui ha bisogno dalla Norvegia o dall’Algeria (che sta privilegiando il consumo interno). L’Azerbaigian sarebbe in grado di fornire al massimo 10 miliardi di metri cubi all’anno, ma “ci vorranno due o tre anni” perchè ciò avvenga.

Gromov ha sottolineato che “oggi non esiste un surplus di mercato per il GNL degli Stati Uniti e del Qatar” e che i prezzi per i clienti asiatici sono sempre più alti. Questo significa che “entro la fine del 2022 l’Europa non sarà in grado di ridurre significativamente” il volume di gas acquistato dalla Russia: “potrebbero tagliare di 50 miliardi di metri cubi, al massimo.” E i prezzi sul mercato spot saranno più alti – almeno 1.300 dollari al metro cubo [in realtà dovrebbe essere ogni 1000 metri cubi, n.d.t.].

Uno sviluppo importante è che “la Russia ha già cambiato le catene logistiche di approvvigionamento verso l’Asia.” Questo vale anche per il gas e il petrolio: “puoi imporre sanzioni se c’è un’eccedenza di mercato. Ora c’è una carenza di almeno 1,5 milioni di barili di petrolio al giorno. Manderemo le nostre forniture in Asia – con lo sconto.” Allo stato attuale, l’Asia sta già pagando un extra, da 3 a 5 dollari in più per barile di greggio.

Per quanto riguarda le spedizioni di petrolio, Gromov ha commentato anche la questione chiave delle assicurazioni: “i premi assicurativi sono più alti. Prima dell’Ucraina, era tutto basato sul sistema Free on Board (FOB). Ora i compratori dicono ‘non vogliamo correre il rischio di portare il vostro carico nei nostri porti’. Così stanno applicando il sistema CIF (Cost, Insurance and Freight), dove è il venditore che deve preoccuparsi di assicurare e trasportare il carico. Questo, naturalmente, ha un impatto sulle entrate.”

Una questione assolutamente fondamentale per la Russia è come far diventare la Cina il cliente più importante del suo gas. Entra in gioco il Power of Siberia 2, un nuovo gasdotto di 2600 km che ha origine nei giacimenti di gas russi di Bovanenkovo e Kharasavey a Yamal, nella Siberia nord-occidentale, e che raggiungerà la piena capacità solo nel 2024. Prima però dovrà essere realizzata l’interconnessione attraverso la Mongolia – “avremo bisogno di 3 anni per costruire questo gasdotto,” quindi tutto sarà a posto solo intorno al 2025.

Per quanto riguarda il gasdotto Yamal [quello che rifornisce l’Europa], “la maggior parte del gas potrà andare in Asia. Se gli Europei non compreranno più potremo reindirizzare il flusso.” E poi c’è il progetto Arctic LNG 2 – ancora più grande di Yamal: “la prima tranche dovrebbe essere finita presto, è pronta all’80%.” Un problema in più potrebbe essere posto dai “non-amici” russi in Asia: Giappone e Corea del Sud. Le infrastrutture per l’GNL prodotte in Russia dipendono ancora da tecnologie straniere.

Questo è ciò che porta Gromov a notare che “il modello di economia basato sulla mobilitazione non è poi così buono.” Ma questo è ciò che la Russia dovrà affrontare, almeno nel breve e medio termine.

Gli aspetti positivi sono che il nuovo paradigma permetterà “più cooperazione all’interno dei BRICS (le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica che si incontrano annualmente dal 2009)”; l’espansione del Corridoio Internazionale di Trasporto Nord Sud (INSTC) e più interazione e integrazione con “Pakistan, India, Afghanistan e Iran”.

Solo per quanto concerne l’Iran e la Russia, gli scambi nel Mar Caspio sono già in atto, dato che l’Iran produce più di quanto ha bisogno, e la cooperazione con la Russia è destinata ad aumentare nel quadro di una partnership strategica rafforzata.

Geoeconomia ipersonica

È toccato all’esperto cinese di energia Fu Chengyu offrire una spiegazione concisa del perché la spinta dell’UE a sostituire il gas russo con il GNL americano è, beh, un sogno irrealizzabile. Essenzialmente l’offerta statunitense è “troppo limitata e troppo costosa.”

Fu Chengyu ha mostrato come [questa sostituzione] sia un processo lungo, complicato e dipendente da quattro contratti: tra lo sviluppatore di gas e la società del GNL, tra la società del GNL e la società acquirente, tra l’acquirente del GNL e la società che si occupa del carico (e che costruisce le navi) e tra l’acquirente e l’utente finale.

“Ogni contratto,” ha sottolineato, “richiede molto tempo per essere ratificato. Senza tutti questi contratti firmati, nessuna parte investirà – sia che si tratti di investimenti in infrastrutture che di sviluppo di giacimenti di gas.” Quindi la consegna effettiva del GNL americano all’Europa presuppone che tutte queste risorse interconnesse siano disponibili – e che si muovano come un orologio.

Il verdetto di Fu Chengyu è severo: questa ossessione dell’UE di abbandonare il gas russo provocherà “un impatto sulla crescita economica globale e la recessione. Stanno portando [alla miseria] il loro stesso popolo e il mondo. Nel settore energetico saremo tutti danneggiati.”

È stato abbastanza illuminante giustapporre le prossime turbolenze geoeconomiche – l’ossessione dell’UE nel bypassare il gas russo e la nascita del Rublogas – con le vere ragioni dietro l’operazione Z in Ucraina, completamente oscurate dai media e dagli analisti occidentali.

Un vecchio professionista del Deep State statunitense, ora in pensione, e abbastanza addentro ai meccanismi interni del vecchio OSS, il precursore della CIA, fino alla demenza neocon di oggi, ha fornito alcune sobrie intuizioni:

“L’intera questione Ucraina riguarda i missili ipersonici che possono raggiungere Mosca in meno di quattro minuti. Gli Stati Uniti li vogliono lì, in Polonia, Romania, Stati Baltici, Svezia, Finlandia. Questo è in diretta violazione degli accordi del 1991 sul fatto che la NATO non si sarebbe espansa nell’Europa Orientale. Gli Stati Uniti ora non hanno missili ipersonici, ma potrebbero averli tra un anno o due. Questa è una minaccia esistenziale per la Russia. Così sono dovuti andare in Ucraina per impedirlo. Le prossime saranno la Polonia e la Romania, in Romania i lanciatori sono già pronti e in Polonia sono in costruzione.”

Da una prospettiva geopolitica completamente diversa, ciò che è davvero significativo è che la sua analisi coincide con la geoeconomia di Zoltan Poszar: “Gli Stati Uniti e la NATO sono totalmente belligeranti. Questo rappresenta un pericolo reale per la Russia. L’idea che la guerra nucleare sia impensabile è un mito. Se si paragona il bombardamento di Tokyo a quelli di Hiroshima e Nagasaki, erano morte più persone a Tokyo che a Hiroshima e Nagasaki. Quelle città erano state ricostruite. Le radiazioni se ne vanno e la vita può ricominciare. La differenza tra un bombardamento con bombe incendiarie ed un bombardamento nucleare è solo l’efficienza. Le provocazioni della NATO sono talmente estreme che la Russia ha dovuto mettere in allerta i propri missili nucleari. Questo è un fatto estremamente serio. Ma gli Stati Uniti lo hanno ignorato.”

Pepe Escobar

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Traduzione a cura dall’articolo originale a cura di Comedonchisciotte.org / Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi

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