
Nessuna correlazione
Dopo l’improvvisa morte per “attacco di cuore” del presidente del Burundi Pierre Nkurunziza (55 anni), colpevole di aver rifiutato di imporre il lockdown e ordinato di lasciare il paese alla delegazione dell’OMS, la stessa identica sorte è toccata al presidente della Tanzania John Magufuli (61 anni), anch’esso noto alla stampa internazionale per le sue posizioni critiche verso le imposizioni sanitarie internazionali e le multinazionali farmaceutiche.
Se non fosse per le lecite domande a cui certe coincidenze dovrebbero di logica portare e considerando anche la morte di altri membri del governo tanzaniano in poche settimane, non v’è dubbio che criticare la narrazione pandemica porti quantomeno molta sfortuna.
Come riportato da Off-Guardian, dopo aver vinto la sua prima elezione nel 2015, Magufuli tagliò gli stipendi del governo (compreso il suo) al fine di aumentare i fondi per gli ospedali e acquistare farmaci per l’AIDS. Nel 2015 annullò le celebrazioni del Giorno dell’Indipendenza e utilizzò quei soldi per lanciare una campagna contro il colera. L’assistenza sanitaria è stata una delle massime priorità della sua amministrazione e l’aspettativa di vita della Tanzania è aumentata ogni anno con lui in carica. Inoltre, la lotta alla corruzione e l’investimento dei fondi recuperati in sostegno alle fasce più povere, in infrastrutture pubbliche e nell’istruzione, ha permesso al suo Paese di diventare uno degli Stati africani a crescita economica più alta.
Per questo motivo la campagna mediatica negativa nei suoi confronti è solo un fenomeno recente in quanto all’inizio della sua presidenza erano frequenti i commenti entusiastici dalla stampa occidentale che lodava le sue riforme, definendolo un “esempio” per le altre nazioni africane.
Come al solito però la verità sta in mezzo, nessuna retorica della serie “se ne vanno sempre i migliori” perché qui non si tratta di certo di un santo; lungi da noi esaltare un personaggio per molti aspetti ambiguo, dall’inflessibile fanatismo religioso e dalla personalità così autoritaria da compromettere la libertà di informazione e di orientamento sessuale nel proprio paese. Ma conosciamo la facilità con cui logiche e interessi internazionali riescano, con il totale e unisono appoggio della stampa, a trasformare prontamente un eroe in un dittatore. Anche in questo caso basta solo dare un occhio ai titoli dei principali giornali di questi giorni.
“Magufuli sta alimentando i no-vax mentre la pandemia e le sue nuove varianti continuano a manifestarsi. Ha bisogno di essere sfidato apertamente e direttamente. Guardare con indifferenza espone milioni di persone in Tanzania e nella regione dei grandi laghi africani – così come le comunità in tutto il mondo – a questo virus mortale e devastante” scriveva il giornalista del The Guardian in un articolo tratto dalla sezione Global Development sponsorizzata dalla Bill and Melinda Gates Foundation e uscito circa venti giorni prima che il presidente della Tanzania risultasse sparito.
Per l’Economist “Senza di lui la Tanzania ha la possibilità di restaurare la sua democrazia. E di sconfiggere il virus”

A tal proposito – e a dimostrazione del divario percettivo, della distanza esistente tra realtà e propaganda – in Tanzania, come più o meno nel resto dell’Africa, il tasso di mortalità del coronavirus si è rivelato decisamente più basso rispetto al resto del mondo, o meglio rispetto a quasi tutti i 193 paesi dell’area Onu.
Come dichiarato dal Dott. Leopoldo Salmaso – medico specialista in malattie infettive e sanità pubblica residente in Tanzania da 8 anni – i paesi dell’Africa sono afflitti solo marginalmente dai problemi sanitari di Covid-19, ma nonostante ciò stanno pagando costi esorbitanti in termini di regresso economico e di vera e propria fame, costi che sono direttamente proporzionali alle misure restrittive imposte con il “pretesto” (parola del Direttore Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres) che siano utili alle società medesime.
I blocchi imposti, i confinamenti e la relativa sospensione delle campagne di prevenzione hanno ridotto al minimo i rifornimenti di generi alimentari e di farmaci comuni e stanno avendo come conseguenza un nuovo incremento delle malattie più diffuse, a tal punto che diverse organizzazioni internazionali temono un aumento dei casi di malaria che potrebbe raggiungere i livelli di 20 anni fa.
Nei primi 3 mesi della pandemia, nonostante solo una ventina di decessi accertati per covid-19 su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, la Tanzania aveva subito un vero e proprio diktat dall’Occidente riguardo alle restrizioni emergenziali ed è evidente che l’errore imperdonabile di Magufuli fu quello, ad un certo punto, di non voler più sottostare a quelle regole di questa nuova guerra che sia chiama pandemia, a tal punto da influenzare “negativamente” anche altri leader africani.
Oltre a riaprire le scuole, annullare i lockdown e mettere in dubbio la necessità dei vaccini, l’episodio più sovversivo è stato quello di far testare con nomi umani – e all’insaputa del laboratorio – i prelievi effettuati su una papaia, una capra, dell’olio motore, una quaglia e un jackfruit ed aver avuto come responso la positività al virus della maggior parte di loro, dimostrando così l’inattendibilità dei test e del metodo usato.
Non è poi così difficile quindi comprendere la parabola discendente di Magufuli: da eroe a dittatore negazionista e poi da scomparso ad “accidentalmente” morto. Ma ovviamente, giusto per usare un termine molto in voga di questi tempi, siamo sicuri che “non ci sia alcuna correlazione”…
Di seguito un estratto dell’articolo del Dott. Salmaso:
“Tutti i leader dei paesi poveri dovrebbero fare lo stesso perché, anche ammettendo ma non concedendo che nell’attuale panicodemia la componente sanitaria prevalga su quella geopolitica, se i paesi poveri attuassero le misure restrittive su cui insistono i “padroni del mondo”, molta più gente morirebbe per fame piuttosto che per Covid. Peggio ancora se i paesi poveri accettassero i cosiddetti “vaccini” anti-Covid che aumentano e aggravano il trend delle varianti, facendoci sprofondare sempre più in una palude di cronicizzazione e ricorrenti recrudescenze.
Tre settimane fa, in una lunga intervista, facevo notare che i mass media in tutto il mondo stavano concentrando il fuoco sulla Tanzania, denigrandola più che mai, ed esprimevo grande preoccupazione perché, quando ciò avviene, “i media stanno preparando l’opinione pubblica a qualche porcheria che faranno i nostri governi per andare a esportare democrazia, vaccini, salute, etc. etc….
Ora di fatto restano solo due paesi: Zambia e Madagascar, a resistere. Che Dio protegga i loro presidenti, sperando che anche loro non cadano vittime dei padroni del mondo”.
Foto di copertina: Daniel Hayduk
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