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Non praevalebunt

Di cosa abbiamo bisogno per rovesciare la dittatura del lasciapassare verde? Di uomini. Non di rammolliti effemminati. Entriamo nell’argomento a gamba tesa, non c’è dubbio. Ma cosa ce ne facciamo oggi di stucchevoli omuncoli che si beano del loro petto depilato poiché quello è il loro tramite col mondo? No, non basta ed è offensivo. Negli ultimi anni è proprio il maschio che è stato condannato ad un mutismo d’azione, per cui in voce di un politicamente corretto, è avvenuto l’impensabile: l’assassinio della virilità.

Tale concetto che nella lingua latina è virilis, derivato da VIR ovvero uomo volgarmente detto, ha radici ancora una volta nella lingua madre: il sanscrito. Avremmo quindi VIRYA, ovvero: energia atteggiamento virile condizione di ‘solarità’ del discepolo avanzato. E forti di tale etimologia diremmo che la traduzione ormai nota – dal latino – non è corretta. Uomo deriva, seguendo Varrone da humus, terra. Da qui consegue terrestre. Vi sono quindi due tipi di uomini. Quelli terreni, fatti di terra e sputo e quelli celesti che si elevano da terra ed hanno anima solare. Lanciano lo sguardo in alto in memoria ed onore del Sol Invictus!

Mai come in questa epoca si nota tale differenza. L’umanità è scissa tra un certo tipo di maschi ed un’altra tipologia di omuncoli. Come riconoscerli? Ebbene l’uomo solare-celeste il VIR è Pater-Patriae ed in questo abbraccia tutto il mondo poiché è Princeps. Controlla le sue azioni ed agisce in funzione di una dignità regale. Il VIR è quindi l’uomo che accetta la propria leggenda personale e la consegue. Non abbassa la testa di fronte all’iniquo ma lo sfida con forza.

È storia recentissima che dalla città di Trieste si sia scatenata una protesta che ridona al nostro paese la persa dignità. Ed è da un porto che tutto è partito. Ebbene c’è un territorio narrativo che ruota intorno ai luoghi di mare. Chi li vive e li abita ‘sentendoli’, ha profondo rispetto della vita e della sua finitezza. In questo c’è coraggio ed abnegazione. Siamo infinitamente piccoli di fronte ai naufragi della vita ma temprati per attraversare quelle onde. Gli uomini di mare lo sanno e ne rispettano l’imprevedibilità. Questo li tempra, li rende duri. Il loro sguardo abbraccia l’infinito e si misura con una conoscenza del tempo e del vento che non ha eguali.  «Abbiamo i guerrieri che vanno avanti (…) ci si fa prendere da una voglia di protagonismo», ha dichiarato sarcasticamente Zeno D’Agostino, Presidente Autorità Portuali ad Omnibus (La7). Ebbene caro presidente, proprio di guerrieri si tratta. Ne dovreste avere paura ma non per scellerate azioni, bensì per la dignità e fierezza che voi altri, con cravatte e mani lisce di chi non ha mai lavorato in vita sua, non avete e non avrete poiché siete uomini terreni e non alzate lo sguardo verso l’alto. Orizzonte infinito. 

Caramelle non ne voglio più, cantava la conturbante Mina. Così gli uomini del Clpt – Coordinamento lavoratori portuali di Trieste – rispondono alla dittatura del lasciapassare verde. Gli spiccioli, ovvero le caramelle sono il contentino ignobile che gli omuncoli al governo con il loro seguito di schiavetti asserviti, hanno offerto ai fieri lavoratori del porto. Nessun cedimento ad oggi. Rifiutata quindi anche la proposta    dei tamponi gratis. Siamo di fronte alla prima categoria di lavoratori che con fermezza virile e senza sé e senza ma, urlano il loro NO all’ennesima umiliazione. Nessuno sconto quindi. Tutto si ferma in nome di una solidarietà che vede convolti in un abbraccio finalmente ritrovato, tutte le categorie costrette all’umiliazione del diktat illogico ed oscuro dell’identità digitale.  Scrive Mario Polia in Exempla. L’ideale eroico nell’epica greca e romana: «Nell’etica romana una delle doti più apprezzate è la FIRMITAS, la capacità di rimanere saldi quando tutt’attorno ogni cosa sta crollando, virtù paragonata da Marco Aurelio alla mole paziente e possente dello scoglio contro cui i marosi s’infrangono». 

Di questo abbiamo bisogno: d’eroi guerrieri che grazie alla dote della FIRMITAS fanno la luminosa differenza, poiché la storia dell’uomo, in una visione più ampia (diremmo spirituale), va oltre il materialismo storico. E ci ritroviamo ancora una volta a confrontarci con i simboli.

Se il termine virilità è legato concettualmente ed etimologicamente a VIRYA, da questo deriva e/o è similare un altro termine, ovvero VAJRA: fulmine e diamante che richiama il senso dell’indivisibilità dell’inalterabilità; della durezza fulminea e luminosa. Simbolo assiale, che secondo René Guénon ci riporta all’idea di ‘guerra santa’ interiore ed esteriore. Ed è curioso come proprio grazie al VAJARA, l’indiano Indra uccida il drago Vritra. Il richiamo alla spada/lancia di San Michele è palese così come lo è nell’elenco lunghissimo dei guerrieri eroi che imbracciarono armi simboliche per sconfiggere il male. Ebbene, a conclusione di tale scritto diremmo che la virtù è del VIR ed è legata all’onore e alla bontà della lotta. NON PRAEVALEBUNT.

Valentina Ferranti

Idee&Azione / Illustrazione di: Davide Bonazzi

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