Attualità,  Società

Ne usciremo?

E’ una domanda che ci facciamo ormai in molti, e nessuno ha la risposta, certo, ma il pensiero che tacitamente sta prendendo sempre più forma è che no, non ne usciremo, non ne usciremo a breve. Perlomeno nei tempi dell’uomo della strada; la Storia ha altri tempi e certamente allora sì, prima o poi se ne uscirà.

Si è puntato tutto sulla prima, enorme campagna di vaccinazione di massa mondiale. Qui in Italia, come in altri paesi europei, ogni altra strategia di contenimento virale e di convivenza con la pandemia, è stata sciaguratamente abbandonata. Qualcuno ha più sentito parlare di trasporti? O delle Usca, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale che avrebbero dovuto permettere un’assistenza domiciliare più strutturata della telefonata quotidiana del medico di base o di qualche operatore dell’ASL, riducendo la pressione ospedaliera e soprattutto la propagazione ospedaliera del virus?

Si è puntato tutto sulla vaccinazione come cavallo vincente, ma – tragico esempio di doppio messaggio tossico – tutti i giorni ci ricordano che essere vaccinati non vuol dire non essere contagiosi e quindi le misure di distanziamento (diciamolo meglio: di reclusione di massa) continuano e continueranno. Contemporaneamente si parla sempre di più di passaporto vaccinale. Chi ci capisce è bravo.

E la durata dell’immunità da vaccino o da infezione naturale? Giustamente non si sa, ma nessuno sembra parlare allora del rischio che si sia innescata una macchina tanto perpetua quanto complicata: non si sarà ancora finito di vaccinare tutti che già si inizierà con le vaccinazioni di richiamo per i primi vaccinati. E intanto? Continuerà il distanziamento sociale, le mascherine ecc.?

Intanto i vecchi, attorno ai quali è fiorita una delle più disgustose retoriche che si ricordino almeno dai tempi dell’ampolloso linguaggio democristiano, non soltanto muoiono intorno alla fatidica mediana degli 82 anni per il tragico innesco virale della fragilità e delle patologie dormienti e tenute a bada da antiipertensivi, ipoglicemizzanti, statine, broncodilatatori ecc., ma vivono da morti viventi, senza l’abbraccio frequente e ristoratore dei propri cari. Il peggio è per gli anziani nelle rsa, il cui ultimo anno è stato un inferno, un lungo anno da reclusi punteggiato di videochiamate e, nell’estate, di rare visite a distanza coi parenti. Molti di loro lo dicono apertamente a chi li vuole ascoltare, preferirebbero di gran lunga vedere i propri cari e correre il rischio di morire, che vivere così.

E intanto, fuori dalle rsa, uno stato poliziesco, tecnologico quanto ridicolo, con droni che sorvegliano grigliate clandestine di una nuova carboneria dell’arrosticino. E le date dell’“allentamento delle misure di distanziamento” si spostano sempre più in là, col plauso per fortuna di sempre meno primi della classe, quelli che al grido di “Signora Maestra” sono sempre stati pronti a denunciare il vicino di banco per sentirsi più buoni e che fino a qualche mese fa proliferavano rigogliosi, mediamente forti di un lavoro dipendente.

La cultura, l’unico vero antidoto alla stupidità, spazzata via in un soffio.

Ne usciremo? Non a breve certamente. E in ogni caso, quando la pandemia si sgonfierà spontaneamente, rimarremo, almeno noi italiani, un popolo di peones, intenti a elemosinare (e sperperare) i quattro soldi dell’unione europea, con l’unica magra soddisfazione di rimanere a vivere nelle nostre “superbe ruine”. Le opere imbelli delle arse officine e i solchi bagnati di servo sudor sono lì ad aspettarci.

Candellieri Favero

Illustrazione di copertina: Stephan Schimtz

Gorgoni Pscicoanalitiche

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *