
Nonni
Avevo nove anni quando mio nonno ci ha lasciato. Aveva insistito perché le sue medaglie e il Cavalierato di Vittorio Veneto fossero date a me in eredità. Spesso mi sono chiesto il motivo di questo passaggio generazionale.
Non ho molti ricordi di mio nonno, salvo le volte in cui mi accompagnava a casa, soprattutto quando avevo combinato qualche marachella o avevo preso un brutto voto a scuola. Nato a fine ‘800, di umili origini, vedovo e padre di una decina di figli ha avuto anche il coraggio di adottarne un paio, sposando una vedova con prole. Altri tempi davvero.
Mi sono ritrovato molte volte a pensare a quante i nostri nonni devono averne passate, anche prima della Grande Guerra. Una generazione votata al sacrificio, lavoratrice instancabile, molto vicina alle lotte per l’indipendenza Italiana e con tutta probabilità ancora imbevuta di quel patriottismo. E leggendo libri sulle trincee del Carso quante volte la mia fantasia ha visualizzato lui e tantissimi come lui, patire la fame, il freddo gli stenti, la vergogna di Caporetto e la soddisfazione, a caro prezzo, del Piave.
Tralasciando le disquisizioni su una vittoria con cui egli e i suoi commilitoni si sono guadagnati medaglie e attestati, ora appesi nelle nostre case, ebbene, mi chiedo cosa penserebbero della situazione attuale. Una situazione dove anziani vengono multati per il solo fatto di passare qualche ora assieme. Uomini che hanno sentito le bombe cadere intorno a loro, sentito il fischio di pallottole, visto la caduta di compagni, che hanno indossato la maschera antigas, vera quella, a causa del fosforo rilasciato dalle granate.
Cosa direbbero a un rappresentante delle forze di polizia che presenta un verbale con sanzioni economiche per il solo fatto di bersi un bicchiere di vino con gli amici? Come potrebbero reagire alla vista dei loro compari che fuggono di fronte all’arrivo di vigili urbani intenzionati a punirli per aver scambiato due chiacchiere in pace o aver giocato a bocce? Cosa potrebbero pensare alla vista di bambini che camminano con una mascherina sul viso senza potersi toccare?
Forse tornerebbero loro alla mente i ricordi di trincea e difficilmente comprenderebbero tutto ciò. E non certo per un basso livello di istruzione; sono convinto che chi ha un bagaglio esperienziale di quel tipo non abbia bisogno di lauree o diplomi per vedere oltre la cortina di fumo propagandistica, avendo visto cortine di fumo ben peggiori.
Osservando il quadro che racchiude medaglie e attestato, riflettendo sulla vita difficile dei nostri nonni credo, in tutta onestà, che si farebbero una gran risata. Una risata fragorosa che evidenzia in sé tutta l’assurdità di questa situazione che da più di un anno viene definita una guerra. Una guerra? Ma che ne sappiamo veramente noi della guerra?
Una risata amara, nel ricordo di un tempo in cui tanti uomini si sono sacrificati nel nome di una patria che ora tiene gli anziani segregati in case o in strutture e che vuole negare loro anche la scelta di come lasciare questo mondo. E, peggio ancora, li usa come strumento ricattatorio, al pari dei bambini dei ragazzi e degli adolescenti, cui viene loro impedito anche il solo contatto, giustificando questo sopruso con una illusoria misura sanitaria a loro vantaggio. A vantaggio di chi? Per molti di loro, e non è cinismo ma è la natura della vita stessa, queste potrebbero essere le ultime occasioni per godere della reciproca compagnia.
I nostri nonni sono un patrimonio da rispettare, non solo da salvaguardare, o da sfruttare allo scopo di rinchiude una nazione o un continente intero. E di nuovo, a vantaggio di chi?
Forse in cuor suo, mio nonno e come lui tanti altri, hanno lasciato a noi le loro medaglie perché nella loro semplice saggezza e avendo provato sulla pelle che una guerra, la loro, non era bastata, erano consapevoli che l’uomo, gira e rigira, torna sempre a commettere errori e si trova ciclicamente a dover affrontare momenti distruttivi. Una sorta di memento mori.
Quali saranno le battaglie che ci spettano, chissà quali medaglie e attestati sono riservati a noi che viviamo in questi tempi.
È forse una fortuna, in fondo, che le passate generazioni non vedano cosa ne stiano facendo del loro sacrificio.
Si, i nostri nonni si farebbero una grassa risata firmando il verbale.
Paolo Botteschi
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi

